Il sogno di un papa nelle Dolomiti
Intervista con il vescovo Maffeo Ducoli
Maffeo Ducoli, nato in provincia di Brescia nel 1918, è
stato vescovo di Belluno-Feltre dal 1975 al 1994, lasciando un'impronta
nella diocesi in vari settori, dalla religiosità, all'organizzazione
burocratica (sua la unificazione della diocesi di Feltre con
quella di Belluno), alla conservazione ed edificazione di edifici
sacri, tra i quali spicca il Santuario della Madonna del Nevegal
sopra la città di Belluno. Particolare attenzione è
stata prestata dal vescovo Ducoli alla "pastorale del turismo",
con la valorizzazione del patrimonio paesaggistico delle Dolomiti
anche in prospettiva spirituale e religiosa. Si deve a lui l'ideazione
della prima vacanza di un papa degli ultimi secoli fuori da Castelgandolfo.
Come è nata l'idea di invitare il papa in vacanza in
Cadore?
Io trascorrevo da alcuni anni un periodo di riposo nella canonica
di Costalta, una casa molto adatta alla tranquillità,
perché costruita ai margini del paese, in una posizione
panoramica e soleggiata. Una sera ero sul terrazzino rivolto
a sud ovest: davanti a me l'orizzonte delle montagne illuminate
dalla luna, sopra un cielo decorato di stelle; una brezza leggera
accarezzava i miei pensieri. "Perché questa pace
e questa freschezza non potrebbe essere vissuta anche dal papa?"
pensai tra me e me e mi parve un pensiero quasi ispirato, che
doveva essere coltivato e verificato nella sua fattibilità.
Nella mia prima discesa a Roma, per l'incontro dei vescovi italiani,
mi recai a colloquio con un vescovo amico, l'attuale cardinale
Re, a cui prospettai l'idea di far venire Giovanni Paolo II in
vacanza nelle Dolomiti. "Da vescovo e cardinale di Cracovia,
gli dissi, il papa amava camminare in montagna e salire anche
sulle cime dei monti; sarebbe un periodo di riposo rigenerante
al fresco, anziché nella calura di Castelgandolfo".
Non ebbi gran considerazione per la mia proposta, incontrando
un giudizio scettico nel mio amico Re.
Ma lei non si perse d'animo.
Io continuavo a coltivare questo progetto, valutando anche i
possibili luoghi dove il papa potesse soggiornare. Tornato a
Roma ai primi di dicembre, presi appuntamento con il cardinale
segretario di Stato Agostino Casaroli, con il quale avevo lavorato
nella segreteria in Vaticano, prima di essere nominato vescovo
ausiliare di Verona. Prospettai anche a lui la possibile vacanza
del papa nelle Dolomiti. "Mi sembra molto difficile da realizzare"
mi rispose con relativo distacco. "Allora se lei non è
d'accordo le chiedo di tacere e non intervenire" gli dissi
con la confidenza che avevo conservato nei suoi confronti.
E bussò ad altre porte?
Mi ero fatto la convinzione che, più che all'entourage
vaticano, bisognasse arrivare direttamente al papa e perciò
cercai di prendere contatto con il suo segretario personale,
don Stanilslao Dziwisch, attuale arcivescovo di Cracovia. Dopo
alcuni tentativi, finalmente riuscii a parlare direttamente con
lui e quando gli presentai la mia idea, mi accorsi subito che
vi era interesse e curiosità. Perciò continuai
fiducioso. Invitai don Stanislao a Belluno ed insieme salimmo
in Val Visdende. Pranzammo in una ristorante della valle ed egli
non fu riconosciuto da nessuno. Al segretario del papa piacquero
subito queste montagne e questa armonia di boschi e prati e si
impegnò a parlarne con Giovanni Paolo II. Finalmente ebbi
la sensazione che il mio sogno potesse realizzarsi. Un giorno
di marzo ricevetti una telefonata dal Vaticano, che mi comunicava
l'invito ad una udienza privata da parte di Giovanni Paolo II.
Cosa le disse papa Wojtyla?
Il papa era già stato informato della proposta ed aveva
espresso il suo parere favorevole e quando entrai mi accolse
con un sorriso, dicendomi: "Accetto il suo invito di venire
qualche giorno in vacanza nelle Dolomiti". Si trattava però
di affrontare con delicatezza e assoluta riservatezza la questione.
Si misero in moto gli apparati di sicurezza vaticana, controllando
che ci fossero le condizioni per la vigilanza e la protezione
del papa. Io intanto avevo individuato con il vescovo di Treviso
Mistrorigo la residenza di Lorenzago di proprietà della
sua diocesi, come luogo adatto, una villetta nascosta tra gli
alberi per il papa e la residenza del castello di Mirabello per
il personale di servizio e di sicurezza. Quando tutto fu predisposto
diedi l'annuncio alla diocesi che il papa sarebbe venuto a celebrare
una messa in Val Visdende, in onore di San Giovanni Gualberto,
patrono dei forestali, domenica 12 luglio 1987. Per molte settimane
la notizia dell'arrivo del papa in Cadore era stata limitata
alla giornata pubblica di Val Visdende, senza alcuna accenno
alla permanenza di qualche giorno a Lorenzago. La parte ufficiale
del primo soggiorno estivo di un papa fuori dalla residenza di
Castelgandolfo venne comunicata ai media soltanto pochi giorni
prima del suo arrivo. Non fu facile tenere il segreto, anche
perché il paese di Lorenzago era in visibile fermento
ed in lavori di sitemazione ed abbellimento. Il papa arrivò
l' 8 luglio e fu accolto da me e dal vescovo di Treviso e dalle
massime autorità della Regione Veneto.
Il papa fu suo ospite a pranzo nella canonica di Costalta.
Il giorno 11 luglio 1987 era stata programmata dalla scorta dei
servizi forestali una escursione di Giovanni Paolo II sul Monte
Zovo, la montagna centrale del Comelico, sui cui versanti sono
adagiati i paesi di Costalissoio, Costa e Costalta. Era stato
previsto che il papa pranzasse nella canonica di Costalta, dove
io soggiornavo. Ma il suo arrivo doveva avvenire in incognita,
su un fuoristrada dei forestali, su cui avrebbe dovuto salire
all'uscita dal bosco. Fu lo stesso Giovanni Paolo II, quando
vide molta gente sui prati a raccogliere il fieno, a comunicare
alla scorta che sarebbe sceso a piedi per incontrare gli abitanti
di questo paese. Io ed il parroco di Costalta, don Sergio Tessari,
insieme col segretario don Giorgio Lise, salimmo trafelati per
il sentiero sopra l'abitato di Costalta, finchè raggiungemmo
il papa. Egli aveva indossato la veste bianca ed avanzava sul
sentiero con un bastone in mano. Una scena dal fascino evangelico,
che si completò con l'incontro di Giovanni Paolo II con
i contadini, felici ed increduli a quella apparizione, che per
loro sembrava un miracolo. Il papa attraversò le strade
di Costalta, attorniato da una folla che cresceva sempre di più
e giunse in canonica, dove pranzò con pietanze preparate
familiarmente.
Eludendo la scorta, due giovani si erano avvicinati al terrazzino
dove stavamo pranzando ed il papa li salutò e li benedisse.
Poi si riposò per un'ora nella mia camera e successivamente
incontrò la gente in chiesa, incapace di contenere la
folla assiepatasi al'interno.
Il papa fu ancora suo commensale?
Ebbi l'onore di ospitare il papa a pranzo in canonica di Costalta
un'altra volta nel 1993. Era ancora l'11 luglio e, dopo aver
celebrato la messa in piazza a Santo Stefano, Giovanni Paolo
II salì a Costalta e si fermò a pranzare e per
un breve riposo.
Come avvenne che il papa si spostò in Val d'Aosta?
Come sempre accade nelle cose umane, la scelta delle vacanze
sulle Dolomiti suscitò invidie in altre località
turistiche e la Regione Val d'Aosta si mosse con influenza per
poter ottenere il consenso per un soggiorno papale tra le sue
montagne. Per non scontentare i valdostani fu adottata l'alternanza
tra Lorenzago e Le Combe. Ma alla fine i valdostani furono più
scaltri, perché fecero dei lavori di ristrutturazione
funzionali alle esigenze del papa malato e quindi gli ultimi
anni egli si recò sempre in Val d'Aosta.
C'è qualche speranza di poter avere a Lorenzago Benedetto
XVI?
In queste cose bisogna crederci ed essere determinati nel seguirle.
Io credo che ci sarà impegno e costanza nel mantenere
aperti i contatti con l'entourage del nuovo papa, si potrà
riavere il papa in vacanza in Cadore.
Previsione espressa da Maffeo Ducoli nel 2005.
Nell'estate 2007 papa Ratzinger fa la sua prima vacanza a Lorenzago. |