Preghiere in ladino
I curatori dela pubblicazione (61 pagine)
"hanno inteso raccogliere quelle poche scorie della cultura
orazionale ladina rimaste in Cadore. Hanno cercato di scandagliare
quell'ormai immenore pratica devozionale che per secoli ha contraddistinto,
condizionandola, l'esistenza dei cadorini. L'entusiasmo iniziale
è stato frustrato dalla crescente difficoltà di
scoperta, di reperimento e di raccolta di brandelli di quella
cultura. Dalle molteplici interviste con anziani è emerso,
purtroppo, che la tradizione orale delle preghiere in ladino
è quasi del tutto scomparsa. Il progresso, l'industrializzazione
e l'acculturazione ottocentesca e dei due decenni iniziali del
Novecento hanno prodotto, in quella fragile e trasparente devozione
contadina, un imbarbarimento linguistico di venetizzazioni ed
italianizzazioni che ne hanno snaturato la spontaneità
genuina e popolare".
Riportiamo, di seguito...
...e in altra pagina
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PREFAZIONE
Leggendo l'agile e delizioso libretto di preghiere
in ladino mi è venuto in mente sant'Isidoro da Siviglia.
Perché? Perché è il protettore di Internet,
la grande rete informatica.
Mi chiedevo: riceverà sant'Isidoro tante preghiere quante
santa Lucia, specialista in occhi, sant'Anna, esperta in maternità
e in raccolti, santa Barbara che ci sa fare con le polveri e
tutti i santi delle nostre chiese, ognuno con la sua specializzazione.
Povero sant'Isidoro!
I nostri vecchi avevano il filo diretto con i nostri santi. Le
loro devozioni erano atti naturali come l'alzarsi, il lavoro,
il raccolto, la paura, la festa. Anche il bue e l'asino della
grotta penso ti battano, caro sant'Isidoro. Vicino al loro Signore
han ricevuto tutti i flash delle devozioni rivolte al divino
Bambino, alla sua beata Madre e a san Giuseppe.
C'erano le preghiere ufficiali, in stretto latino, con le desinenze
che suonavano come un tuono, o sibilavano come il vento. Erano
riservate alle solennità, agli incontri della comunità.
Ispiravano rispetto.
C'erano le preghiere familiari, all'Angelo custode, a Maria o
al santo preferito.
C'erano le preghiere di circostanza, sia di tempo liturgico (Natale-Quaresima-Pasqua),
sia di tempo legato ai lavori (semina-raccolto), sia legato agli
eventi atmosferici.
Caro sant'Isidoro, io, da piccolo, con gli amici, avevo una santa
preferita, sant'Anna. La pregavamo di nascosto, come cospiratori.
La pregavamo il primo pomeriggio, quando il fieno sul prato era
grande come il mare.
"Sant'Ane, mande quater gothi" ("Sant'Anna, manda
quattro gocce").
Per i grandi era sacrilega. E sant'Anna spesso dava ragione a
noi.
Sant'Isidoro, Internet è il nuovo campo di tanta umanità.
Ti auguriamo la fortuna dei santi che hanno accompagnato la nostra
semplice vita di montanari. Li abbiamo invocati di cuore. Ci
hanno aiutati da par loro. Che i navigatori su Internet nelle
nostre case ti conoscano e ti preghino con la stessa nostra semplicità.
don Claudio Sacco |
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PREGHIERE... COSTALTESI |
Orazion dla söra
Söia bögn dita in
onore gloria de Dio,
dla Madona e dal Bambin Gesù,
duta la Corte zeleste ch'è in ziél,
al somo Pontefice
le anme sante dal purgatorio
par duce i nos morte
e Dio ne varde dai picès mortai
d morte improvisa in mön dal demonio,
in mön dla giustizia,
del cative compagnii,
incöi, ogni dì e ogni söra.
S par e pias a la Madona
pas ai vive
e rechia e riposo ai morte.
Al Signor à dó un bon dì
e ch'al döia anche na bona nöte
sempro in grazia soa. Amen. |
Preghiera della sera
Sia benedetta a onore e gloria
di Dio,
della Madonna e del Bambin Gesù,
tutta la Corte celeste che è in cielo,
il sommo Pontefice
le anime sante del purgatorio
per tutti i nostri morti
e Dio ci guardi dai peccati mortali
da morte improvvisa in mano al demonio,
in mano della giustizia
dalle cattive compagnie
oggi, ogni giomo, ogni sera.
Se pare e piace alla Madonna
pace ai vivi
e riposo ai morti.
Il Signore ha dato un buon giomo
e che dia anche una buona notte
e sempre in grazia sua. Amen. |
Santa Barbora e San Simon...
Santa Barbora e San Simon,
tögn dalonde dal fulmin e dal ton. |
Santa Barbara e San Simone...
Santa Barbara e San Simone,
proteggetemi dal fulmine e dal tuono. |
La pastorela
Cianton gloria e fadon festa
al bel nome del Signor
d san Giusepe e dla Madona
e d Gesù nos Salvador.
Dì e nöte in pieno inverno
cuanta strada da föi a pé
inze pi bosche e anch'pi landre
zenza nente da mangé.
La Madona è tanto straca
tanto stufa da caminé
"Par stanöte -dis a Giusepe-
a dormì don zun tabié".
Ma zla stala la Madona
avee l batcöre e la tarmadon
avee paura d cativa dente
o de calche lasaron.
Ma Giusepe dis ch'la dorma
e cla stöia col cöre in pas
"Parché stanöte, cara Maria,
la gloria tu vdaras".
La Madona a medanöte
se desdöda zun grön lugor
in cla nöte bandöta e santa
era nasù so fi l Signor.
Ne n avee ne peze ne fase
e nanch'fögo par sodà
se sentii a ströinde al cöre
a poié so fi z cianà.
Öla spia al so reduto
nasù nudo in medo al fögn
e lo scuerde col so velo
e con duto al so bögn.
I animai ch'era ze stala
s indoniöia e sbasà al ciò
dant al redo Signor dal mondo
e lo sauda col so fiò.
I pastores là dintorno
cianta insieme na canzon
e fa festa e fa legria
al Signor nasù paron.
Se sentii intorn tabié
duce i angiui a ciantà
"Et in gloria in excelsis Deo
et in terra, et in terra pax". |
La pastorella
Sia lodato sempre sia
il bel nome del Signore
di san Giuseppe e di Maria
e di Gesù nostro Salvatore.
Camminando giorno e notte
così fresca è la stagione
e per i boschi e per le grotte
senza avere la provvigione.
Maria è tanto stanca,
tanto stufa di camminare
"Per stanotte -dice a Giuseppe-
a dormire andiamo in un fienile"
Ma nella stalla Maria
stava con gran timore e brividi
aveva paura di gente strana
e di qualche traditore.
Giuseppe dice che dorma
e che stia tranquilla
"Perché questa notte, cara Maria,
tu vedrai la gloria".
La Madonna a mezzanotte
si risvegliò in un gran splendore
in quella notte benedetta e santa
era nato il suo figlio, il Signore.
Non aveva né pezze né fasce
neppure fuoco da riscaldar
si sentiva stringere il cuore
ad adagiare suo figlio nella mangiatoia.
Ella rimira il bambinello
nato nudo in mezzo al fieno
e lo copre con il suo velo
e con tutto il suo bene.
I giumenti che erano nella stalla
si inginocchiano e abbassano la testa
davanti al bambinello re del cielo
e lo scaldano con il loro respiro.
I pastori là dintorno
cantano insieme una canzone
e fanno festa e allegria
al divino Salvatore.
Si sentiva intorno al fienile
tutti gli angeli cantare
"Gloria in excelsis Deo
et in terra, et in terra pax" |
Al Signor il à do al bondì
Al Signor
il à do al bondì
e dái anche la bona nöte
se pias in grazia soa
la salute de l'anma
e al bögn dal corpo.
La pas ai vive
e la rechie ai morte.
E così söia! |
Il Signore ha dato il buongiorno
Il Signore
ha dato il buongiorno
e ci dia anche la buona notte,
se gli piace, in grazia sua
la salute dell'anima
e il bene del corpo.
La pace ai vivi
e il riposo ai morti.
E così sia. |
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POSTFAZIONE
Il Cristianesimo salì da Aquileia nelle
valli delle montagne dolomitiche fin dall'inizio del primo millennio.
E non vi trovò tribù primitive e selvagge, ma incontrò
comunità con propri culti e relativi santuari.
Non fu imposto, ma si propose come fede nuova, come buona novella
del Dio fatto uomo, Gesù Cristo.
Come sarà stato il passaggio da una religiosità
all'altra? E' realistico pensare ad un progressivo cammino di
conoscenza, ad una integrazione lenta, ad una costruzione nuova
su credenze preesistenti.
Ci piace pensare che la presa di coscienza della nuova fede cristiana
in Cadore sia andata di pari passo con la stabilizzazione di
una nuova parlata, che ha integrato il latino dei legionari romani
con il linguaggio delle popolazioni qui residenti. Quello che
i linguisti hanno definito "ladino cadorino", quella
che è la lingua materna degli abitanti di queste vallate,
probabilmente ha preso forma nei primi secoli dell'era cristiana.
Come possiamo definirci cristiani, osiamo dire che il cristianesimo,
in questo spazio montano, può anche definirsi ladino.
La chiesa che qui si è affermata, pur elevando preghiere
rituali e solennizzando liturgie nella lingua canonica, che era
il latino, ha fatto conoscere Gesù Cristo ed il suo messaggio
con parole comprensibili alle persone semplici, nello spirito
delle parole di Gesù riportate da Matteo 11,25 e da Luca
10,21: "Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra,
perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli
intelligenti e le hai rivelate ai piccoli", cioè
a quel popolo delle beatitudini che poteva sentire vere nella
propria vita le parole del discorso della montagna. E più
ancora se dette nel linguaggio della quotidianità.
Questo cristianesimo incarnato ha colto nel monoteismo una grande
varietà di devozioni collaterali, con Santi protettori
e Madonne mediatrici, che hanno il punto di riferimento più
vicino per chiedere grazie e miracoli. Nella tradizione cristiana
delle nostre vallate c'è superstizione, paura, ritualità
magica, ma soprattutto fede in un Dio buono e in una vita eterna
migliore di quella attuale.
La preghiera, o meglio le preghiere, hanno intrecciato le ore
dei giorni e lo scorrere degli anni. Quante invocazioni saranno
salite oltre le cime delle montagne per chiedere clemenza del
tempo, maturazione dei raccolti, concordia nei villaggi, pace
interiore? Più di fiabe e leggende, dalle labbra delle
nonne agli orecchi dei nipotini, preci e laudi sono state tramandate
di generazione in generazione.
Con la fine della civiltà contadina, con l'arrivo della
televisione che ha sostituito il rosario serale della famiglia,
s'è persa la comunicazione verbale di un patrimonio di
religiosità popolare. La riforma liturgica, con la sostituzione
della lingua latina con quella italiana, ha contribuito a far
perdere importanza ad un linguaggio quasi magico, misto di italiano,
veneto e ladino, che costituiva il repertorio devozionale della
cristianità cadorina, e caratterizzava nel piccolo l'universalità
della tradizione cattolica.
Questa raccolta di testi religiosi in ladino cadorino vuole essere
un omaggio alle generazioni di uomini e donne che hanno rivolto
a Dio, alla Madonna ed ai Santi, le loro invocazioni nel linguaggio
della quotidianità con fede autentica ed anche un invito
ad introdurre nelle forme liturgiche contemporanee l'uso della
lingua ladina.
Lucio Eicher Clere |