27-2-2005
È lassù,
a Costalta, che si salva la montagna!
È lassù, a Costalta
, che si salva la montagna. Perché è proprio chiudendo
gli asili che si chiudono i paesi, che si dice alla gente: andatevene,
perché qui non c'è più nulla da fare. Ed
è proprio per questo che è fondamentale riaprire
quell'asilo: per dimostrare a tutti che in montagna vogliamo
rimanerci, farci crescere i nostri figli e dare loro un futuro.
Chi a Costalta c'è stato sa che vivere lassù
è una scelta precisa. Nella più popolosa frazione
del Comune di San Pietro, abbarbicata sui pascoli del Comelico
e famosa per i suoi fienili che ogni tanto non resistono alla
forza di gravità, la montagna è quella vera, cruda,
severa. Eppure la gente continua a viverci fra quelle stradine
strette, dove un'auto passa a stento. I cinque negozi esistenti
combattono ogni giorno la loro battaglia per restare aperti.
Nessuno sconto, per chi vive a Costalta . Le chiacchiere dei
politici sulla «specificità della montagna»,
lassù, fanno sorridere.
Non si può chiudere un asilo perché l'impianto
elettrico non è stato messo a norma, quasi fosse qualcosa
di inevitabile, imprevedibile. Forse soprannaturale. Invece sono
anni che le amministrazioni comunali di San Pietro sanno che
gli impianti dell'asilo di Costalta dovevano essere adeguati.
Sono anni che sapevano, Varzi Pradetto Battel e Silvano Pontil
Scala, i due ultimi sindaci, i tempi e costi di questa operazione
che avrebbe consentito alla loro gente di salvare l'asilo. Invece
nulla, si è lasciato andare tutto nel peggiore dei modi,
e ora si cerca di spiegare che l'asilo non chiude per cattiva
volontà, ma per ragioni «tecniche».
Eppure, in questi anni, dove sono stati spesi i soldi nel Comune
di San Pietro? Magari in una splendida quanto a questo punto
superflua passerella pedonale sul Piave. Oppure in esorbitanti
parcelle di avvocati per le tante cause in cui è stato
coinvolto il Comune. Tutto questo mentre, naturalmente, ci si
salvava la faccia parlando della necessità di tutelare
la montagna, la sua gente. Magari prendendosela anche con la
Regione, che quando non si sa cosa dire va sempre bene. In fondo,
si può capire il sindaco di San Pietro, che non vuole
che la stampa scriva di questa triste storia. Che bello sarebbe
se nessuno sapesse che a chiudere gli asili in montagna siamo
proprio noi. Non lo Stato. Non la Regione. Non la Provincia.
Ma la nostra insipienza. Di fronte a quanto sta accadendo a San
Pietro, verrebbe voglia di rinunciare anche a qualsiasi ipotesi
di autonomia. Ma non è giusto che a pagare per l'incapacità
di programmare di un'amministrazione comunale sia la gente.
Perché Costalta è un simbolo: se si chiude lì,
abbiamo chiuso tutti. Se invece si riuscirà a salvare
proprio lassù un asilo, allora c'è speranza per
tutti. Se questa provincia non è capace di tutelare i
bambini in montagna, allora non è degna di invocare quella
«specificità» che reclama a Venezia. Intervenga
l'assessore regionale alla montagna, il presidente della Provincia
cerchi una soluzione, il sindaco cerchi di dimostrare di cosa
è capace.
Perché, per chiudere gli asili, non occorre un sindaco.
Basta un bidello. |