6-02-2010
Protesta in strada: «Cadore,
alza la testa»
VALLESELLA. «Cadorini
disoccupati, cassalavoristi, pensionati, amministratori locali:
partecipate con noi alla manifestazione che martedì mattina
porterà i lavoratori della Marcolin di Vallesella
fino a Longarone». Questo è linvito che i
lavoratori della fabbrica di Vallesella lanciano.
Ai cadorini. «Il Cadore non può permettersi che
lo stabilimento chiuda i battenti e i 90 dipendenti siano spostati
a Longarone», afferma Nicola Casanova De Marco,
rsu di Vallesella, «per questo stiamo organizzando per
martedì 9 una manifestazione di protesta alla quale aderiranno
tutti gli stabilimenti Marcolin. E previsto il raggruppamento
sul piazzale della fabbrica di Vallesella, da dove si muoverà
il corteo di macchine diretto a Longarone. Procederemo a velocità
moderata, in modo che tutti possano vederci e che chi vuole darci
solidarietà possa accodarsi. Una volta a Longarone, il
corteo di auto si dirigerà ai cancelli della sede direzionale
della Marcolin, dove cercheremo di avere un colloquio con lamministratore
delegato e i titolari. La nostra speranza è che tutto
il Cadore per una volta si alzi in piedi e faccia sentire la
sua voce. Vorremmo che partecipassero i sindaci, i presidenti
delle Cm, della Magnifica e il maggior numero possibile di amministratori.
Dobbiamo far vedere che il Cadore esiste ancora». Non
cera aria allegra, alluscita della fabbrica ieri
pomeriggio: la maggior parte dei lavoratori non parlava volentieri
di ciò che avevao discusso dalle 14 alle 15, valutando
le forme di protesta da adottare. Quasi tutti avevano unaria
bastonata. I sindacati non hanno suggerito azioni più
forti, almeno finora. «Dobbiamo tenere in considerazione»,
riprende Casanova, «che molti lavoratori sono monoreddito,
avendo laltro componente della famiglia che ha perso il
posto. Per questo abbiamo deciso, per iniziare, solo 4 ore di
sciopero, per non pesare troppo sul reddito delle famiglie».
«Non ci rendiamo ancora conto di ciò che sta succedendo»,
affermano molti, «ci spiace solo che lultima grande
fabbrica del Cadore se ne vada, anche se per il momento non ci
sarà una perdita di posti». «Si, è
vero», dice Silvio De Bon, «ma, anche se io abito
a Valle, e non avrò grandi ripercussioni con gli spostamenti,
sarà dura incominciare unaltra volta con macchine
nuove, orari nuovi, ritmi nuovi. Saranno problemi anche per chi,
come lalbergo Calalzo, dove oggi cè la mensa,
perderà il lavoro e dovrà chiudere».
Più problematica la situazione per Luigi De Bernardin
Stadoan, di Costalta, uno dei 10 lavoratori del Comelico,
che ogni giorno raggiunge Vallesella in pullman: «E
già un problema oggi, non ho lauto ed ogni mattina
parto alle 6,30 dal paese, per essere a Vallesella alle 8. Spesso
arrivo in ritardo e perdo dei soldi per i ritardi. Se dovrò
andare a Longarone, non so come fare. Partendo da Campolongo,
non troverò mai una coincidenza con i bus. Ma peggio di
me sta una collega di Ampezzo, in Carnia, che già deve
fare i salti mortali per arrivare a Vallesella. Figurarsi a Longarone».
«Oggi i dipendenti occupati a Vallesella sono 90»,
spiega Pagnussat, «altrettante famiglie che, una volta
scese a Longarone, non vivranno più in Cadore: spenderanno
nei negozi di quel paese, qualcuno sarà costretto a trasferirsi,
abbandonando i luoghi dovè nato. Io ho un figlio
di 23 anni. Quali sono le prospettive che avrà davanti?».
- Vittore Doro
(il Corriere delle Alpi
- 6 febbraio 2010 - pagina 27 - sezione: PROVINCIA) |