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Viaggio di cinque anni di De Burgo

 

Il Viaggio dell'Abate De Burgo è l'esempio di come nelle biblioteche italiane si possono trovare, ancora oggi, materiali rari e fonti sconosciute relative all’Impero ottomano e all’Europa orientale.

Nella biblioteca “Forteguerriana” di Pistoia, in Toscana, è conservato[1] in un esemplare a stampa del Viaggio di cinque anni in Asia, Africa & Europa del Turco, edito a Milano nel 1689, opera poco conosciuta redatta in lingua italiana di un abate irlandese: Giovan Battista de Burgo.

L’esemplare cartaceo, in perfetto stato di conservazione è ivi custodito e catalogato [coll. Degr. A. 371].

Dietro l’invito sia dei miei maestri Bianca Maria Scarcia Amoretti e Mihai Maxim, sia dell’editore della ISIS, Sinan Kuneralp, e grazie allo sprone e all’incoraggiamento costante di numerosi colleghi ed amici, mi sono avventurato nella difficile prova di curare un’opera praticamente sconosciuta, contenente toponimi, etnonimi e nomi propri contraffatti, o desueti, o scomparsi, provenienti da diversi ambiti linguistici (per elencare solo i principali: italiano, ungherese, turco ottomano, russo, rumeno) e abbracciante pressoché tutto il XVII secolo.

Il primo problema relativo ad una edizione critica completa e del tutto affidabile di questa opera di Giovan Battista de Burgo è che costui è un personaggio poco noto nella letteratura storica. Il suo resoconto, che in questa sede si ci accinge a riprodurre e ad analizzare, è stato scarsamente utilizzato sia nel circuito scientifico locale, ovvero delle terre che questo monaco di origine irlandese visitò, sia in quello internazionale, più propriamente storico-orientalistico.

Persino i grandi storici orientalisti dei secoli XVIII e XIX, quali ad esempio Dimitrie Cantemir, Luigi de Marsili e Joseph von Hammer-Purgstall ignorano, o perlomeno, non citano, l'opera del de Burgo nelle loro produzioni, basi dell'ottomanistica storica dei secoli seguenti.[2]

Si è accennato al fatto che pochissimo si conosce dell’autore. Il titolo del libro in oggetto porta la seguente dicitura, non si può fare a meno di considerarlo una traccia:

 

“D. Gio. Battista

Abbate Clarenfe, e Vicario Apoftolico nel Regno fempre Cattolico d’Irlanda

Parte Terza

Dedicato a sua Altezza Serenissima, l’eminentissimo Cardinale, e prencipe d’Este, protettore del Regno d’Inghilterra,

sotto la protettione della Santiffima Trinità, Maria fempre Vergine, e Madre Annonciata e S. Gio. Battifta.

In Milano

Nelle Stampe dell’Agnelli, con Licenza de’ Superiori”

 

Il de Burgo è stato quindi, almeno secondo quanto esso stesso dichiara, un ecclesiastico di origine irlandese, che viaggiò (almeno per quanto lo stesso afferma), autorizzato dal Sultano ottomano Mehmet IV Avc¬ (1648-1687), in un’area vastissima dell’Europa Orientale e dell’Impero ottomano descrivendo Moldavia, Valacchia, Russia, Tartaria, Caucaso ed in altri territori verso la fine del XXIII secolo e prese parte attiva alla battaglia per Vienna.

La famiglia de Burgo è di origine non celtica, ma normanna. Infatti anche se storia di questa famiglia è strettamente legata al Connaught, il fondatore della dinastia fu William de Burgo, proveniente dall'Inghilterra orientale. Il nome della dinastia si modificò, a partire dal XIII secolo, in Burgh, Bourke, Burke e si divise in due rami "irlandesi" principali: i "Mac William Iochtar" ed i "Mac William Uachtar".

Dall’Enciclopedia Cattolica[3] vengono fuori deboli note che sembrano collegare G. B. de Burgo al Collegio Irlandese di Sant’Isidoro in Roma.

Ma queste tracce sono anch’esse molto aleatorie. Infatti de Burgo è addirittura abate di un ordine, quello Clarense, senza abbazie né affiliati alla fine del XVII secolo. La prima indicazione sull’esistenza di un “vicariato” irlandese, infatti, è costituita dalla nomina dell’abate di Clairefontaine (Clarense, appunto, come si dichiara il de Burgo) a Vicario d’Irlanda nel 1613. Il de Burgo è “vicario” di un vicariato che non c’è, quindi, dato che, dal 1650 in poi non vi sono notizie riguardo quest’ordine.[4]

La mancanza di dati riguardanti la figura del de Burgo può essere imputata alla difficile transizione e alla intricata situazione che vide coinvolti gli ordini ecclesiastici cattolici ed anglicani delle Isole Britanniche in seguito agli avvenimenti relativi alla deposizione di Giacomo II e dell’entrata in vigore del Bill of Rights che limitò in maniera sensibile il potere degli stessi,[5] oltre che alle lotte intestine tra gli stessi cattolici irlandesi, divisi tra la nobiltà anglo-normanna (alla quale appartiene la famiglia de Burgo) e quella “autoctona” di origine celtica.

Ma se la vita del de Burgo è oscura, tuttavia questo autore dovrebbe averci lasciato, almeno a quanto egli stesso afferma, altre due sue produzioni letterarie: Hydraulica ossia trattato dell'acque minerali del Massino, S. Mauritio, Favena; Scultz e Bormio; con la guerra de la Valtellina del 1618 fino al 1638 et altre curiosità, edita a Milano nel 1689.

Ma perché, viene da chiedersi, un abate irlandese del XVII secolo si accinge a fare un:

 

“Viaggio in Caldea, Mar Nero, Podolia, Mofcovia, e nel mio ritorno per le prouince allore Turchefche delli Tartari piccioli, Moldavia, Vallacchia, Mifia, Servia, Bulgaria, Macedonia, e Tracia, nel qual ultimo fono fituate Andrianopoli, e Coftantinopoli in Europa, con la giunta delle Guerre Chriftiane contro il Commun Nemico nelli trè anni trafcorfi 86. 87. E 88. Donandomi hora fchiauo volontario alla di lei Padronanza, dopo d’effemi fciolto d’una barbara, e violenta fchiavitù del Barbaro Tripolino, con raffegnarmi eternamente.” (p. 5-6)?

 

La risposta la fornisce lo stesso de Burgo che si autodefinisce: “cavaliero che andavo per il Mondo per vedere le cose più curiose di esso.” (p. 47).

Infatti, il viaggiatore irlandese, racconta fatti “strani”, miracoli, usi e costumi morali di genti e luoghi. Sia l’accuratezza nella descrizione (etnonimi, dislocazione, usi e costumi, ecc.) delle varie compagini tatare, moldo-valacche, slave, sia la rappresentazione dei territori (distanza tra una località e l’altra, costi e tempi del viaggio, ritratti delle città, ecc.) che fa il de Burgo sono di un valore notevole, arricchite dal fatto che non sono mai state utilizzate direttamente, ed integralmente, da alcuno.[6]

Lo studioso rumeno P. P. Painatescu, che trovò casualmente un esemplare del Viaggio nella Biblioteca Nazionale di Firenze durante una ricerca in Italia negli Anni Trenta del XX secolo, si occupò di inviare alcune riproduzioni dei capitoli, relativi alle Terre Rumene, in Romania.[7]

Ma il Viaggio del de Burgo, in alcuni tratti è carente e sconclusionato: il Curdistan è vicino alla Bulgaria e la dobrugiana Varna è nel Caucaso. In alcuni passi il Viaggio è, invece, preciso al dettaglio. Questo porta inevitabilmente ad un’altra domanda: il viaggio del de Burgo (figura non chiara essa stessa!) è realmente avvenuto o, al contrario, l’abate irlandese ha copiato resoconti da vari autori facendone un collage quasi del tutto credibile?

La soluzione viene da supporre che sia a metà tra le due ipotesi. Ovvero l’Autore ha sia viaggiato in alcune località dell’Est Europa e del Medio Oriente, sia ha copiato, pressoché integralmente, resoconti di viaggio redatti da altri viaggiatori.

Il tributo più grande, in questo senso, è indubbiamente dovuto ad una delle opere più famose riguardanti la descrizione della Russia e dell’Ucraina del secolo precedente: la Rerum Moscoviticarum Commentarii del diplomatico cesareo Barone Sigismund von Herberstein (1486-1556).[8] Ma troviamo anche passi della Chorographia Moldaviae di Georg Reicherstorfer, pubblicata nel 1541[9] e nei The Six Voyages de Tavernier, edita a Parigi nel 1676.

In molte parti il Viaggio altro non è che una traduzione in italiano dal latino della Rerum Moscovitarum Commentarii, opera, tra l’altro molto accurata nelle descrizioni, ma redatta più di un secolo prima. La “Tartaria”, la “Moscovia”, Moldavia, la Valacchia, la Bulgaria balcanica e quella del Volga, all’epoca del de Burgo, non sono più terre incognite che i viaggiatori del XVI secolo avevano descritto.

In alcuni di questi paesi, addirittura, quali gli Stati vassalli ottomani di Moldavia, Valacchia, Crimea, si stava sviluppando, o si era già sviluppata con una circolazione extra-territoriale degna di nota, una letteratura storico-descrittiva propria che ristabiliva e favoriva un interscambio culturale tra l’Europa orientale e quella occidentale.[10]

Nell’Impero ottomano, ad esempio, erano già state utilizzate e tradotte opere europee occidentali da parte di una delle figure più illustri della storiografia ottomana del XVII secolo, Kâtip Çelebi[11] (Istanbul, febbraio 1609-Istanbul 6 ottobre 1657, detto anche Mustafa bin ‘Abdullah e Hac¬ Khalifa, o Qalfa).

Allo stesso modo di Kâtip Çelebi, anche la Tarih (Storia) dello storiografo ottomano d’Ungheria ¹brahim Peçevi (m. 1651)[12] allievo del Khan crimeano Gazi Giray II (che lo istruì, tra l’altro, nella lingua e nella letteratura persiana),[13], ebbe cura di utilizzare fonti magiare non musulmane.[14]

Ma anche in Europa occidentale, all’altro capo del Mediterraneo ci si continuava ad interessare di quello che scrivevano gli “altri”. Ad esempio il dragomanno veneziano Giacomo Tarsia sotto il titolo: Relatione delli successi nell’imperio ottomanno, principiando dall’anno di Maometto 1047 sino li 1071, e di Christo Nostro Signore 1638 sino li 1660, composta in lingua turca da Hassan Vezhi e tradotta nell’idioma italiano da Giacomo Tarsia, dragomano Veneto, in Pera di Costantinopoli, li 20 octobre 1675,[15] altro non traduce che la Tarih[16] dello storico e poeta ottomano nato e cresciuto in Crimea Hasan Vecihi (morto nel 1071/1661).[17]

Anche la storiografia moldo-valacca, proprio allora nascente, utilizza fonti precedenti occidentali. Miron Costin (1633-1691) con il suo LetopiseØul Ëarii Moldovei dela Aron Voda încoace [Annali della Terra di Moldavia da Aron Voda ad oggi][18] fa uso, ad esempio, delle cronache polacche.

Non bisogna poi non sottolineare che erano circolate e continuavano a circolare in Europa, con grande successo, sia l’opera di Paul Rycaut[19] così anche F. E. du Mezeray: Histoire des Turcs, contenent ce qui s’est passé dans cet empire depuis l’an 1612 jusq’à l’année presente 1649, Paris, 1650 e le innumerevoli edizioni delle produzioni letterarie dei mercanti, dei viaggiatori, dei militari cesarei e di altri italiani, in primo luogo veneziani.[20] Nei Paesi Bassi, gli Elzevir (Elzevier), avevano iniziato a pubblicare, dal 1626, una collana dedicata proprio alle "piccole repubbliche", ovvero all'Eurasia, pubblicazione che ebbe una importante diffusione.

In lingua inglese (non dimentichiamo che il de Burgo, anche se italofono è tuttavia irlandese) circolavano le accurate mappe di Moscovia di Adam Olearius, oltre a numerosi altri resoconti sul mondo dei "Turchi" e dei "Tartari",[21] quali il ben noto Richard Knolles, The Generall Historie of the Turks,[22] e la relazione del viaggio del poeta e filosofo George Sandys.[23]

Persino le steppe russe, con i loro abitanti più caratterizzanti, i Cosacchi ed i Tatari erano, oramai, esotici sì, ma ben noti, come dimostra il Cancelliere Reale Pierre Chevalier, Histoire de la guerre des Cossaques conte la Pologne, avec un discours de leurs origines, païs, moeurs government et religion, et un autre des Tartares precopites, C. Barbin, Paris. 1663.

Il de Burgo, quindi, attinge a piene mani e a vari livelli da resoconti di viaggio precedenti, adattando, a volte, la grafia alla pronuncia e arricchendo con propri commenti (soprattutto a carattere religioso) le informazioni sulle quali si basa.

Tutto ciò ha reso l’individuazione delle parti dei resoconti degli altri viaggiatori utilizzati dal de Burgo, molto difficoltosa. La lettura complessiva del Viaggio è tuttavia gradevole ricca di spunti, informazioni e addirittura divertente, grazie all’uso frequente di invettive e maledizioni originali che l’abate irlandese manda ai suoi nemici di fede e compagni di viaggio.

 

Istanbul, Agosto 2003

 

Giuseppe Cossuto Ph.D.

 

Note sull' edizione

Nel testo si è lasciata inalterata la punteggiatura originaria, che risulta a volte inesatta, così come apostrofi, accenti, ecc.. Avremo quindi nel testo originario invece di Re, à invece di a, e così via. Allo stesso modo si sono lasciati inalterati tutti i termini, le maiuscole e minuscole, le abbreviazioni, e i grafemi quali la h in inizio di parola e la j del plurale. Al fine di rendere più scorrevole il testo si è trascritta la u intervocalica come v e la f come s adattandole alla grafia moderna, essendo la lettura italiana odierna non dissimile da quella dell'epoca di de Burgo. Gli eventuali refusi sono stati riportati nel testo e, nei casi di maggiore difficoltà interpretativa, seguiti da una nota a piè di pagina. La lista genealogica della Casa d'Este presente nell'edizione del Viaggio di de Burgo è riportata integralmente e senza commenti.

La presente edizione comprende, quindi, esclusivamente il resoconto del Viaggio vero e proprio di G. B. de Burgo e non la relazione sulla battaglia di Vienna del 1683, contenuta nello stesso volume dall’Abate irlandese redatto, ma costituente una parte a sé stante. Per ciò che concerne questa relazione ci si riserva una edizione critica, nell'immediato futuro, sempre per i tipi delle Edizioni ISIS di Istanbul.

[1] Durante le ricerche di cronache occidentali relative al tema del mio dottorato di ricerca in “Civiltà Islamica: Storia e Filologia”, presso l’Università “La Sapienza” di Roma, sotto la guida di Mihai Maxim e Bianca Maria Scarcia Amoretti.

[2] Vedi infra.

[3] The Catholic Encyclopedia, http://newadvent.org/cathen/13352a.htm.

[4] Si veda L. G. Lekai, s. v. “Congregazione Cistercense d’Irlanda”, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, Ed. Paoline, Roma, 1972, vol. II, p. 1526-1527. Per un quadro generale riguardo gli ordini religiosi nelle Isole Britanniche, si veda P. F. Anson, The Religious Orders and Congregations of Great Britain and Ireland, Worcester, 1949.

[5] Dopo la salita al trono di Inghilterra di Giacomo II nel 1685, infatti, il suo aperto cattolicesimo gli alienò la maggioranza della popolazione. Nel 1687, addiritturà, questo re proclamò una Dichiarazione di Indulgenza, sospendendo le leggi penali contro i dissidenti religiosi e nell’aprile 1688, eglì ordinò che una seconda dichiarazione dello stesso tipo venisse letta da ogni pulpito periodicamentee. William Sancroft, l’arcivescovo di Canterbury, ed altri vescovi presetarono una petizione contro questo atto e vennero perseguiti per vie legali. Questo avvenimento coincise con la nascita di un figlio per moglie di Giacomo, la cattolica estense Maria di Modena. Il timore di una completa cattolicizzazione della Gran Bretagna spinse il vescovo di Londra, Henry Compton ed altre personalità eminenti a chiedere l’aiuto armato di Guglielmo d’Orange. Guglielmo, accettò l’invito e il 5 novembre sbarcò a Tor Bay, avanzando lentamente verso Londra. Il Re cattolico allorà fuggì verso la Francia. Il nuovo Parlamento promulgò la legge che nessun romano cattolico avrebbe potuto, d’ora innanzi, diventare sovrano d’Inghilterra.

[6] Nemmeno nella più completa e accurata raccolta edita in Romania riguardo i viaggiatori stranieri.Calatori straini despre Ëarile Române [Viaggiatori stranieri attraverso le Terre Rumene], Vol. I-VI, ed. #tiinØifica, Bucure@ti, 1970, p. 563-564 non vi sono che poche note relative a questo resoconto di viaggio, basate più che altro su una recensione di P. P. Painatescu, Doi calatori italieni neconoscuØi in Øarile noastre [Due viaggiatori italiani nelle nostre terre sconosciuti], Bucure@ti, 1934.

[7] Vedi nota precedente. Per cause sconosciute, ma si può supporre a causa dell'alluvione che colpì Firenze nel 1966, attualmente nessuna copia del Viaggio è nella istituzione fiorentina.

[8] Herberstein fu inviato in missione diplomatica in Russia una prima volta nel 1517 ed in seguito nel 1526. Nel 1541 accompagnò Nicolas de Salm in una ambasciata presso Süleyman Kanunî (1520-1566). La sua conoscenza dello sloveno, determinata dalla sua nascita a Vipava (Wippach) in Carniola  certamente fu un motivo di favore per queste missioni nell’oriente slavo e lo aiutò sicuramente nella comprensione delle lingue delle varie popolazioni da lui incontrate o descritte. Un primo manoscritto riguardante i suoi viaggi in Moscovia fu redatto tra il 1517 ed il 1527 è andato, sfortunatamente, perduto. Un ulteriore resoconto di Herberstein, scritto in latino e pubblicato per la prima volta a Basilea nel 1549, esistono varie versioni in differenti lingue europee  R. H. Major, Notes on Russia, Hakluyt Society, London, 1851 reprint da B. Franklin a New York nel 1963; Bertold Picard, Description of Moscow and Muscovy, Dent, London, 1966. Tra le fonti maggiori di informazione riguardo la vita e l’opera di Herberstein è da segnalare quella di Marshall Poe,“Herberstein and Origin of the European Image of Muscovite Government”, nella quale sono citate ulteriori e numerose pubblicazioni sull’argomento.

[9] Questo sassone di Transilvania compì due missioni in Moldavia e lasciò una accurata mappatura della regione. Si veda Johann Karl Schuller, "Georg Reicherstorffer und seine Zeit. Ein Beitrag zur Geschichte von Siebenbürgen in den Jahren 1527-1536", Archiv für Kunde österreichischer Geschichtsquellen, 21, 1859, p.  223-291.

[10] Un grande ausilio nell’orientamento ci viene dagli estratti di varie cronache ottomane e crimeane effettuate in Romania da Mihai Guboglu e Mustafa Ali Mehmet, Cronici Turce@ti privind Ëarile Române. Extrase, vol. I (Sec. XV - mijlocul sec. XVII) [Cronache turche riguardo le Terre rumene. Estratti, vol. I. (Sec. XV- metà del sec. XVII)], Ed. Ac. RSR, Bucure@ti, 1966; Cronici Turce@ti privind Ëarile Române. Extrase, vol. II [Cronache turche riguardo le Terre rumene. Estratti, vol. II.], Ed. Rep. Soc. Rom., Bucure@ti, 1974; Cronici Turce@ti privind Ëarile Române. Extrase, vol. III) [Cronache turche riguardo le Terre rumene. Estratti, vol. III.], Ed. Rep. Soc. Rom., Bucure@ti, 1980 (quest’ultimo volume curato dal solo Mustafa A. Mehmet). Questi tre volumi, malgrado contengano numerosi errori di stampa, rappresentano una vera e propria guida bio-bibliografica per i giovani studiosi di storia ottomana. Seppur incompleti essi hanno avuto (ed hanno ancora) il pregio di contribuire in maniera rilevante all’utilizzo delle cronache ottomane e crimeane nella storiografia rumena contemporanea.

[11] Sulla sua vita e le sue opere: M. Guboglu, “Cronici...”, cit., II, p. 5-30, con ricca bibliografia; Alessio Bombaci, La letteratura turca, Sansoni-Accademia, Firenze\Milano, 1969, p. 364-65, 392-395 per inquadrarlo nel suo ambiente culturale. Tradusse, tra l’altro, nel 1654 l’Atlas Minor di G. Mercator e L. Hondius. La lista e la descrizione delle sue opere più importanti, in ordine cronologico, si può trovare in M. Guboglu, “Cronici...”, II, cit., p. 26 e ss..

[12] Utilizzo l’edizione in lingua turca moderna a cura di Bekir S¬tk¬ Baykal, Peçevi Tarihi, Kültür Bakanl¬º¬ Yay¬nlar¬, Ankara, vol. I 1981, vol. II 1982.

[13] C. Max Kortepeter, Ottoman Imperialism during the Reformation. Europe and the Caucasus, New York University Press, 1972, p. 178.

[14] A. Bombaci, op. cit., p. 394.

[15] Fu Nicolae Iorga a scoprirne il manoscritto e a pubblicarne degli estratti nel 1899.

[16] Due esemplari manoscritti della quale si trovano al Topkap¬: R-1153 scritto in ne@ri e E.H. 1425 scritto in talik. Questa cronaca è meglio nota come Feth-i Baºdad e tratta in primo luogo gli avvenimenti relativi alla conquista di Baghdad da parte di Murad IV. La cronaca si riferisce, nella sua totalità, al periodo 1637-1661.

[17] L’elenco dei manoscritti ottomani della cronaca in oggetto è in M. Guboglu, “Cronici...”, cit., p. 166-168.

[18] Si veda l’edizione critica di P. P. Painatescu, Editura pentru Literatura @i Arta, Bucure@ti, 1958.

[19] Della quale nel periodo durante il quale il de Burgo scrive circolavano due edizioni: la prima in lingua italiana: Paolo Ricaut, Istoria dello stato presente dell’Impero ottomano, Venetia, 1672 e la seconda in lingua francese: Histoire des trois dérniers Empereurs des Turcs. Depuis 1623 jusqu'à 1677. Traduit de l'Anglois du Sr. Ricaut, Paris, 1684.

[20] Per alcune delle quali si rimanda, per eventuali  concordanze testuali o altro, ai dettagli delle note nella presente edizione.

[21] Si veda al riguardo Nathalie Etinger, The heartland of Asia, Aldus Books, London, 1971.

[22] Adam Islip, London, 1621.

[23] A Relation of a Journey Begun in An. Dom. 1610, W. Barrett, London, 1621.

 

 

Indice

 

 

In queste pagine un esempio della capacità descrittiva del De Burgo:

 

 

Delli Habiti...... delli Moldavi

 

 

Li spropositi delli Moscoviti nel particolare della S. Fede, nel loro Scisma. 

 

Mappa del Viaggio di De Burgo

 

Frontespizio origimale