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Ti ho visto sai. Anzi dapprima ti ho solo sentito. Eri un filo di gelo sulla nuca,
bruciavi. Eri un ronzio fra le orecchie, una pioggia di scintille dietro gli occhi;
stordivi. Ho chiuso una per una le finestre stampando sui vetri impronte sudate.
Per rinserrarti fuori ho girato tutte le stanze, e non finivo di contarle, alcune
non le avevo mai viste prima; ad ogni pianerottolo la scala continuava a salire,
girava in tondo come in una torre, e un lucernario altissimo si allontanava più
veloce di me. Sabbia e stracci ho sistemato contro tutte le fessure, e cartone
su tutti i vetri. Alla fine ho respirato profondo, ma tu avevi già risucchiato
l'aria, lasciando solo una scia del tuo odore selvatico.
Allora fuori, a inseguirti, con la tua lama ancora addosso e i lampi fra le palpebre.
Eri una luce bianca che accecava le mani, allagava il vuoto. Ti ho riconosciuto
falso umile in coda tra le formiche, sicuro rasentavi il muro puntando ad una
piccola breccia sgretolata dove il flusso partiva e ritornava. Con ditate di stucco
ho fermato la distruzione, le ho disperse, disorientate le ho guardate cambiare
direzione e cercare altri ingressi sotterranei svellendo granuli di terriccio.
Ma eri già altrove, tra scricchiolii di foglie secche, nel marciume segreto
di un angolo a nord, tu e le tue lente e potenti contorsioni di verme operaio.
Smuovevi il fradiciume decomposto e te ne nutrivi in movimento strisciante, anelli
che ondeggiavano contraendosi e spingendo avanti, alla cieca. Quando ti ho tranciato
con la vanga mi hai deriso dividendoti in due metà vitali e ne hai abbandonato
le spoglie che ancora si divincolavano secernendo un succo cicatrizzante. Dietro
le spalle i tuoi occhi gialli di anfibio, ottusi e ipnotici, e il tuo richiamo
arrogante. Non ti nascondevi più tra le felci dello stagno, mi tenevi in
trappola con la tua astuta immobilità e sguardi velenosi da sopra una pietra
striata di verde viscidume.
Tattica di snervamento, la conosco; smottamento psicologico, erosione dal basso.
Tecnica letale.
Ne resterà uno soltanto.
Ne resterà uno soltanto?
Pietra contro pietra, ti ho fracassato il cranio.
Poi è venuta la pioggia sottile, e ad ogni goccia un capogiro di cerchi
sull'acqua, uno stillicidio gentile dalle foglie piegate, note di musica
dalle grate di ferro. Negli alberi è nato un buio lucido e un profumo
di pino notturno. Ho risalito il rigagnolo verso casa, io soltanto.
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Ragnatele
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