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L'onda lunga

Grigia come caligine, o fosca come un'eclissi. Non l'ho vista, è da dietro che è andata montando, da lontano e in un ronzio di vuoto, da dentro un vulcano sommerso.
Camminavo semplicemente, erano semplici i passi, ed erano svagate le spalle. Rami bassi e nuvole quiete me le carezzavano, tutto era pulito e vicino. I colori a fuoco, l'aria confinava certa con la terra, e in mezzo io presente, la pelle e le vene, il ritmo del fiato, superfici distese. Pianura aperta e innocente; la gravità, quella giusta.

Poi il sibilo nato dal nulla, in crescendo e rafforzando da un mondo fuori, amplificato passo su passo dal tam-tam del cuore in allerta, e si trasforma in rombo e dal bisbiglio sale al tuono e ovunque, emerge all'orizzonte in striscia torbida, circonda prendendo animo dal sottosuolo, avanza come un manto che mi insegue la nuca e mi avvolge a spirale, e mi ingabbia la forza, mi fa piombo nelle braccia, schiaccia dietro gli occhi e i veli del cervello, entra e si spande come solo l'acqua e senza limiti, invade ogni intercapedine e le trincee i bastioni i ponti levatoi, inghiotte con ira silenziosa il tutto che avevo salvato, mi sprofonda in sé, si richiude sopra e intorno in trionfo e non lascia che il mio muto stupore sconfitto. L'onda lunga.


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