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Certe volte

F.Zandomeneghi - Sul divano, 1890

Certe volte mi fa rabbia.
No: impotenza. E' impotenza. E' incapacità di capire. Lascio perdere altrimenti so che non ne uscirò viva, perché alla fine ha sempre ragione lei. Basta osservare i fatti con un minimo di obiettività.
Anche qualche giorno fa ha insistito, no anzi ha deciso, senza chiedermi se fossi d'accordo, di uscire insieme. Era sabato. Non sa neanche, tanto per dire, che io odio il sabato.

"Tu hai bisogno di parlare. Ti porto fuori, ti faccio parlare e poi ti dico io".
Fa sempre così: con la lusinga di far parlare me va a finire sempre che poi è lei quella che parla, che spiega. Lei mi dice fai così fai colà, lei sa già da prima cosa devo o non devo dire. Non è vero che mi ascolta. Mi ascolta? Mai ascoltata in vita mia. Mi tappa la bocca e comincia lei. Mi declama La Legge.
"Ci mettiamo qua che è più comodo".
Decide perfino dove è più comodo. Trova comodo per esempio il divanetto damascato del Florian. Le tazze per la cioccolata sono pesanti, color avorio e con un filetto verde marcio. Cose belle.
"Bevi, è calda. Bevi, fa bene. Ti passa il freddo".
Lei sa come far passare il freddo.
Fuori ci sono i turisti con gli ombrellini giapponesi e i colombi e i sandali di gomma trasparenti , ma io devo avere freddo quindi lei deve riscaldarmi.
Odio la cioccolata. Mi fa sentire bambina e viziata. Ce la preparavano le Suore dopo la Messa delle nove. Avevamo il libriccino con la copertina di plastica giallina che sembrava madreperla, e nostro signore gesù bambino incrostato di conchigliette. Calzettoni bianchi della domenica, frangetta alla francesina come voleva Lei, mia Madre. Il freddo era poi tornare a casa, a quegli spifferi che... ma vabbè, non ci sono più, e neanche la casa.

"Allora ti dicevo..."
Veramente non stava dicendo ancora niente. Oppure non ha mai smesso. Non mi ricordo neanche più, mi ossessiona talmente che certe volte - certe volte - la lascio parlare e intanto faccio altre cose. Tipo guidare quando c'è nebbia che mi piace, tipo spolverare dischi con la copertina de La Voce del Padrone, sbrinare frigoriferi, defibrillarmi il cervello per conto mio. Lei non smette mai di dire. Ogni tanto si spegne la macchina (o va in un fosso di nebbia) oppure si scassa il giradischi con su Il Messia o meglio ancora mi va in corto il defibrillatore, e allora in quel silenzio che mi schiaccia di botto la sento, lei che continua come gli ebrei a leggere le sacre scritture, e mi aggrappo ipocritamente al primo capoverso per annuire un assenso a caso.

"Insomma ci risiamo, eh?"
Quando fa così la ammazzerei. No, me ne andrei di corsa senza più guardarla, lasciandole perfino lo scontrino sul tavolo di marmo e gli inchini perplessi dei camerieri in panciotto e codino. Ammazzerei me per essere venuta fin qui ad ascoltarla.
Non volevo venire qui, non mi piace qui, non mi riscalda il marmo, la cioccolata l'ho lasciata, l'ho abbandonata, l'ho rinnegata, ripudiata, disconosciuta, quando non mi ricordo più ma è proprio tanto. Ho divorziato, dalla cioccolata. Un grande amore finito sul fondo di una tazza, un piattino con due gocce dense e sbavate, un cucchiaino velato di tela secca.

"Lo vuoi capire che... che devi capire?"
Non gliel'ho mica detto. Magari. Oltretutto non ascolta, lo so. Mi sta dicendo la Sua Verità, e non ha sentito quando le ho chiesto per favore ti prego per una volta non qui, andiamo da un'altra parte, su un gradino di pietra dove gira la base di un ponte, il ponte che amo (sai qual è no?, vedi che non lo sai, è quello senza spallette, l'unico fatto così, si chiama infatti ponte del Diavolo e sta, ti ricorderai almeno questo, no?, sta a Torcello, l'isola dove si va in primavera a sentire la laguna che si stiracchia dall'inverno e si allunga verso il cielo a cupola trafitto da quel campanile e da quei sospiri di marèe...), lì volevo andare a sedere, se proprio c'era da parlare, e da parlare di me. Ma a lei non importava, né di quel ponte né di quelle marèe, né figuriamoci di me. Perciò non gliel'ho detto.

"Guarda in conclusione se finora hai fatto tutto a rovescio non è mica detto che non si possa rimediare. Eh che diamine (ma non era eccheccazzo?), a tutto c'è rimedio, basta volerlo. Basta volerlo. Aprire gli occhi. Drizzare le spalle. Fregarsene, cara mia. Fregarsene. Guarda qua; guarda me. Ti pare che dimostri forse la mia età, i miei lutti, i miei segreti? Ma ci mancherebbe. Io? Io fare di quelle troiate? Ma ti rendi conto cosa mi perderei? Ma ci hai fatto caso a quelli che mi sbavano dietro, di tutte le età guarda bene, uomini sudati e senza più controllo, una sola idea fissa in testa, avermi avermi avermi, averla quella Femmina Cosmica, la Meravigliosa Angelica Baldracca che nutre tutti, il Sogno fatto carne che danza qualunque danza per un mazzo di rose di sangue e un invito a teatro intriso di lacrime di rabbia e gelosia? E l'odio delle altre, le donne che restano in attesa appoggiate contro i muri delle case, le finestre e gli occhi semichiusi, i piedi a battere inutilmente di disdetta sui selciati dove anche i gatti annusano di me e stralunano alla luna, le donne quelle che mi odiano, che soddisfazione, che vittoria... Non mi nego niente, già già, cara mia. Non- Mi- Nego- Niente. La sera vado a casa sempre più sazia. La sera? Ma via, quale sera? Non esiste più, la sera. L'ho cancellata. Triste. La notte: solitaria. Triste. Via. Cancellate. E sai come si fa? Ci vuole un attimo, che ci vuol mai? Guarda, si fa così. Dove hai la borsa? Ecco, tira fuori: madonna vedi quanta roba che ci hai dentro? E' questo che ti fa male. Il tuo sbaglio. Guarda qua, ma dico io guarda qua: pastigliette valda, che bell'inizio. Ti servono a...? Non fumi, non hai mai un raffreddore un mal di gola un cazzo di niente che magari se l'avessi staresti comoda a letto e chissà quanta bella gente ti verrebbe a trovare. Insomma, non ti servono. Lo zucchero tutto sparpagliato sul fondo, quello ti serve? Magari chessò ti piace sentirlo scricchiolare? Vabbè dai, ascolta lo zucchero che scricchiola, c'è di peggio. Ecco, questo infatti è peggio: il block notes. La penna poi. Cosa te li porti dietro a fare? Vediamo: ecco infatti vuoti. Non c'è scritto niente. E sai perché? Sì, lo sai: perché prima di scrivere bisogna sapere cosa scrivere. E tu fai sempre tutto alla rovescia. Oh no questo è il massimo: il cellulare. Dovevo immaginarlo. Tutte le donne ansiose hanno le pastiglie valda, un block notes in bianco e un cellulare. In bianco anche questo, scommetto? Vedi, che ti ho detto? Un cellulare del cazzo. Figlia mia, senti a me: questo lo prendi e lo butti. Non serve. Dirò di più: non deve servire. Chi ti vuole ti deve cercare attraverso tutte le strade del mondo, a piedi, in ginocchio, strisciando come un rettile o a testa in giù come un equilibrista. Difficile, devi essere. Altrimenti col cellulare è facile: ti trovano tutti, e poi quando vedono che sei così pronta a rispondere non ti cerca più nessuno. Allora cellulare via. Come sarebbe lo specchio di Alice? Display si chiama, display. Ah già, tu non sai neanche l'inglese. Sì, sei proprio fregata, tagliata fuori. Sei un caso ad alto rischio. Un caso quasi disperato. Con te dovrò impegnarmi di più. Già.
'spetta che guardo l'agenda e ti trovo un buchetto... facciamo domani stessa ora stesso posto o devi andare chessò dalla parrucchiera? Senti facciamo dopodomani perché dalla parrucchiera mi è venuta voglia di andarci io. Tu intanto magari ti fai un giretto, ti compri un abito nuovo che quello da flamenco ha l'orlo diomio tutto sbrindellato che fai miseria, e svuota un po' quella borsa e mangia qualcosa, mettiti un po' di fard che fai pena, prova a fare le facce allo specchio del bagno e quando te ne viene una bella e giovane e sensuale imparala a memoria e mettitela addosso, come me, guarda, guarda come mi sta bene la mia, che non mi ricordo neanche più com'era quella di prima...
Capito? Capito tutto? E piantala di pensare sempre alle stesse cose, i libri, la musica, gli amori, tutti quegli amori che ci inciampi ogni momento, fessacchiotta che sei... Dai, stai su che ci vediamo dopodomani, che ti dico tutto io, va bene? Eh? Va bene? Certo, no?, che va bene. Se te lo dico io, che ho sempre ragione".

"Sì, hai sempre ragione.
Sì, va bene, a dopodomani, mi dici tutto tu.
Sì, ciao, e grazie sai".

"Ciao Chiara".

"Ciao Camilla".


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