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Tre on the road

E.Hopper - Route 6

Ci fanno uscire dall'autostrada tutti in fila e incazzati, dopo una coda di un'ora. Tir ribaltato con dentro roba terrificante, tutti via, arrivano le tute anti-veleno.
Eppure era la Bologna-Firenze, l'appennino a slarghi e dirupi, verde e marrone, e i piccoli ruderi e forse capre.
Rabbiosi molti infilano un'altra strada.
E' mezzogiorno, quasi. Noi ci fermiamo in un paese a gradini, per pane salame e birra.
"Acqua per favore".
"Ce l'ho ma è calda".
Pietro il solito sbuffa, tiene le guance piene d'aria per almeno un minuto, e al posto delle bestemmie, le solite anche quelle, lascia uscire un'interminabile stilettata di fiato.
"Guarda che puoi tirare qualche porco anche da parte mia, sai - gli dico.
Ma che caldo fa. Agosto e sole bianco.
C'è gente che gira per le stradine in zoccoli da contadino, e con arnesi in mano.
Giovanni si alza e fa quattro passi fino al centro della piazzetta mangiando il suo panino.
"Mica male qui".
Case grigie tetti sbilenchi. Camini rosicchiati. Sopra, il cielo tutto di sole.
Leggo tutto quello che c'è scritto sul sottobicchiere di cartone della mia acqua tiepida, poi mi giro anch'io, inclinando la sedia all'indietro, e leggo tutto il resto intorno.
I muri, le finestre, gli angoli smussi.
Pietro ritma un ritmo con le dita sul bordo del tavolo, dondolando la testa nell'inventarlo.
Vado da Giovanni con i bicchieri, il mio e il suo.
"Come si chiama questo paese?"
Gli tolgo qualche briciola dalla maglietta militare, e la salvietta di carta appallottolata dalla mano.
"Si chiama... Paese Senza Cartoline".
Questo nome ci piace tanto, a tutti e tre, che lasciamo la macchina al sole e usciamo verso il sottobosco. Giovanni va avanti, Pietro ci segue con le mani in tasca e la bocca atteggiata a fischiettare muto, io in mezzo faccio il conto di rocce affioranti e arbusti e subito lo perdo.
Di qua di là, il sentiero si è cancellato.
Ci scattiamo delle foto senza la macchina fotografica, facce innamorate di quando eravamo a scuola insieme. Cicale dove il pendio è più aperto. Scroscio sommesso di un'acqua in fondo ad un canalone, che non si vede il fondo.
Ci riposiamo in mezz'ombra, prima Giovanni con la testa in grembo a me che gli tengo le tempie fra le mani; poi loro due sdraiati vicini a frugarsi quel pensiero e quella voglia che hanno uguali da sempre; per ultima io, stesa tra l'uno e l'altro, il mio viso allineato con i loro visi e i nostri occhi tutti insieme verso il cielo largo-pallido.
Si fanno i baffi coi miei capelli.
Parliamo di quando eravamo altri, e di come abbiamo fatto a diventare noi.
"Eh, bisogna cambiare nella vita. Cambiare sempre - sorride Pietro, che parla poco.
Ci facciamo domande che non costano niente.
"Ce l'hai ancora quella cicatrice? - sono io.
"Dovrei guardare. Guardo. Sì che ce l'ho ancora - è Giovanni.
"Però come si è sbiancata - sono io di nuovo.
Pietro si gonfia di ricordi orgogliosi:
"A me una volta hanno spaccato il naso. Non si vede tanto, però me l'hanno spaccato".
"Ma tu le davi oltre che prenderle, ti ho visto - è di nuovo Giovanni.
Ci carezziamo le vite fino ai nostri trent'anni, e non fa male.
Compagni di banco. Al cinema.
Mi sono fatto cinque o sei volte poi non mi diceva niente.
Io anche meno.
Io mai.
L'anno scorso volevamo andare in Africa.
Invece è morto tuo padre.
Ci andiamo l'anno prossimo.
L'anno prossimo forse muore mia madre.
Restiamo qui. Prendiamo delle stanze per dormire qui stanotte.
Domani andiamo in Africa.

Una donna sgarbata ci dà due camere, non c'è colazione, il bagno è in corridoio.
In un angolo del bar di stamattina ci facciamo portare formaggio di pecora e pane senza sale.
Però stasera vino, e viene su dalla cantina. Vetro scuro, dentro è rosso amaranto.
In quattro o cinque vengono a giocare a carte dopo cena, si mettono nell'angolo opposto.
Riempiamo i portacenere ascoltando lo schiaffo delle spade e dei bastoni.
Vuotiamo le coppe e portiamo a dormire i cuori.

A un'ora di notte. Io sveglia. Finestra piccola e fresca di stelle.
Qualcuno sfiora la mia porta facendo strisciare le dita.
Giro appena il viso sul cuscino verso il buio e sottovoce:
"Non dirmi chi sei".
Per me hanno entrambi lo stesso odore.


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