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Terzo pianeta

C.Pissarro - Donna in un podere, 1888

Pietro, e le sue mani forti, dissodò il campo per lungo e poi seminò. Piantò pali nuovi alla vigna e un melo all'inizio di ogni filare. Snidò le vespe dalle tegole, e da lassù guardò le strade e i campanili lontani, i voli alti, i pioppi della ferrovia. Spaccò la legna sul ceppo dopo aver affilato l'accetta tra spruzzi di scintille. Mise a seccare foglie di alloro sulla tettoia, e spighe di lavanda e balle di fieno. Stese le noci ad asciugare sull'assito del soppalco, sgranò pannocchie ammucchiandone i torsoli, allineò sacchi di farina e mangime. Spazzò dal portico gli escrementi degli storni, intrecciò cesti e stuoie, lustrò attrezzi, stuccò fessure alle imposte. Oliò cardini.
Da ultimo costruì una casetta per gli uccelli e la sistemò sul castagno in cortile, poi ancora cercò un cane randagio e lo prese con sé.

Ogni giorno andava fino allo sterrato con un'armonica in tasca, e senza suonarla aspettava una donna con due bambini per mano e un altro nella pancia. L'aveva incontrata una domenica di Corpus Domini in processione, vestita di bianco, che spargeva fiori davanti a Nostro Signore, ma era una bambina.
Il randagio fiutava l'aria e poi si girava a interrogarlo.
Verrà d'estate, con le cicale. Con un vestito a papaveri stampati. Farà il pane e raccoglierà ciliegie, mele e grappoli d'uva. Stenderà cantando panni e desideri, e sull'amaca all'ombra del castagno cullerà i frutti del nostro futuro.


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