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Smemoria

Paul Gauguin - Pensierosa

Settimana del libro a peso, all'ipermercato. La sagra dei fondi di magazzino. Un chilo di carta rilegata (poi bisogna farsi furbi con le copertine, che fanno una bella tara) a 4 e novanta: in pratica te li tirano dietro. E c'è di tutto, in particolare ciarpame. Le massaie rovistano devote letteratura rosa, alcune azzardano manuali imperdibili (La pesca d'altura, Cucinare con gli avanzi, Yoga prima di dormire), qualche nonna dalle risorse limitate scartabella fiabe con sanguinarie illustrazioni giapponesi.
Non sia mai che io, proprio io, resti indietro: mi scortico le mani e mi spezzo le unghie per grattare il fondo del vascone (lo stesso dove il mese scorso si andava rissosamente a pesca di asciugamani e tanga 3x2), attirata dal verde brillante di un Newton tascabile che pare - ed è - un romanzo di Gide. Succulento il titolo "I sotterranei del Vaticano"; ancora di più il sottotitolo "L'opera più irriverente e scandalosa del grande scrittore francese". Ci aggiungo (è il mio giorno fortunato?) "Il mondo nuovo" di Huxley, che devo avere prestato a qualcuno anni fa a fondo perduto, e anche (in malora la miseria) un'edizione economica del "Cucchiaio azzurro", pazienza se so già che ha poche e inservibili illustrazioni.

Torno a casa col bottino e la soddisfazione di avere fatto un affare. Appena possibile, mi apparto con Gide per un paio di capitoli. Un paio, non di più, perché qualcosa non mi torna. E' come se mi stessi annoiando. Come se lo avessi già letto. Decido di accantonarlo, per ora, e di finire diligentemente un'altra lettura in corso, qualcosa di storico o semi-storico che mi rilassa prima di dormire e non mi lascia il segno. Questo, lo ripongo.
I francesi stanno sullo scaffale dei francesi.
I romanzi di Gide stanno con i romanzi di Gide.
Questo, della Newton, sta con gli altri romanzi francesi di Gide della Newton.
Giusto accanto a un'altra copia de "I sotterranei del Vaticano” di André Gide, L'opera più irriverente e scandalosa del grande scrittore francese, copertina verde, Grandi Tascabili Economici Newton. Dentro, ben oltre la metà, c'è un segnalibro: una cartolina dalla Spagna, dove mia figlia è stata due anni fa.
Per colmare, a questo punto, la misura, mi sposto di una colonna sulla destra e di due scaffali in altezza: eccolo là, Il mondo nuovo di Huxley, prestato (chissà più quando) a qualcuno (chissà più chi) che si è ricordato di restituirmelo molto meglio di quanto io stessa mi ricordi chi fosse.
Bel colpo.
Quanto al Cucchiaio azzurro, preferisco restare per sempre nell'ignoranza, ma è fondato il sospetto che ne esista una copia appartenuta a mia madre nella vecchia libreria della mansarda.
Chissà se lo accetteranno, un ricettario di pesce, alla biblioteca comunale?
Perché è lì che finiscono, e molto graditi, i doppioni della mia bulimica libreria domestica: ci finiscono a borse, e tutti in ottimo stato, dato che spesso sono effettivamente nuovi, intonsi perfino.
Vorrei poter protestare che c'è qualcosa di commovente, o forse compassionevole, in questa mia avidità di circondarmi di libri al punto di non accorgermi quando ne ricompro uno solo perché lo amo troppo. Ma, siamo seri, c'è anche qualcosa di allarmante nella mia memoria, che da un po' di tempo rimuove e rimuove, come una ruspa.
Domenica scorsa ho dimenticato il sale nell'arrosto.
Martedì ho dimenticato che una figlia restava fuori a pranzo e alle due e mezza le ho fatto squillare il cellulare mentre era a lezione in facoltà.
E' la regola che lavi il pavimento due volte nello stesso bagno e nessuna volta nell'altro.
I personaggi dei libri che leggo e dei film che vedo, sarebbe ora che mi rassegnassi a segnarmeli su un foglietto per non confondere chi è chi e che c'entra e perché.
Qualcuno mi ammonisce che si tratta di stress, che è colpa dello stress se la mia attenzione è così volatile. Ma a me 'sto stress mi stressa. Mi stressa non ricordare con sicurezza e fare figure da stordita. Tra un venti o trent'anni ne potrei fare un vanto dell'età, ma per adesso è solo stress da stress.

Contro l'avvilimento, mi prendo un gatto in braccio e mi assento davanti alla tele. Vediamo che fanno: toh, La morte ti fa bella, gustoso! Lo dico perché mi ricordo benissimo di averlo visto più volte, questo sì. Un isolotto solitario nell'oceano della mia amnesia.
Mi sento già rinfrancata e me lo sciroppo tutto, ridacchiando con il gatto.
Ridacchio perché gli effetti speciali, ok, sono esilaranti; perché Meryl Streep e Goldie Hawn le adoro, io, con quel ritmo magistrale che hanno nel sangue; perché godo nel vedere un Bruce Willis dimesso e bolso ma più convincente di quando si impegna a sembrare macho; perché la Rossellini, antipatica di suo, qua esprime una goffaggine che conferma la mia disistima.
Ma ridacchio, vieppiù rinfrancata, perché le due protagoniste incarnano con bello spirito l'ossessione isterica di un'eterna giovinezza rappresentata da una pelle levigata, due tette sode e un culo, diciamo così, vispo.
Rotfl.
Io che mi lavo il viso col sapone come ai tempi delle elementari.
Io che vesto la stessa taglia 40 dei tempi dell'università.
Io che vado dalla parrucchiera solo quando la frangia mi acceca.
Io che ho risolto il problema del tono muscolare e della flessibilità articolare a domicilio: step-no-stop sulle quattro rampe di scale di casa mia, aerobica in terrazza quando stendo il bucato (e pesi quando lo trasporto a bacinelle titaniche dalla lavanderia), flessioni in giardino quando pianto, semino e raccolgo, corsa campestre fin fuori comune quando mi scappa il cane, che va come il vento. Caspita.
E mai un raffreddore, mai due linee di febbre.
Per il mal di schiena, basta dormirci su.
Come, gli occhiali? Ah sì, certo, li porto: per forza. Ma è da intellettuali, fa tanto "ammazza quanto legge, quella", e poi c'è chi li porta neutri tanto per darsi un tono.
Bilancio?
Ma meglio di così!
Memoria a parte.

Stamattina sono scesa in cucina per il caffè e mi è venuto incontro il gatto: me lo ero dimenticato sul divano. In compenso, avevo lasciato le chiavi nella serratura all'esterno: il gatto ha dormito in casa e la casa è rimasta aperta.
Ho anche scoperto che era finita l'acqua minerale e sono uscita per comprarla. Per strada ho notato i cartelli e mi sono ricordata che è giorno di targhe alterne, ma siccome non mi ricordo la mia targa ho rischiato quei pochi chilometri. Ho preso due confezioni di acqua; stavolta sono stata prudente e non ho sbirciato i libri a peso. Ho pagato (in contanti, perché il codice del bancomat era momentaneamente assente dalla mia memoria) e ho aperto il bagagliaio della macchina.
Dove c'erano altre due confezioni della stessa acqua comprate ieri e dimenticate lì.


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