Bambini di cassonetti, di pozzi, di scarpate; di parcheggi di autogrill, di vagoni,
di centri commerciali e spiagge con altoparlanti inascoltati.
Bambini dei semafori e dei rigagnoli, dei cortili tra le finestre chiuse, dei
gradini delle chiese, dei marciapiedi di ovunque.
In questa casa grande e sbilenca, hanno dato a ognuno di noi un letto, il caffelatte,
vestiti scambiati e un nome, quello del santo del giorno, del nostro giorno.
Ci aiutiamo in tutto, i grandi lavano i piccoli, li pettinano, gli abbottonano
i bottoni, gli allacciano i lacci e mostrano loro come farlo da soli.
Io, che sono arrivata qua già cresciuta, insegno un po' a leggere e a
scrivere.
Si mangia tutti insieme su un lungo tavolo da convento.
Si gioca con i tappi di latta, gli elastici, le carte per farci castelli.
Si gioca a tombola, d'inverno, la sera, che sono solo le nove ma sembra tardi
perché il buio luccica sui vetri.
Si gioca coi bottoni, che ce ne sono tanti e scompagnati in una scatola di latta
da biscotti, e, per chi vince, noci o mandarini.
D'estate, i soffioni bianchi, le bacche viola, le ginocchia verdi di erba,
lo stupore dei formicai.
A natale si canta con i neonati in braccio, a pasqua si dipingono uova sode.
Il lunedì e tutti gli altri giorni si stendono al sole calzette, golfini,
grembiuli e messaggi colorati.
La domenica si prova a pregare un po', per quelli che non sono qui con noi.
Qualcuno comincia a imparare come si deve amare il legno, altri come far crescere
i fiori; e chi sa fare una cosa la racconta a tutti, e la scambia come figurine.
Ogni tanto si parla di una gita, una gita al mare; per ora abbiamo messo da
parte un vasetto da marmellata per raccogliere la sabbia, e intanto si aspetta
il giorno.
Ieri ce n'erano due con la febbre. Gli hanno messo un panno caldo sul petto
e mi hanno mandata a leggergli una storia per farli addormentare.
Io da grande farò la mamma.
alcuni autorevoli commenti:
Quella casa è evidentemente un orfanotrofio, ma in cui non ci sono adulti.
I bambini si curano tra loro.
Ma è più corretto dire che si consolano tra loro.
Il quadro è luminoso e triste. Luminoso perché dipinge dei bambini,
che luminosi sono sempre. Triste perché la loro solitudine non è
compensata dalla loro solidarietà.
Quella della protagonista non è una vocazione. E' una decisione, è
una ribellione a quella tristezza, che pure è a colori pastello ma è
tristezza.
Decidere di fare la madre, per una bambina in quel luogo, è come dire:
ci saranno bambini che non dovranno vivere in una casa grande e sbilenca.
Sbilenca. Non dovranno stringersi uno all'altro per non sentire freddo dentro.
Il mondo, dice la delicata storia di Camilla, è già troppo pieno
di bambini così.
E forse è una metafora di ias.
(Queffe - it.arti.scrivere)
"Pura Camilla al cento per cento"
(Book's review)
"Il più incantevole dei racconti"
(Panorama)
"Ciò che stupisce di più è comunque la stessa Camilla
figura di scrittrice
singolare e non collocabile in nessuna categoria; il suo pregio principale è
quello di non aver fondato uno stile camilla ma di essere sempre capace di
passare da esplosioni di rabbia isterica strillate con violenza apoplettica,
veri e propri squarci aperti nelle pagine, a quadri bucolici che reimpostano
continuamente un altrove di tipo rurale, con il riferimento costante alle
tematiche dell'infanzia, mantenendo un sottile e subliminale filo di nylon
che lega queste cose"
(Repubblica)
"Camilla ci propone questo quadro zuccheroso e stucchevole denso di
qualunquismo, decisamente una caduta di stile degna della pubblicità
del panettone Bauli"
(New York Times)
"Nonostante le citazioni di Paola Turci nelle prime righe Camilla scrive
in modo unico, proponendo questi flash rurali spensierati ma percorsi da una
drammatica tensione narrativa che li torce e li deforma, leggendo "Questo
bimbo a chi lo do" si ha l'impressione di osservare un giocattolo di vetro
bellissimo e fragilissimo in bilico su una superficie instabile"
(L'Espresso)
(Scroll_Lock - it.arti.scrivere)
torna a Racconti
|