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Nelle campagne della Provenza dicono che è una strega, perché ha
occhi di gatto, veglia tutta la notte accanto al fuoco e non invecchia mai.
Dicono che è figlia e madre del demonio perché ruba il miele delle
api con le dita e non la pungono.
Giurano di averla vista vestita solo di capelli lavare gli stracci ad ogni plenilunio
e appenderli alle canne dello stagno, e che quando piove cammina scivolando sulla
cresta delle colline con un alone intorno.
I bambini che prendono l'acqua al pozzo e la occhieggiano seduta sui rami dell'albero
a far su trecce di capelli e lavanda tornano a casa stralunati e poi raccontano
bugie per tre giorni.
I vecchi picchiano i cigli del sentiero col bastone per scacciare il suo spirito
di vipera, e insegnano ai figli giaculatorie blasfeme da recitare quando il pensiero
dei suoi fianchi lisci come olive intorbida la mente.
Le donne stringono le labbra e i grani del rosario, e infilano reliquie della
Vergine nei pagliericci per salvare i loro uomini dalle fiamme dell' inferno e
dell'adulterio.
Saba non pensa mai a quel che dicono di lei. Saba ama un uomo e solo a quello
pensa.
Ma lui guarda altrove, nel cielo di Dio cui ha promesso di farsi santo, incatenato
in cima ad una colonna finché gli aprirà le nuvole con il raggio
della Gloria.
Saba ama Arcangelo lo stilita e ogni giorno, quando il villaggio dorme sotto
il sole del pomeriggio, lo va a implorare inginocchiata sulla terra secca, abbracciata
coi capelli a quella colonna di pietra e sete.
Piange, Saba: Scendi da me Arcangelo, non sarai mai santo finché sarai
amato da una donna. E' di me che avrà pietà quel tuo Dio, dei
miei occhi disperati, del mio cuore martire. Amami, e salvati. O sarai un assassino
e ti dannerai per aver perduto l'anima mia.
Ma lui ha un voto di gloria piantato sulla fronte, e si fa sordo con le mani.
Ha visto in sogno i Troni e le Dominazioni e si strugge per l'oro di quelle
trombe celesti. Scruta un segno del Padre, l'eco di un Alleluia, il baluginio
di un'aureola, e aspetta il dono.
Dicono di Saba che è una strega, perché quando
se ne ritorna dentro il bosco i suoi piedi lasciano marchi di sangue sulle pietre
da mille anni, e dove passa fiorisce l'ortica di rosso.
Camilla
Arcangelo è un uomo gentile. Ha mani grandi ma il suo
gesto è delicato.
Non ha un vero lavoro, ma si aggira per i villaggi e ascolta quelli che vogliono
parlare e non hanno nessuno con cui parlare o a cui parlare. E spesso parla
con i bambini, perché i bambini quasi mai hanno qualcuno con cui parlare
o a cui parlare. Parlano tra loro, ma allora parlano di niente.
In cambio Arcangelo non chiede nulla, ma tutti gli offrono qualcosa, chi un
pane chi un po' di vino. I bambini non hanno nulla da dargli, ma Arcangelo
dice sempre che ascoltare i bambini e parlare con loro gli dà più
di quanto gli dia chiunque altro. Gli danno, dice, la vita che è nei
loro occhi innocenti, la loro sorpresa, il gioco che è in ogni loro gesto.
Così insegna ai bambini tutte le cose che sa e tutte le meraviglie che
ha visto nel suo vagabondare. Sa scrivere con un segno tondo e forte; sa far
di conto con prontezza e abilità, come se fosse un prestigiatore, e incanta
i bambini svelando poi loro i suoi trucchi; conosce molti vecchi libri e di
essi legge qualche pagina ad alta voce, ma poi lascia che la sua voce continui
il racconto che si è acceso negli occhi dei bambini.
Arcangelo dorme sull'erba, ai margini dei villaggi, avvolto in un vecchio
mantello. D'inverno si rifugia nelle capanne abbandonate dai pastori che
sono andati altrove a cercare foraggio per i loro animali.
Niente altro che questa vita è la sua vita. E nessuno gli chiede se la
sua vita sia felice, ma c'è sempre un leggero sorriso sulle sue
labbra. Solo osservando molto attentamente si potrebbe vedere un velo di tristezza
in quel sorriso. Ma nessuno lo osserva così attentamente, perché
chi lo avvicina vuole essere ascoltato, e così davanti agli occhi ha
solo i propri crucci.
Il bosco è fresco e nitido in questa mattina di giugno. La luce filtra
in raggiere tremolanti attraverso le foglie appena mosse dalla brezza. Il fruscio
delle foglie e il canto degli uccelli sono quel silenzio che cercano coloro
che sanno dove andare.
Il sentiero, o il cammino di Arcangelo, si apre all'improvviso su una
radura fra gli alberi alti dalle chiome mature. Ombra profonda di sottobosco
circonda il prato lucente di verde e di piccoli fiori. Nell'ombra una
piccola casa e, lì accanto, un orto e un pozzo di pietra grezza. Arcangelo
ha sete.
China nell'orto a curare le sue pianticelle c'è una donna
sottile, con un abito chiaro, semplice, leggero, che segna appena i suoi fianchi
e le lascia scoperte le braccia troppo magre. I capelli le ricadono davanti
al viso mentre se ne sta curva, e talvolta in ginocchio, a raccogliere ortaggi
e a dissodare la terra.
"Signora, posso attingere al tuo pozzo? Ho sete".
La donna alza il capo e lo guarda in silenzio per un poco. Così Arcangelo
vede i suoi occhi.
"Sei mio ospite - dice la donna. - Siedi nell'erba e riposa, ti
porterò l'acqua".
Cala il secchio nel pozzo e lo solleva grondante d'acqua limpida e fresca.
Con un mestolo di rame ne raccoglie un poco e la porge ad Arcangelo, come una
madre che disseta suo figlio.
Poi la donna gli parla, così come si parla a un uomo i cui occhi dicono
che sa ascoltare.
Gli parla del suo male, un terrore senza fondo che svuota di luce i suoi giorni
e di salute il suo corpo. Gli dice che ormai poco è il tempo che le rimane.
Così si è voluto altrove, dice sorridendo mestamente, e non c'è
rimedio.
"Ma tu mi ascolti e mi guardi negli occhi - conclude, - e questa è
la tua acqua per me. Il mio nome, se lo vorrai ricordare nelle tue preghiere,
è Saba".
E' per questo che Arcangelo, certo ormai di non poter più sentire
il pulsare del proprio corpo e del proprio spirito se non attraverso la luce
di quegli occhi, si reca presso una piccola cappella diroccata su un sentiero
solo a lui noto, e fa un voto.
"Ti offro ogni giorno e ogni istante della mia vita - dice alla piccola
madonna stinta - affinché siano restituite la vita e la salute alla piccola
Saba".
Così - dice la leggenda - Arcangelo se ne andò a mantenere la
sua promessa ogni giorno, ogni istante, vivendo da allora in cima a una colonna
di pietra bianca.
La vita di Saba rifiorì. Ed è certo che non potrà mai morire.
Alcuni dicono che è una strega. Non sanno che è solo una madre
che porta ogni giorno la sua acqua e i frutti del suo orto al suo Arcangelo,
e che una madre vive di questo.
Ma il suo cuore sanguina perché sa che non potrà mai tenere fra
le sue braccia, o a riposare nel suo grembo, quell'uomo triste che le
ha offerto la vita.
Queffe
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