Maghi
E vennero di notte
era la notte dell'ultima luna
bruna la pelle e lame in mezzo agli occhi,
con il fruscio di sandali e mantelli
il tintinnio gentile delle mandrie
(erano capri, erano giumente)
sotto le mura ad accamparsi
maghi che fossero, o briganti ripentiti
L'acqua al pozzo pagarono in contanti,
in drappi damascati e biondo rame,
ai soldati venuti a interrogarli
con le armi, ostili e con arcigno fare.
Fabbri di giorno e fate tessitrici,
nel tempo che restarono
(fu poco, in verità, da luna a luna),
la notte usavano danzare in cerchio,
e ne veniva alla città silente
i flauti ed i falò
nacchere e tamburelli
nomadi canti da stregare il cuore.
L'Infanta dagli spalti li spiava
presa d'amore e dalla fantasia.
Per un intero mese, dalle mura
non passarono più, per raro incanto,
le malattie, la morte, la vecchiaia;
nacquero figli sani e benedetti,
vi fu pane per tutti e nuove leggi.
Ripresero il cammino un imbrunire
senza un suono o un saluto, ma le tracce
dei miti ciuchi e cenere di fuochi
ed un brillio di consumate stelle.
Li ha rivisti qualcuno chissà
dove
- un altro luogo di là da un deserto -
figli della fortuna e dell'azzardo
segni o sogni fugaci degli dei.
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