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Il Libro Misterioso

Molti anni dopo, di fronte a un pubblico eletto in marsine e severi abiti da sera e nientemeno che a un regnante di mezza età ma ben conscio del proprio inossidabile ruolo, il professor Agilulfo Benfacenti si sarebbe ricordato di quel remoto tardo pomeriggio in cui, sotto un impulso che era poi rimasto resistente a ogni analisi, aveva coinvolto in penoso imbarazzo una innocente libraia più avvezza a contentare lettori dai gusti incerti e plagiabili che a confrontarsi con intellettuali pedanti e poco socievoli come lui si era rassegnato a dar a vedere di essere.
E davvero e forzatamente pedante prima ancora che poco socievole - e casomai solo da ultimo intellettuale - doveva averlo giudicato la grigio-perla signorina, interdetta da certe sue richieste circostanziate e tuttavia fumose, alle quali era costretto ad ammettere lui stesso di non aver saputo né allora né dopo fornire toni e contenuti più esaurienti.

Del resto, nemmeno ora, e cioè nell'esatto momento in cui una Maestà europea fra le ultime sopravvissute si accingeva a consegnargli, con affabilità tutta regale nonché sobriamente nordica, un premio di portata planetaria se non addirittura cosmica, nemmeno ora e nemmeno se la Maestà stessa glielo avesse urbanamente chiesto con la curiosità che è legittimo e lusinghiero attribuire a personaggi assurti a fama, il professor Agilulfo Benfacenti neolaureato Nobel per la Letteratura avrebbe saputo ritrovare nel passato remoto di quel pomeriggio un po' alienato (ma forse era stata colpa di un'influenza o un mal di denti o comunque uno di quei malanni di poco conto e di massima molestia che lo affliggevano fin da giovane e vieppiù ormai adesso, nella tarda ed eccessiva età cui era suo malgrado pervenuto) avrebbe dunque saputo ritrovare, riscoprire, ricostruire e finalmente giustificare le istanze che lo avevano indotto a chiedere, con fare indubbiamente stralunato, notizie certe (certe, nientemeno, mio dio!) di un libro che, come solo ora lui e tutti sapevano, non era ancora stato scritto.

Un libro in bianco, un libro di pagine bianche, un libro vuoto.

All'epoca, fra lui e la sua momentanea interlocutrice parve formarsi - ma forse col senso di una scappatoia - la convinzione che "il Nulla" ne fosse l'argomento ma anche la qualità, la materia, il nocciolo, il perché e il percome, se non - anzi, quasi di sicuro - la destinazione finale.

Un libro che ora, oggi, in questo momento, una sera di dicembre scandinavo con un cielo che si abbassava solo a metà restando luminoso come un lago di montagna e un'aria pura che tagliava la pelle come scottature di sole polare, stava diventando, davanti a marsine e abiti da sera e corone e diademi e parecchie telecamere di universo-visione, Il Libro, Il Miglior Libro, L'Ultimo Libro, Il Compendio e La Spiegazione, La Catarsi e Il Compimento, Il Capolavoro del Pensiero, Il Nuovo Vangelo su cui tutta l'umanità, già prenotatasi alla sua lettura in lunghe file di pazienti pellegrinaggi, avrebbe concentrato le riflessioni e appuntato le speranze delle generazioni presenti e di quelle a venire.


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