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Quello lì in prima fila è mio figlio, il professore. Brizzolatura
perfetta, naso affilato, fisico da sessantenne moralista, igienista e digiunatore.
Moglie tizianesca finta a fianco, con occhiali scuri da Gran Dolore, figli (i
miei nipoti) in scala e in abito scuro con cravatta under 21. Un po' più
in là, anzi un abisso più in là, mia figlia anche oggi incazzatissima,
perso l'aereo, perso anche il cellulare, il marito mai più ritrovato. Dietro
ci sono quelli che non ho invitato, i parenti dimenticati e gli amici trascurati,
belle statuine di cera che non sanno cosa guardare e quindi guardano tutti lo
stesso punto sfocato a qualche centimetro da me. Mozart non è venuto, la
sua Messa da Requiem non me l'ha concessa. Ha mandato al suo posto i miei vecchi
ragazzi dell'ultima maturità, guardali là, sono solo due o tre,
quelli che in questi anni ancora mi hanno mandato gli auguri a Natale per buona
creanza. Quello alto e grosso non riusciva mai a ricordarsi i verbi irregolari
greci, e adesso fa il commercialista. La bionda era bravina ma furbetta, però
nel '69 è uscita con sessanta sessantesimi e da allora ne è stata
grata a me. L'altra era la sua compagna di banco. Gli ultimi anni mi telefonavano
ogni tanto. I vicini di casa, gente di tutto rispetto con portoncini lustri e
maniglie di ottone ; i discendenti dei miei colleghi insegnanti del Liceo Classico,
ai quali sono sopravvissuta con grande spreco di energie ; la dolce ed enigmatica
gazzella senegalese che mi ha dedicato ore lentissime di superflue passeggiate
in carrozzella nel più confortante dei silenzi. Intorno drappi di porpora
di Tyro a ramages oro vecchio, iris barbate olandesi mischiate a candide calle
di fosso, nastri violacei con dediche austere e molli frange, vapori oppiacei
all'aroma di incenso, organo che vaga armonie assorte in sordina, sovrastato ogni
tanto da formule lapidarie sentenziate dalla voce celebrante del direttore di
scena.
Fuori, lungo il rio, mi aspetta il corteo di motoscafi che guiderò a
San Michele, l'isola di tutte le nostre sepolture.
E adesso basta, sbrigatevi con quel turibolo, mi avete già avvolta in
nuvole di profumo per rendermi più accetta a quel dio che ha già
deciso comunque cosa fare di me, se davvero gli interessa. Per i saluti c'è
tutto il resto del tempo, ci saranno altre messe di suffragio e i telegrammi
e gli articoli sul Gazzettino e le commosse commemorazioni della vecchia ed
emblematica figura di quella venezianissima e longeva insegnante che sono stata
io, la targa che mi ricorderà sulla parete del monumentale atrio del
mio liceo, e magari i mazzi di fiori appoggiati sotto ad appassire dentro il
cellophane.
Ah bene eccovi qui, è una vita che vi aspetto. Come che fretta c'è?
Ma non è adesso che finalmente mi spiegheranno tutto, il big bang, i
dinosauri, i geroglifici, l'etrusco, chi ha veramente scritto l'Odissea, dove
è veramente affondata Atlantide, di cosa è veramente morta la
figlia che non mi è mai nata...?
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