torna a Racconti


L'albero e le stagioni

C.Pissarro - Arcobaleno, 1877

Arrivando col buio ho dovuto prendere una camera per la notte all'ingresso del paese, e ci ho dormito un sonno spesso interrotto dalla profondità del silenzio. Stamattina invece del solito caffè di città qualcuno mi ha messo sopra un tavolo nudo una tazza di latte e orzo, una mattonella di marmellata di cotogne compatta e dolcissima, una michetta croccante, il giornale locale.

E adesso, a piedi e a caso, girando la breve discesa che poi curva verso il ponte sulla roggia, sono qui, davanti al vecchio portone carraio incassato nel muro spesso, e la porticina ritagliata sul battente destro è socchiusa.
Non cigola mentre apro, ma emette un rumore felpato e polveroso, e la gran luce mattutina del cortile rimbalza sullo sterrato fra le stalle e la facciata della lunga casa a ringhiere.

Su una delle soglie siede una bambina con le gambe nude; i suoi piedi negli zoccoli sono attorniati di pulcini, e uno ne ha tra le mani e gli parla. Lo posa giù senza avermi guardato e poi si alza e mi viene incontro con un sorriso solare fra i ricci spettinati.

"Ciao. Sono la mamma - sorride. Mi prende per mano e mi porta dentro.

"Guarda, i conigli".

Nella gabbia si muovono a brevi scatti masticando con occhi fissi foglie di lattuga. Sono grigi e rosa, ce n'è anche uno nero e irrequieto. Mi giro a guardare la mamma e la riconosco; sì, la bocca è la mia, e anche la fronte e le orecchie piccole, ma lei è già bella adesso.

"E quello è il nonno - mi indica, e lo vedo, un giovane asciutto dai capelli biondi incolti che attraversa il cortile con un secchio di zinco e alza una mano a salutarmi, la faccia tutta nel sole.
I maiali sbuffano goffi nel recinto sotto la tettoia e bevono rumorosamente da una vasca di pietra torbida. Nel fango calpestano torsoli di pannocchie e bucce di frutta.

Sulla soglia, scostata la tenda di cotone a fiori, si affaccia una donna giovane dal viso ovale e le spalle gentili. La mamma la raggiunge e le prende dalle mani il piccolo bidone.

"Vieni - torna a dirmi - portiamo il latte a casa del maestro".

Il maestro abita in fondo alla strada, con l'orto sul davanti. Lungo il muretto c'è una striscia di fiori di campo e gladioli. Lui scambia il latte con un cartoccio di spumiglie ruvide e ci augura buona giornata con un largo sorriso tra le file di pomodori.

La mamma mi tiene sempre per mano. E' estate, la campagna è distesa e ronza. Il cielo è immenso e odoroso. Le donne che tornano dalla chiesa hanno un velo nero e un messale stretti al petto e si salutano al bivio del camposanto. Un carro tirato da un cavallo tozzo, un uomo su una bicicletta che saltella sul selciato a ciottoli, muggiti pazienti che escono da finestrelle lungo la strada; la campanella di un passaggio a livello in fondo alle case.

La mamma mi precede su per la scala di legno e poi dentro una porta sul ballatoio: qui c'è penombra e profumo di lavanda. Nel lettone alto e gonfio dormono profondo dei poppanti con le guance colorite e le bocche umide.

"I tuoi fratelli. I tuoi cugini. Il Paolo, la Caterina, la Luisa... - sussurra compiaciuta.

Sul muro spoglio è appeso un santino col sacro cuore di Gesù e un rametto di ulivo secco; sopra una sedia, una cesta di panni asciutti da piegare.
Siamo usciti senza svegliarli, e la mamma mi ha condotto a vedere le altre stanze, tutte in fila; in ognuna un gran letto di ferro, un armadio con dentro vestiti scuri, foto stinte di volti severi e annebbiati incorniciate in ovale sui muri nudi.

Di nuovo giù, nella cucina grande e buia come una grotta odorosa: "Qui dormi tu -, mi ha detto indicando una culletta di legno accanto al focolare di pietra e cenere. Si è avvicinata e con le due mani leggere sulle sponde l'ha fatta dondolare piano mentre sussurrava una nenia sorridente.

Poi ci hanno chiamato fuori, battendo un mestolo su una pentola sonora. Le galline si sono disperse facendo volare strida e piume, e di corsa abbiamo raggiunto il lungo tavolo sotto la pergola dove ci aspettavano tutti. Gli zii i cugini i nonni, i nonni dei nonni, tutti già seduti e pronti per dividere il pane, la polenta e il vino con me, che mi ero perso. C'erano uomini in giacchetta scura, con guance mal rasate e fieri baffi, e donne col fazzoletto legato al collo e grembiuli pieni di ditate. Ai bambini luccicavano gli occhi dal piacere di infilarsi in bocca pezzi di pane zuppi di sugo, e i grandi gli davano da bere un sorso di vino rosso dal loro bicchiere. La mamma mi ha tagliato il cibo a pezzetti nel piatto e mi ha passato un po' anche del suo.

"Così diventi grande - diceva golosamente nel guardarmi mangiare.

Ed era felice, la mamma bambina, e anche il sole era felice e girava e girava, e gli animali nelle stalle rivoltavano quieti la paglia e le mosche ronzavano lucenti e le vespe rovistavano i grappoli, e ancora il sole girava e girava in cielo con le campane del mezzogiorno, e un treno di ferro e di fumo passava tra i fiori dei campi, il torrente cantava, e le rane le libellule le bisce i fagiani, la frutta calda e matura, l'acqua verde dei pozzi, e la luce l'amore e i sorrisi, sarà estate per sempre e noi, anche noi per sempre qui.


torna a Racconti