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Stavros stava per morire. Forse non in giornata, magari addirittura fra qualche
mese, ma ormai ne era certo, dato che non aveva più voglia di vivere. Il
suo fisico era vecchio, vecchio e sano, anche se pieno di crepe, e sarebbe resistito
ancora per un po', finché il cuore non si fosse deciso a capire che
ormai batteva a vuoto. Quella notte Stavros non aveva dormito, perché l'dea
di aver deciso di morire lo aveva impegnato ad una pungente preoccupazione. Era
rimasto sveglio a riflettere sulla necessità di avvisare i suoi figli e
di dire loro le ultime verità. La stanza era fresca, e la finestra un buco
nella calce bianca, perché a Maria era sempre piaciuto lasciar entrare
l'aria delle stelle notturne quando dormiva. Ormai era morta da tanto tempo
e lui trascorreva gran parte delle sue notti lasciandosi attraversare da quello
stesso alito di cielo buio mentre aspettava inerme la tregua di un sonno.
Si alzò all'alba, nel silenzio rosato e nitido dell'isola,
e si portò a sedere fuori, con passi sfiniti, sulla panca sotto il grande
fico del cortile. Da una sbrecciatura del muretto intravedeva, giù dallo
strapiombo di erbe giallastre e sassi carsici, la riga netta e abbacinante dell'Egeo.
Neanche una barca, una nave, una petroliera. Niente vele, nessun marinaio all'orizzonte:
tutti già rientrati, o tutti in viaggio lontani da lì, su altre
rotte. L'isola era gelosa della sua solitudine e sfuggiva alle carte nautiche.
Non aveva un nome per i turisti, ma i suoi abitanti l'avevano sempre chiamata
L'Isola, perché era la sola che conoscevano. Stavros ci aveva vissuto
tutta la vita, facendo il vasaio e allevando capre. Ormai i suoi vasi non servivano
più perché tutti gli isolani ne erano provvisti, e le capre se la
cavavano come sempre da sole. Ogni tanto bisognava contarle e a quello ormai ci
pensavano i suoi figli. Lui cosa faceva? Si alzava la mattina presto, vagava per
la casa e il cortile a riguardarsi ogni giorno con nostalgia tutte le sue cose
vecchie e consumate, mangiava sempre meno, dormiva quasi niente. Era vecchio e
sano, e per morire doveva aspettare ancora.
"Che fai, padre?".
"Ero sveglio, sai com'è".
Lenio portava il secchio di mangime alle galline attraverso il cortile. Era
sempre la prima ad alzarsi, la prima dopo di lui. Si legava un fazzoletto sui
capelli e si infilava gli stivaletti di gomma. Come faceva Maria.
"Ti porto latte e pane, padre. Tra un attimo".
"Non occorre, non ho fame".
Un gatto bianco e nero scivolò dentro da un pertugio del muretto, percorse
di sbieco l'acciottolato sconnesso dirigendosi verso l’angolo in
ombra e lì si accasciò morbidamente a riposare i vagabondaggi
notturni. Lenio per rientrare lo scavalcò salutandolo con ruvida tenerezza
e si soffermò un attimo a controllargli i segni delle zuffe sulle orecchie
mordicchiate. Stavros la sentì parlare con qualcuno, in cucina, e capì
che erano alzati anche gli altri. Il cuore gli fece una lunga pausa in petto
prima di ricadere giù con un tonfo e riprendere a sbatacchiare senza
ritmo sotto la camicia scolorita.
(Ora li chiamo. Ora gli parlo. Maria perdonami
ma ora lo faccio)
"Lenio".
"Padre?"
"Sono svegli i tuoi fratelli?"
(Ora li faccio venire qui, attorno a me, Maria, sotto il fico del nostro cortile,
e glielo dico. Altrimenti non potrò mai morire, se non lo faccio. Capisci,
vero?)
"Venite qua, ragazzi. Tutti. Vostro padre deve parlarvi. Anche tu Lenio,
lascia stare la cucina. Può darsi che oggi nessuno abbia voglia di mangiare".
Erano cinque, belli e forti tranne Lenio che era l'unica femmina e sembrava
un po' troppo piccola e bassa rispetto agli altri. Era nata male, molto
in fretta e senza giudizio, ed era andata così che Maria era morta. Ma
ormai.
"Volevo dirvi che sono arrivato all'età in cui si muore…
no, non volevo dire così, volevo dire che alla mia età non fa
molta differenza morire o no, quindi se posso scegliere sceglierei di morire.
Finché sto bene e non sono ancora un peso per voi. Ma lo sono per me,
non so se capite. No, non capite. E' giusto".
Tacevano. Non capivano. Avevano tutti capelli neri, occhi scuri, braccia abbronzate
e gambe forti. Lo guardavano con rughe di dolorosa incomprensione sulla fronte
ma per rispetto e per amore non lo interrompevano.
"E così, siccome morirò anche se non è ancora detto
quando, prima ho deciso... vostra madre e io abbiamo deciso, di dirvi certe
cose... che non sapete... e che avete diritto di sapere".
Ecco, ora doveva per forza andare avanti, fino in fondo. Tra poco il sole avrebbe
dilagato senza misericordia sul cortile rimbalzando dai muri bianchi della casa
e la vasta ombra del fico non sarebbe più bastata a difenderli. E Stavros
sentiva che non avrebbe potuto dire loro quel che andava detto se non lì
fuori, sotto quel fogliame che filtrava il cielo e ricamava di arabeschi di
luce il selciato.
"Quando non ci sarò più vi ricorderete per sempre di oggi.
Delle cose che vi dirò. Ma forse sarebbe meglio per voi che le dimenticaste,
anzi vi suggerisco da subito di farlo. Sono solo parole, e non dovreste lasciare
che vi cambino la vita".
Lenio era attenta e infelice, avrebbe voluto essere mandata in cucina a scaldare
il latte e a tagliare il pane per la colazione, come devono fare le donne, e
lasciare gli uomini a parlare da soli. Non era certa di poter capire. Guardò
intimidita i suoi fratelli cercando uno scampo ma nessuno di loro sapeva aiutarla.
Erano immobili e diffidenti come lei, ognuno solo e spaventato come gli altri.
"Tu, Alexis. Sei il primo. Volevo un maschio, per primo, e tua madre
mi ha dato te. Lo volevo forte e coraggioso, e tua madre mi ha dato te. Da bambino
ti arrampicavi dietro le capre senza paura. Da ragazzo spaccavi pietre come
un uomo. Oggi sei tu che ormai decidi per la famiglia. La figlia di Ari ti piace,
la sposerai. Io e Ari abbiamo litigato migliaia di volte per sciocchezze, ora
lui ti darà sua figlia e io gli darò mio figlio e così
i vecchi saranno liberi di non litigare più".
Alexis era a disagio. Con un braccio si era appeso ad un ramo basso e girò
il viso appoggiando il mento sulla spalla per guardare altrove.
"Nikos. Tu fai dei bei vasi, quasi come i miei, solo che ormai qui nell'Isola
tutti hanno tutti i vasi che gli occorrono e siccome sono poveri stanno attenti
a non spaccarne neanche uno per non doverne comprare di nuovi. Ma i vasi che
fai tu non sono di quelli che servono a metterci dentro le olive o le erbe seccate.
Tu fai vasi che danno solo piacere a guardarli, perché sono belli. Io
volevo un figlio artista, e tua madre mi ha dato te".
Nikos guardava imbarazzato per terra, dove i piedi negli zoccoli seguivano incerti
labirinti.
"Panaghios, quando sei nato avevi già lunghi capelli nerissimi,
come un pope, perché io avevo chiesto a tua madre un figlio che servisse
Nostro Signore, e lei mi diede te. L'anno prossimo se vorrai potrai andare
al Monastero, i soldi ormai li ho messi via quasi tutti. Sono nel baule di tua
madre, in una scatola di legno d'olivo col tuo nome sopra. Ce n'è
una per ognuno di voi, beninteso " aggiunse abbracciandoli tutti con lo
sguardo.
E Panaghios sussultò dentro il cuore senza farsi vedere perché
si vergognava a gioire per la sua fede.
"Tu Dimitri a sei anni sei scappato di casa e ti sei nascosto... -
alzò faticosamente lo sguardo verso i rami contorti del tetto di foglie
che li copriva - qui, quassù, zitto zitto un intero pomeriggio.
Tua madre ti aveva visto e ogni tanto controllava dalla finestra che non ti
facessi del male, ma stette al gioco e ti lasciò vivere la tua fuga,
perché io le avevo chiesto un figlio avventuroso e lei mi aveva dato
te. Quando avrai l'età potrai fare il marinaio e io, ovunque sarò,
saprò che sei felice".
Dimitri si passò un dito umido di saliva su un ginocchio raspato e così
evitò gli occhi comprensivi del vecchio.
"E la mia piccola Lenio, tu, bambina, vieni qua, vieni più vicina.
Siediti, questa panca l'ho fatta per tua madre e per me, pochi giorni
prima che ci sposassimo, perché sognavo di passare molte sere sotto quest'ombra
a guardarla aggirarsi serena col grembo pieno dei miei figli... Tu Lenio
sei nata perché dopo quattro maschi ho voluto avere una femmina, perché
non mi bastava tutto quello che avevo già avuto e volevo qualcosa di
più. Così ancora una volta l'ho chiesto a tua madre e lei
mi ha dato te. E siccome dopo non aveva più niente da darmi perché
avevo avuto proprio tutto, lei se n'è andata. E' morta e
mi ha lasciato voi. Tutto quello che le avevo chiesto. Mi ero solo dimenticato
di chiederle di restare ancora con me. Forse avrebbe saputo fare anche quello".
"Padre".
Lenio ora aveva le lacrime agli occhi, ma non se ne vergognava perché
le femmine possono piangere e anche perché era sempre più spaventata.
"Padre, cos'hai?"
"Niente, mia cara. Sono vivo e sto bene. Ho solo nostalgia, ma non si
muore".
(Maria, adesso è il momento. Adesso o mai più. Fin qui è
stato difficile ma non c'è confronto. Lasciamelo fare. Fidati di
me. Fidati di loro.)
"C'è un'altra cosa. E' importante. No, anzi,
non è per niente importante se voi non volete che lo sia. Dipende da
voi. Vorrei darvi tempo per prepararvi ma non sono sicuro che servirebbe, e
forse non ne ho più tanto neanche per me. Voi invece ne avete a sufficienza
per abituarvi a vivere fino ad esserne sazi, come sono io. Io, che non sono
vostro padre. No. Di nessuno di voi cinque. Nessuno di voi cinque, capite ?
Nessuno di voi è stato generato da me, io ero troppo vecchio quando Maria
mi volle. Lei lo sapeva. Mi volle lo stesso. Era giovane, era bella e sicura.
Io non seppi dirle di no, nessun uomo avrebbe saputo. Ho costruito questa casa
di pietre in cima all'Isola, questo cortile dove piantare un albero di
fico, questa panca dove sedermi a suonare il mio santuri la domenica con queste
mani da vasaio, e ogni volta che ho voluto un figlio l'ho chiesto a vostra
madre e lei me l'ha dato. Andava giù alla locanda sul mandracchio
a rifare le stanze d'estate, e in primavera mi dava un figlio. Tu Alexis
sei figlio di un americano che costruiva strade e ponti. Tu Nikos, tuo padre
era europeo non so di dove ma dipingeva bei quadri. Panaghios, anche tuo padre
era americano, un pastore protestante di quelli che non fanno voto di castità,
o forse sì ma comunque in vacanza quei voti non sono validi. Per avere
Dimitri vostra madre ha scelto un inglese che era arrivato fin qui su uno di
quei panfili dei ricchi, mentre gli altri erano tutti capitati qui con i battelli
delle gite turistiche dal Pireo. E Lenio, la mia piccola Lenio, tuo padre deve
essere stato un ladro, mia cara, un gran ladro, perché mi rubò
tua madre. Diceva di essere uno scrittore ma era solo un maledettissimo fottuto
ladro. Ecco. Ecco tutto. Io come vedete - e se mi credete - non
sono vostro padre. Vi ho solo desiderati. Poi vi ho cresciuti. E sempre vi ho
amati".
Faceva caldo. Le cicale cominciarono. Il gatto si ritirò in un'ombra
più fonda. Il riflesso del mare era troppo intenso e il blu dell'orizzonte
ne era rimasto inghiottito. Anche il fogliame del vecchio fico era afoso. La
porta spalancata della casa era fresca e buia come un pozzo.
"Non ci credo".
"Mi dispiace. E' la verità".
"Non ci credo - ribadì Alexis. Voi ci credete?"
Lenio piangeva dolcemente, senza rumore e senza dolore.
Nessuno rispose. Alexis non poteva arrendersi:
"Io non ci credo. Guardatevi, guardiamoci ; siamo tutti così simili,
siamo... si vede che siamo fratelli, si vede da lontano. Siamo tutti così
simili a lui, non vedete? Lo dicono tutti. Il ritratto di Stavros. Il ritratto
di nostro padre".
Lenio levò lo sguardo bagnato e con infinita dolcezza gli rispose:
"E' perché lei lo amava".
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