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I figli di Stavros

R.Dufy - 14 luglio a Deauville, 1933

Stavros stava per morire. Forse non in giornata, magari addirittura fra qualche mese, ma ormai ne era certo, dato che non aveva più voglia di vivere. Il suo fisico era vecchio, vecchio e sano, anche se pieno di crepe, e sarebbe resistito ancora per un po', finché il cuore non si fosse deciso a capire che ormai batteva a vuoto. Quella notte Stavros non aveva dormito, perché l'dea di aver deciso di morire lo aveva impegnato ad una pungente preoccupazione. Era rimasto sveglio a riflettere sulla necessità di avvisare i suoi figli e di dire loro le ultime verità. La stanza era fresca, e la finestra un buco nella calce bianca, perché a Maria era sempre piaciuto lasciar entrare l'aria delle stelle notturne quando dormiva. Ormai era morta da tanto tempo e lui trascorreva gran parte delle sue notti lasciandosi attraversare da quello stesso alito di cielo buio mentre aspettava inerme la tregua di un sonno.
Si alzò all'alba, nel silenzio rosato e nitido dell'isola, e si portò a sedere fuori, con passi sfiniti, sulla panca sotto il grande fico del cortile. Da una sbrecciatura del muretto intravedeva, giù dallo strapiombo di erbe giallastre e sassi carsici, la riga netta e abbacinante dell'Egeo. Neanche una barca, una nave, una petroliera. Niente vele, nessun marinaio all'orizzonte: tutti già rientrati, o tutti in viaggio lontani da lì, su altre rotte. L'isola era gelosa della sua solitudine e sfuggiva alle carte nautiche. Non aveva un nome per i turisti, ma i suoi abitanti l'avevano sempre chiamata L'Isola, perché era la sola che conoscevano. Stavros ci aveva vissuto tutta la vita, facendo il vasaio e allevando capre. Ormai i suoi vasi non servivano più perché tutti gli isolani ne erano provvisti, e le capre se la cavavano come sempre da sole. Ogni tanto bisognava contarle e a quello ormai ci pensavano i suoi figli. Lui cosa faceva? Si alzava la mattina presto, vagava per la casa e il cortile a riguardarsi ogni giorno con nostalgia tutte le sue cose vecchie e consumate, mangiava sempre meno, dormiva quasi niente. Era vecchio e sano, e per morire doveva aspettare ancora.

"Che fai, padre?".
"Ero sveglio, sai com'è".
Lenio portava il secchio di mangime alle galline attraverso il cortile. Era sempre la prima ad alzarsi, la prima dopo di lui. Si legava un fazzoletto sui capelli e si infilava gli stivaletti di gomma. Come faceva Maria.
"Ti porto latte e pane, padre. Tra un attimo".
"Non occorre, non ho fame".
Un gatto bianco e nero scivolò dentro da un pertugio del muretto, percorse di sbieco l'acciottolato sconnesso dirigendosi verso l’angolo in ombra e lì si accasciò morbidamente a riposare i vagabondaggi notturni. Lenio per rientrare lo scavalcò salutandolo con ruvida tenerezza e si soffermò un attimo a controllargli i segni delle zuffe sulle orecchie mordicchiate. Stavros la sentì parlare con qualcuno, in cucina, e capì che erano alzati anche gli altri. Il cuore gli fece una lunga pausa in petto prima di ricadere giù con un tonfo e riprendere a sbatacchiare senza ritmo sotto la camicia scolorita.

(Ora li chiamo. Ora gli parlo. Maria perdonami ma ora lo faccio)

"Lenio".
"Padre?"
"Sono svegli i tuoi fratelli?"

(Ora li faccio venire qui, attorno a me, Maria, sotto il fico del nostro cortile, e glielo dico. Altrimenti non potrò mai morire, se non lo faccio. Capisci, vero?)

"Venite qua, ragazzi. Tutti. Vostro padre deve parlarvi. Anche tu Lenio, lascia stare la cucina. Può darsi che oggi nessuno abbia voglia di mangiare".
Erano cinque, belli e forti tranne Lenio che era l'unica femmina e sembrava un po' troppo piccola e bassa rispetto agli altri. Era nata male, molto in fretta e senza giudizio, ed era andata così che Maria era morta. Ma ormai.
"Volevo dirvi che sono arrivato all'età in cui si muore… no, non volevo dire così, volevo dire che alla mia età non fa molta differenza morire o no, quindi se posso scegliere sceglierei di morire. Finché sto bene e non sono ancora un peso per voi. Ma lo sono per me, non so se capite. No, non capite. E' giusto".
Tacevano. Non capivano. Avevano tutti capelli neri, occhi scuri, braccia abbronzate e gambe forti. Lo guardavano con rughe di dolorosa incomprensione sulla fronte ma per rispetto e per amore non lo interrompevano.
"E così, siccome morirò anche se non è ancora detto quando, prima ho deciso... vostra madre e io abbiamo deciso, di dirvi certe cose... che non sapete... e che avete diritto di sapere".
Ecco, ora doveva per forza andare avanti, fino in fondo. Tra poco il sole avrebbe dilagato senza misericordia sul cortile rimbalzando dai muri bianchi della casa e la vasta ombra del fico non sarebbe più bastata a difenderli. E Stavros sentiva che non avrebbe potuto dire loro quel che andava detto se non lì fuori, sotto quel fogliame che filtrava il cielo e ricamava di arabeschi di luce il selciato.
"Quando non ci sarò più vi ricorderete per sempre di oggi. Delle cose che vi dirò. Ma forse sarebbe meglio per voi che le dimenticaste, anzi vi suggerisco da subito di farlo. Sono solo parole, e non dovreste lasciare che vi cambino la vita".
Lenio era attenta e infelice, avrebbe voluto essere mandata in cucina a scaldare il latte e a tagliare il pane per la colazione, come devono fare le donne, e lasciare gli uomini a parlare da soli. Non era certa di poter capire. Guardò intimidita i suoi fratelli cercando uno scampo ma nessuno di loro sapeva aiutarla. Erano immobili e diffidenti come lei, ognuno solo e spaventato come gli altri.
"Tu, Alexis. Sei il primo. Volevo un maschio, per primo, e tua madre mi ha dato te. Lo volevo forte e coraggioso, e tua madre mi ha dato te. Da bambino ti arrampicavi dietro le capre senza paura. Da ragazzo spaccavi pietre come un uomo. Oggi sei tu che ormai decidi per la famiglia. La figlia di Ari ti piace, la sposerai. Io e Ari abbiamo litigato migliaia di volte per sciocchezze, ora lui ti darà sua figlia e io gli darò mio figlio e così i vecchi saranno liberi di non litigare più".
Alexis era a disagio. Con un braccio si era appeso ad un ramo basso e girò il viso appoggiando il mento sulla spalla per guardare altrove.
"Nikos. Tu fai dei bei vasi, quasi come i miei, solo che ormai qui nell'Isola tutti hanno tutti i vasi che gli occorrono e siccome sono poveri stanno attenti a non spaccarne neanche uno per non doverne comprare di nuovi. Ma i vasi che fai tu non sono di quelli che servono a metterci dentro le olive o le erbe seccate. Tu fai vasi che danno solo piacere a guardarli, perché sono belli. Io volevo un figlio artista, e tua madre mi ha dato te".
Nikos guardava imbarazzato per terra, dove i piedi negli zoccoli seguivano incerti labirinti.
"Panaghios, quando sei nato avevi già lunghi capelli nerissimi, come un pope, perché io avevo chiesto a tua madre un figlio che servisse Nostro Signore, e lei mi diede te. L'anno prossimo se vorrai potrai andare al Monastero, i soldi ormai li ho messi via quasi tutti. Sono nel baule di tua madre, in una scatola di legno d'olivo col tuo nome sopra. Ce n'è una per ognuno di voi, beninteso " aggiunse abbracciandoli tutti con lo sguardo.
E Panaghios sussultò dentro il cuore senza farsi vedere perché si vergognava a gioire per la sua fede.
"Tu Dimitri a sei anni sei scappato di casa e ti sei nascosto... - alzò faticosamente lo sguardo verso i rami contorti del tetto di foglie che li copriva - qui, quassù, zitto zitto un intero pomeriggio. Tua madre ti aveva visto e ogni tanto controllava dalla finestra che non ti facessi del male, ma stette al gioco e ti lasciò vivere la tua fuga, perché io le avevo chiesto un figlio avventuroso e lei mi aveva dato te. Quando avrai l'età potrai fare il marinaio e io, ovunque sarò, saprò che sei felice".
Dimitri si passò un dito umido di saliva su un ginocchio raspato e così evitò gli occhi comprensivi del vecchio.
"E la mia piccola Lenio, tu, bambina, vieni qua, vieni più vicina. Siediti, questa panca l'ho fatta per tua madre e per me, pochi giorni prima che ci sposassimo, perché sognavo di passare molte sere sotto quest'ombra a guardarla aggirarsi serena col grembo pieno dei miei figli... Tu Lenio sei nata perché dopo quattro maschi ho voluto avere una femmina, perché non mi bastava tutto quello che avevo già avuto e volevo qualcosa di più. Così ancora una volta l'ho chiesto a tua madre e lei mi ha dato te. E siccome dopo non aveva più niente da darmi perché avevo avuto proprio tutto, lei se n'è andata. E' morta e mi ha lasciato voi. Tutto quello che le avevo chiesto. Mi ero solo dimenticato di chiederle di restare ancora con me. Forse avrebbe saputo fare anche quello".

"Padre".
Lenio ora aveva le lacrime agli occhi, ma non se ne vergognava perché le femmine possono piangere e anche perché era sempre più spaventata.
"Padre, cos'hai?"
"Niente, mia cara. Sono vivo e sto bene. Ho solo nostalgia, ma non si muore".

(Maria, adesso è il momento. Adesso o mai più. Fin qui è stato difficile ma non c'è confronto. Lasciamelo fare. Fidati di me. Fidati di loro.)

"C'è un'altra cosa. E' importante. No, anzi, non è per niente importante se voi non volete che lo sia. Dipende da voi. Vorrei darvi tempo per prepararvi ma non sono sicuro che servirebbe, e forse non ne ho più tanto neanche per me. Voi invece ne avete a sufficienza per abituarvi a vivere fino ad esserne sazi, come sono io. Io, che non sono vostro padre. No. Di nessuno di voi cinque. Nessuno di voi cinque, capite ? Nessuno di voi è stato generato da me, io ero troppo vecchio quando Maria mi volle. Lei lo sapeva. Mi volle lo stesso. Era giovane, era bella e sicura. Io non seppi dirle di no, nessun uomo avrebbe saputo. Ho costruito questa casa di pietre in cima all'Isola, questo cortile dove piantare un albero di fico, questa panca dove sedermi a suonare il mio santuri la domenica con queste mani da vasaio, e ogni volta che ho voluto un figlio l'ho chiesto a vostra madre e lei me l'ha dato. Andava giù alla locanda sul mandracchio a rifare le stanze d'estate, e in primavera mi dava un figlio. Tu Alexis sei figlio di un americano che costruiva strade e ponti. Tu Nikos, tuo padre era europeo non so di dove ma dipingeva bei quadri. Panaghios, anche tuo padre era americano, un pastore protestante di quelli che non fanno voto di castità, o forse sì ma comunque in vacanza quei voti non sono validi. Per avere Dimitri vostra madre ha scelto un inglese che era arrivato fin qui su uno di quei panfili dei ricchi, mentre gli altri erano tutti capitati qui con i battelli delle gite turistiche dal Pireo. E Lenio, la mia piccola Lenio, tuo padre deve essere stato un ladro, mia cara, un gran ladro, perché mi rubò tua madre. Diceva di essere uno scrittore ma era solo un maledettissimo fottuto ladro. Ecco. Ecco tutto. Io come vedete - e se mi credete - non sono vostro padre. Vi ho solo desiderati. Poi vi ho cresciuti. E sempre vi ho amati".

Faceva caldo. Le cicale cominciarono. Il gatto si ritirò in un'ombra più fonda. Il riflesso del mare era troppo intenso e il blu dell'orizzonte ne era rimasto inghiottito. Anche il fogliame del vecchio fico era afoso. La porta spalancata della casa era fresca e buia come un pozzo.

"Non ci credo".
"Mi dispiace. E' la verità".
"Non ci credo - ribadì Alexis. Voi ci credete?"
Lenio piangeva dolcemente, senza rumore e senza dolore.
Nessuno rispose. Alexis non poteva arrendersi:
"Io non ci credo. Guardatevi, guardiamoci ; siamo tutti così simili, siamo... si vede che siamo fratelli, si vede da lontano. Siamo tutti così simili a lui, non vedete? Lo dicono tutti. Il ritratto di Stavros. Il ritratto di nostro padre".

Lenio levò lo sguardo bagnato e con infinita dolcezza gli rispose:
"E' perché lei lo amava".


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