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Del più e del meno

R.Magritte - L'umana condizione, 1935

Così - pare - non si poteva più andare avanti, ed è stato allora che ho accettato il consiglio.
Più che consiglio, una diffida: non si può dire che mi abbiano lasciato scelta.
Vabbè, ho pensato, proviamo, chissà mai che abbiano ragione e che magari dopo si stia meglio.

Insomma, ho cominciato e adesso sto continuando.
Vado da loro tutti i giorni, sto cercando di essere costante e puntuale. Sono gentili e parlano poco, ma mi mettono a mio agio. Devo solo stendermi su una poltrona ergonomica molto ma molto confortevole e indossare le cuffie. Immediatamente chiudo gli occhi e mi entra una musica, il che è già una buona anzi ottima cosa.
Una musica che non riesco mai a riconoscere, ma molto rilassante. Profumata perfino.
Ipnotica, è la parola.
Mi ricorda vagamente qualcosa ma non saprei cosa, colori e spessori, paesaggi o vuoti, non è identificabile.
Il secondo giorno ho chiesto se si poteva avere una copia del nastro, per sentirlo anche a casa magari la sera, o la notte quando fatico a prender sonno.
Dicono di no, che non è in commercio, che fa parte del programma e non si può divulgare.
E dicono anche che fuori dall'Istituto perderebbe comunque ogni efficacia.
Insomma mi hanno messa a tacere subito.
Mentre sto con gli occhi chiusi e quella musica che mi cammina addosso, loro fanno quel che devono fare. Dura un'oretta ed è del tutto indolore. E' come stare sotto il casco della parrucchiera, grosso modo.
Non ho mai visto come fanno quello che fanno.
Avranno dei macchinari, suppongo, nell'altra stanza, o forse nei sotterranei. Macchinari cromati con molti tubi e raccordi e valvole e monitor di controllo. Deve trattarsi di una tecnologia molto avanzata, dato che su di me non usano siringhe né sonde né elettrodi. Niente, solo un'ora del mio tempo, semi-distesa ad ascoltare suoni di nuvole e vette di montagne, o fondali di velluto o rocce al sole, quello che mi pare di sentire.
Non ho mai visto quello che fanno ma so che lo fanno con cautela e a piccole tappe, un po' per volta.
Per questo devo tornare ogni giorno: perché un'eradicazione totale e definitiva non è pensabile, i risultati potrebbero essere disastrosi.
Quindi, un pezzo alla volta, con calma, seguendo un ordine preciso. Niente a caso e niente di fretta.
Hanno, pare, dei protocolli studiati apposta..
Però mi hanno assicurato che in questo modo, oltre a non correre rischi, avvertirò i benefici con più lucidità, uno per uno, invece che esserne sopraffatta a valanga.
E va bene.

Io però sinceramente finora non sento nessun cambiamento.
Ho chiesto - dopo un certo numero di sedute - quanto ci vorrà ancora, ma di nuovo sono stati evasivi.
Il tempo che ci vorrà è il tempo che ci vorrà, chi può dirlo? Non sono mica stregoni.
Qui c'è da togliere un difetto importante, un difetto di vecchia data, che si è ramificato pigramente un po' qua e un po' là. Ci vuol pazienza e accortezza. Il procedimento ha i suoi tempi, che non si possono forzare.
Certo, se non sono soddisfatta si sono detti pronti a interrompere quando voglio, non sono mica obbligata, non è certo una questione vitale, non è una 'malattia'.
Non si muore, insomma.
Si può anche scegliere di restare così e buonanotte.
Però sarebbe un peccato, ora che si è cominciato.
E poi alla fine li ringrazierò e sarò contenta di aver creduto in loro, quando mi riscoprirò un'altra.

Chissà come sarà fatta, questa altra.
Perché non è una questione fisica, è chiaro, no?
E' una questione di dentro, non so come spiegarlo.
E' il dentro che non è a posto.
Il fuori tiene benissimo, non è in discussione.
E' quel benedetto dentro che è difettoso.
A voler essere pignoli.
Così, visto che sono un'ottimista, li lascio fare e, anche se trovo il tutto un po' noioso e inconcludente, continuo 'sta cosa incomprensibile di farmi rimuovere quel dentro lì in cambio di un dentro più... più?
Più.


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