|
Ultimamente va meglio. Riesco a stare alzata più a
lungo, su una sedia con lo schienale imbottito che mi sono fatta sistemare accanto
alla vetrata. Mi portano vicino le cose che potrebbero servirmi, ago filo ditale,
un libro da cominciare, occhiali per capire. I fiori sul davanzale cambiano
spesso, l'altro giorno li ho desiderati bianchi, e bianchi li ho avuti. Si fanno
in quattro per me, e questo mi aiuta. Deve essere stato tremendo per loro accorgersi
che io non ero più in grado di farcela come prima e accettare l'idea
di farmi vedere da uno specialista. All'inizio qualcuno era contrario, diceva
che erano solo esagerazioni, che era un momento e poi sarebbe passato. Ma siccome
non passava alla fine tutti d'accordo mi han fatto visitare e la diagnosi è
venuta a galla chiara come il sole: lei è stanca. Lei non ce la fa più.
Lei ha esaurito la voglia, l'entusiasmo, la forza per tutti voi. Lei ora deve
riposare e recuperare. Voi ora dovete arrangiarvi un po' da soli.
Un colpo basso, un incubo.
Posso capirli, non se l'aspettavano, non avevano mai immaginato che la vita
fosse una per ciascuno. Che non fosse a me che dovevano delegare le loro, di vite.
Che non fossero miei i loro pesi. Un bell'affare, una gran bella disillusione.
Non so come abbiano fatto a perdonarmela, certo il professore gli avrà
spiegato che c'era poco da prendersela, che ormai era così e pace.
Oppure si saranno fatti aiutare anche loro da altri specialisti, non lo so. Per
quei mesi io non c'ero, ero via a curarmi, di sopra, nella mia stanza, con
il mio sonno. Ho dormito per tutto il tempo che il professore ha permesso, anche
qualcosa di più. E' bastato che mi dicesse:
"Quando vuole come vuole cominci pure".
e io - di solito insonne - mi sono messa giù subito lì sul
momento, ero sul divano lo ricordo benissimo col giornale accanto e una coperta
aggrovigliata ai miei piedi.
"Anche adesso?"
Non ci potevo credere, ma lui mi assicurava di sì. E io mi sono fidata,
gli ho dato retta. Ora o mai più, devo aver pensato in quell'ultimo
istante. Mi sono girata verso lo schienale, le ginocchia piegate e la mano come
al solito davanti alla bocca, e da allora ho dormito, ininterrottamente, sempre
dormito un gran bel buio senza rumori senza colori senza aghi né spine,
ho dormito proprio da dio per tutto il tempo che ho voluto.
Se ho smesso è solo perché mi ero stancata di dormire e volevo guardar
fuori.
Li ho avuti tutti subito attorno, non credevano ai loro occhi, commossi, quasi
piangevano di sollievo. Stavano tutti bene, un po' più tristi, un po'
più fiacchetti di prima, ma nel complesso stavano bene. Continuavano
a chiedermi ora cosa vuoi fare, ti portiamo qualcosa da mangiare, ti va un tè,
sapessi quante cose ti sei persa, vedessi il giardino, vedessi quanta posta,
insistevano perché vedessi tutto, tutte le novità, ma io sorridevo
e li guardavo e li ascoltavo senza dire niente fino alla fine, e quando finalmente
li ho visti tacere e restare appesi alle mie labbra per avere finalmente la
mia risposta ho mormorato:
"Mi alzo solo un attimo per prova, poi torno a letto".
Adesso ho deciso che continuerò così per un altro po', perché
ho scoperto che fa bene a me e anche a loro.
torna a Racconti
|