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Capolinea |
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Scendono al capolinea, un piazzale con
erbacce e una cerchia di palazzoni popolari, in fondo un tramonto che
comincia poi si ferma di nuovo, e resta lì. (la fabbrica, la tuta blu, le cuffie. Lui si alza presto per prendere il primo caffè e il primo autobus. Siede dietro il guidatore e lo invidia, lui che non ha mai viaggiato) "Ma quando arriva 'sta primavera..." (oggi le si è inceppato il rotolino di carta della cassa. La gente in coda sbuffava. Lei si è fatta aiutare da una collega perché l'ansia le faceva sudare le mani. Poi ha continuato, ma era arrossita) "Neanche un bar per bere qualcosa". (i ragazzini e un pallone in un cortile. Lui li guarda e intanto si dimentica di bere e si ricorda la fabbrica. Anche lì hanno un pallone per la pausa pranzo, e i ragazzini per giocarci sono uomini cresciuti a stento. E' il momento di tirare su un breve fiotto dalla cannuccia e passare la mano) "Mi stavi guardando?" (visto da dietro lui è così giovane, assomiglia a suo fratello Lei si nascondeva ma c'erano pochi posti. Di solito la trovava appiattita fra l'armadio e il termosifone, e dopo un po' non c'era più gusto a fare quel gioco. E dopo un altro po' avevano smesso di essere bambini, e si parlavano meno) "Io a scuola ero brava in italiano.
Quando ero alle medie hanno messo un mio tema sul giornalino di classe". Ma quel cielo tra i palazzi e i pochi alberi ancora spogli... quel cielo non cambia ancora. E' una lavagna azzurra e grigia con disegni di nuvole nebbiose in orizzontale, e dietro un po' di arancio soffuso che non si spegne. Un cane rasenta i muri e sparisce dietro un angolo. Una finestra si accende per qualche istante, poi qualcuno spegne la luce. "Ci vai al cinema?" (la domenica c'è da fare. Bisogna
aiutare in casa, il papà è di cattivo umore e ha sempre
quel mal di testa. Le piacerebbe ascoltare musica mentre riordina la sua
stanza, ma non si può disturbare. La domenica non le appartiene. "Quanti anni hai?" Lei glielo dice. Gli stessi suoi. Dalla parte opposta del piazzale la strada
va in lieve discesa. Si sente un altro autobus che arriva a dare il cambio,
e il primo riparte. I pochi che scendono si infilano in cancelli diversi
senza guardarsi. "Da quanto tempo ci conosciamo?" Il pomeriggio si è disteso definitivamente
su una riga bassa di ardesia. Strani ritmi, quelli del Tempo. A seguirli
ci si perde, o a volte ci si trova, da qualche parte di un universo comunque
improbabile, di solito alla sua periferia. Odore di diesel e calicanthus
appassiti ai bordi della città, mentre insieme alle finestre si
accende un lampione incerto. "Sapessi. torna a Racconti |