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Bohème

Lei, anima pallida e contorni slavati, distilla versi infiniti come cercando a ogni riga la chiusa più definitiva, quella che decreta il loro glorioso naufragio, ma ne esce solo la trama annaspante di un tentativo cieco, come di mosca che sbatte suicida su un vetro e non trova, non vede, la via.
Lui ha prose sanguigne che lo travolgono, inconscio, e traccia la sua furia su fogli facili a spiegazzarsi, a lacerarsi di inchiostro, votati al martirio che lui stesso consuma. Si sorprende ogni notte di esserne uscito vivo, e di questo brinda con l'ultimo bicchiere di un vino bluastro che chiazza indelebile.
Dicono, e vi sono testimonianze ancorché pelose, che furono una coppia, fuggevole e allucinata, sotto i portici di una provincia malamente illuminata la notte. Vagabondi si cercarono pur abbracciati, ma li distoglievano troppi incresciosi interrogativi, di quelli che implicano la realtà, l'identità, perfino il sesso. Dubito che si siano trovati mai, né che fosse questo lo scopo.
Lo scopo di gente così è forse collezionare su un tavolo traballante lunghi bicchieri vuoti e tazze di bucce e mozziconi, nei quali ravvisano l'arte che giurano li perseguiti. Trasformisti asessuati, non hanno età perché si sperano immortali, ma con tristezza io li vedo invecchiare, come me e più del vino delle mie botti. Uno di loro, ostinato sconfitto dalla grammatica, è come spina nel fianco all'altro, il barbogio saccente, che della sua irregolarità si rode, o al torvo artiste maudit che gli invidia l'euforia. Una, piuttosto, infligge angosce logorroiche a un uditorio colpevolmente indulgente, così come l'altra, quella tutta leggerezze naif, colpisce innocente candidi cuori predisposti.
I decani pontificano sdegno, i novelli reagiscono con disordine, poi patteggiano. E' una zuffa di ispirazioni ed egocentrici slanci, che sotterraneamente li affratella.
Molti ne ho visti, arruffati e sfrontati, accampare le loro nottate con libri malconci e chitarre, levando voci e risate e spesso spietati insulti verso le ombre del soffitto a volte. All'alba raccolgo i loro avanzi, gli stracci di scalze poesie, le tracce scarmigliate delle loro smanie. Di loro mi restano conti non pagati e sogni in sospeso, che presto una mano di bianco, sui muri fumosi della mia taverna maledetta, pietosamente cancellerà.


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