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Mah... forse stavo meglio prima.
Sì, voglio dire quando le cose erano tutte al loro solito posto, tutte
conosciute e con il loro bravo nome sopra, corridoio grigio, letto orientato
a nord, Mozart e Baglioni, la mia affezionata faccia da vecchia ragazza cocciuta
dentro lo specchio.
E poi tutte quelle calorie della millefoglie: il mio organismo devoto al digiuno
non sa come gestirle, tutta quella crema densa non è mica bastata a farmi
crescere il seno, e i miei capezzoli non hanno preso proprio per niente un goloso
aspetto di meringhe.
Il soffitto viola inoltre era bello così, avevo tanto insistito per averlo,
pensavo che solo io e Gino Paoli e Mina potessimo permetterci un soffitto così
romantico.
Gli alberi infiniti in fondo li ho già, al lati dello stradone da qui in
pianura fino a dove cominciano le montagne, lontano, dopo molti fiumi e paesi
e campi di mais.
E poi ero felice anche solo col glicine che dalla pergola mi sale sul davanzale,
e con le acacie dove si appollaiano i gatti stanchi di inseguire tortore.
La ghirlanda d'alloro, ora a guardarla meglio da sveglia, mi sembra una di quelle
corone che accompagnano i morti in cimitero, e fuor di metafora lo è.
Ma cosa credevano di fare, quei tarli?
Una passata di bianco e via, domani è un altro giorno?
Credevano alla bibbia di Harmony?
O che una donna come Camilla svendesse le rughe delle sue memorie per un incantesimo
da notte di Natale?
Ridatemi i miei ricordi sfilacciati come nuvole, e quelli pesanti come sassi,
perdio.
Rivoglio immediatamente i miei scarafaggi, e anche il mio mucchietto
di calcinacci di tutte le case in cui ho vissuto pezzi di me, e i frammenti
delle foto dei miei amati errori, li ricomporrò durante l'insonnia ma
a casaccio, come tessere di tanti puzzles mischiati insieme, e di quel che
verrà fuori voglio ben vedere se saprò o no ancora vivere.
Da me, a modo mio, da Camilla. Oh insomma.
Come sempre, o come finalmente voglio concedermi.
Cosa diceva quello?
Una sigaretta, e via.
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