20 novembre
Ieri, sapessi - era metà pomeriggio, il giorno cominciava a cadere
- si è levato un gran vento d'improvviso, un vento come qui non
c'è mai, un vento costiero. Ho dovuto fermare le imposte che sbattevano:
tonfi allarmanti, e quel fischio sordo, quel ruggito che si infilava giù
dal camino. Mi avvinghiava le spalle. Sapessi. Fuori c'era un sole che
ormai si abbassava, ma più pulito che mai, e una nuvola piccola,
una sola e rosa, un cencio strappato che si smembrava appeso alla punta
del campanile. Il cielo pareva essersi fatto più vasto, più
aperto: un cielo smisurato, sopra queste quattro case di paese. E tutte
quelle foglie secche che volavano come uccelli disorientati, e i gatti
euforici a rincorrerle, a tuffarsi nei vortici scompigliando tutto, gli
occhi attenti e sbarrati. Ho sentito mamme richiamare i figli e porte
che sbattevano per chiudere fuori l'inverno e i raffreddori; la vicina,
l'ho vista ritirare in gran fretta i vasi coi ciclamini dal davanzale
perché non cadessero, poi abbassare anche le persiane per sbarrarsi
dentro al sicuro. Come se fuori si fosse scatenato, non so, un nemico
malvagio, un nemico feroce. Il Male.
E invece era solo vento.
Per la strada ha fatto volare via con sé panni stesi approssimativamente
e cartacce. Volavano tovaglie e calzini e grembiuli di scuola, e volavano
cartocci vuoti di castagne e stagnola di caramelle, e biglietti di autobus
e cinema e scontrini del droghiere e note della spesa, e i memo coi numeri
di telefono dei figli, delle madri, degli amanti, e la brutta copia dei
compiti di scuola e i disegni del concorso parrocchiale e le promesse
del sindaco e quelle degli innamorati bugiardi, e perfino bollette della
luce, cambiali, contratti, dichiarazioni di fallimenti, minacce anonime,
auguri di compleanno e ingiurie.
E mentre sui marciapiedi e nei cortili e sulle terrazze e in mezzo perfino
ai nudi campi invernali la gente vagava dispersa, sospinta dalle violente
folate - capelli in subbuglio, sciarpe come fruste, giubbotti gonfi in
decollo, lacrime aspre dagli occhi e un peso sul petto da non poter respirare
- ecco che il matto - il matto del paese, il dolce innocente stordito
custode delle nostre amnesie tutte, lui che quando ci perdiamo non si
perde mai, ma c'è, c'è sempre, lui, il matto scalzo e solitario,
sì, lui - ecco che arriva dal suo chissàdove (un fienile,
un fosso, la tana di un animale selvatico, nessuno lo sa) e percorre la
strada giusto nel suo mezzo, la strada dove ora non passano più
le macchine, i carri, i trattori ma solo viaggiano allo sbando e volteggiano
e stridono i brindelli delle nostre trascurate vite, a pezzi, morsi, frammenti
e cocci, e lui, lui e nessun altro, con gesti veloci e mirati li acchiappa
tutti, uno dopo l'altro, strappandoli al vento da tutte le direzioni senza
farsene sfuggire nemmeno uno. Li prende lui, e orfani li consola fra quelle
mani brune, e sono santini del catechismo, orari dei treni, pubblicità
di artigiani, tagliandi di lotterie e pesche di beneficenza, ricette di
farmacia, la tesi di uno studente, le pagine di un registro di classe,
ricevute del Monte di Pietà, programmi di concerti e sapienti conferenze,
biglietti di aerei e pullman e viaggi organizzati in Perù, buoni
sconto del supermercato, e gli appunti di un giornalista, il romanzo di
un fallito, il rimario di un poeta senza idee, e i bozzetti di un pittore,
i progetti di un architetto, gli schizzi di una stilista, e l'arringa
di un avvocato e perfino la domanda di grazia di un assassino.
Molti fogli, volavano. Molti, anche miei. Le lettere che ho scritto a
te e mai spedito; parole strappate che gridavano nel vento, ciascuna da
sola, sradicata dalle altre, non più significante né utile.
Anche quelle ha raccolto, il matto gentile del paese, e mi è parso
che le accarezzasse. Ha ripulito la strada e le siepi dove le cartacce
si erano impigliate, e poi è sparito oltre l'incrocio che dà
sui campi, portandosi via tra le braccia anche quel vento di burrasca
che ci aveva tutti sconvolti così tanto, e quando è sceso
il sole è venuta una sera lucente e tersissima, con sapore di sentieri
alpestri e un profondo e musicale silenzio. Contro l'indaco dell'orizzonte
si sono levati lievi i fumi dei comignoli e alle finestre sono apparsi
i caldi bagliori della cena, come fosse una vigilia di festa, o la vigilia
di un tempo migliore.
Che sia freddo e sereno, questo inverno che viene.
Camilla
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