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Noi lo chiamiamo Gelsomino, ma così, tanto per dargli un nome, perché nessuno
sa quale sia quello vero. Gelsomino gli sta bene: è un nome mite
e sognante, e si adatta a questo omino buffo e senza età che non
si sa da dove venga ma passa ogni tanto a trovarci. Appare al momento giusto,
con quel suo giacchettino striminzito e, senza salutare nessuno – è molto
timido, proprio come un fiore di gelsomino –, si appollaia leggero
come una foglia su un muretto o in cima a un albero e comincia a suonare
il suo violino. Ogni volta ne esce una voce più dolce di quella del
coro dei bambini in chiesa, e le note si arrampicano serene e concordi fino
al cielo, inanellandosi al volo delle colombe o ai fiocchi di neve.
Quando in una casa nasce un bambino, si può essere certi di vederlo
sul tetto, appoggiato al comignolo, e di sentire una nenia tenera e delicata
come il tiepido latte della mamma, come le sue prime carezze.
Quando muore un vecchio, lo aspetta rispettosamente al cimitero, accoccolato
su una tomba un po' più in là, e accompagna le ultime preghiere
con una musica piena d'amore e di gratitudine. Non smette mai di sorridere
mitemente, anche mentre le lacrime gli rigano le guance.
Ai matrimoni suona delle struggenti Ave Maria a cavalcioni sulla balaustra
del coro, e poi alla festa sull'aia fa ballare sposi e parenti al ritmo
irresistibile delle sue mazurke.
Il giorno che è finita la guerra ha accolto i reduci dal cornicione
del municipio con note impazzite di gioia che hanno fatto dimenticare il
fango, il sangue, la fame e l'odio.
La notte che il fiume stava per tracimare ha riscaldato gli sfollati
con vecchie canzoni contadine affacciato alla cella campanaria, finché al
mattino la piena è passata.
A volte però non viene.
Non è venuto al matrimonio di Mazarina Fabricci Degli Uberti con
quell'aitante acrobata del circo molto più giovane di lei, e tutti
abbiamo avuto conferma che lui non la sposava per amore ma per soldi.
Non è venuto al funerale del Podestà, e tutti abbiamo capito
che non poteva perdonargli di essere un usuraio.
Non è venuto al battesimo dell'ultimo figlio del maestro, e tutti
abbiamo intuito che si era accorto di quanto somigliasse al vinaio.
Non viene per tutti, ma solo per quelli che lo meritano, gli onesti,
i semplici, i poveri, e quelli disposti a essere felici con poco. Ci
fa di questi regali, piccoli miracoli colorati ad acquerello, e poi sparisce
senza chiedere nulla. Nessuno sa dove stia nascosto; c'è chi dice
nel bosco, ma i bimbi, che hanno buoni occhi e la sanno più lunga
dei grandi, dicono di averlo visto levarsi nell'azzurro sopra i tetti,
i comignoli e il campanile, librandosi senza peso come un palloncino sfuggito
di mano.
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