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Il nonno mi fa sedere vicina e gli faccio su le sigarette nelle cartine.
Gli passo i francobolli prendendoli cauta con la pinzetta e guardiamo insieme
il cielo dietro la filigrana.
Gli appuntisco le matite con un coltello da vignaioli e lui tira fuori da uno
dei cassetti un foglio bianco per scriverci su.
Mi passa i giornalini per ritagliare le vignette e la coccoina per incollarle
sul quaderno.
Gli porto dalla cucina un tazzone di orzo tenendolo attenta fra le mani nel lungo
corridoio, poi un altro giro per il pane biscottato, e per strada ne mangio le
scaglie sfaldate.
Disegno per lui mentre dorme mezz'ora con la testa sulle braccia incrociate
sopra la tavola e la giacca sulle spalle, e quando si sveglia andiamo di là
in laboratorio e appendiamo le fantasie sul compensato con puntine nuove. Lui
pialla e io pianto chiodi e dopo li scalzo con la coda del martello.
Ci succhiamo una golia per ciascuno, di quelle che ha sempre in fondo alle tasche,
e stendiamo bene le cartine col dorso delle unghie prima di separarcene.
D'estate il sabato si va a guardare la tv sbucciando semi, e la domenica
pomeriggio in stazione a vedere le locomotive e i ciuffi d'erba in fondo
ai binari.
Qualche sera al cinema dei preti, e la nonna non viene quasi mai.
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