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Di Ongaro non avevo letto niente e sapevo
assai poco: giornalista e scrittore veneziano, della stessa generazione
di Hugo Pratt di cui è stato amico e collaboratore, viaggiatore
come lui e come pare sia nel destino o nella vocazione di molti veneziani,
da Marco Polo in avanti. Poi, questo libro, scoperto per caso; uno di
quei libri - chi ama la lettura lo sa - che si fanno comprare d'impulso,
perché qualcosa nel loro modo di presentarsi su uno scaffale riesce
a incuriosire subito e irresistibilmente. Anzitutto l'aspetto: un minipocket
estremamente piacevole nelle dimensioni e al tatto, con la sovracoperta
liscia sotto le dita, con la flessibilità delle pagine, con il
piacere leggero ma denso della tascabilità. In copertina un'immagine
accattivante: una donna discinta tra lenzuola stropicciate, nel languore
di un letto sfatto. Il gusto è rétro, ricorda certe foto
stinte e osé d'altri tempi, in cui la sensualità è
ottenuta dalla mollezza della forma e non da facili effetti provocanti.
E ancora il titolo, che di per sé contiene elementi di intrigante
attrattiva: dice che il romanzo ci racconterà di una taverna, posto
tradizionalmente adatto ad ambientare storie di viaggiatori e di misteri,
e che l'insegna di questo porto di mare si ispira al passato affascinante
di Venezia, culla di Dogi e avventurieri, sfondo prestigioso per storie
arcane e seducenti.
Le prime righe rivelano subito che i romanzi da leggere sono due, e due
sono gli incipit: il primo è quello di un manoscritto ritrovato,
il secondo quello della storia che gli gira intorno, ed è quest'ultimo
che mi ha immediatamente invogliata, attirandomi fin dalle prime parole
in un'atmosfera che ho sentito subito appartenermi, in cui mi sono ritrovata
con facilità come in certi ricordi indelebili, e in cui ho desiderato
immergermi e immedesimarmi, e restare il più a lungo possibile.
"Il luogo è una palazzina sul rio di San Felice ai piedi
del Ponte del Molin della Racchetta, sul lato sinistro del canale per
chi vi arrivi dalla laguna e dalla parte opposta a quella della chiesa.
[...]"
Già questa esposizione parla un linguaggio teatrale, sembra descrivere
le quinte di una scena di cartapesta in cui ci si può aspettare
che si svolgerà una vicenda irreale, che promette di tenere col
fiato sospeso; una fiaba.
"E' una sera di inverno fra le sette e le otto. Nella palazzina
che ha certamente conosciuto tempi splendidi e che conserva ancora una
certa corrosa dignità ci sono due luci accese: quella cruda e gialla
dello scantinato dove si trovano le macchine tipografiche della ditta
e quella ombrata dell'ufficio di Schultz al primo piano, un'ampia stanza
dalle pareti quasi interamente coperte di libri di ogni genere e di ogni
epoca [...]"
Dunque siamo a Venezia, una sera d'inverno, ai giorni nostri, in una vecchia
dimora dove abita e lavora un certo Schultz, editore amante dei libri,
che subito dopo scopriremo avere un passato di marinaio, ossia viaggiatore,
ossia incantatore, e convivere con un personaggio immaginario, un alter
ego bizzarro e ironico che porta il curioso nome di Paso Doble. I due
(le due anime dello stesso protagonista) si appassionano a un antico manoscritto
trovato sopra un armadio, e nelle ore notturne di una Venezia silenziosa
e isolata dal resto del mondo lo esplorano, lo scavano, lo divorano alla
sbigottita scoperta di sorprendenti analogie con le vicende reali del
presente. L'eroe del manoscritto si rivela, poco per volta, la proiezione
dello stesso Schultz su uno sfondo lontano sia nel tempo che nello spazio,
ma gli incontri e gli avvenimenti hanno tali somiglianze da sovrapporsi
tassello dopo tassello, suscitando non solo curiosità ma anche
una certa ansia di ritrovare nella storia già conclusa le spiegazioni
e i presagi di quella reale e ancora insoluta.
Tutto il romanzo - un romanzo, dunque, che si basa sulla commistione di
due romanzi - narra l'inseguimento avventuroso di una donna, una donna
in entrambi i casi sfuggente e malandrina, simbolo e sintesi opulenta
della sensualità e della volubilità femminile. La Nina che
turba il cuore e il letto dei suoi amanti nel settecento, in una Londra
di ladri, furfanti e libertini, è la stessa donna dal cappotto
di cammello che ha attraversato fulmineamente la vita di Schultz ai giorni
nostri senza lasciargli un nome, un indirizzo, il modo di ritrovarla e
stavolta non perderla più. Un inseguimento ostacolato dalla presenza
di un personaggio sinistro e potente che sembra racchiudere in sé
il Male, e che si muove accompagnato dai suoi bravi e da uno stuolo di
animali fantastici dall'aspetto immondo, striscianti e aggressivi come
incubi, ai quali viene attribuita l'inquietante definizione di "metafore".
La narrazione si svolge su due piani temporali distanti due buoni secoli,
e si snoda fra Londra e Venezia, arricchendosi di molteplici personaggi
coloriti e stravaganti, che senza sosta sembrano correre e rincorrersi,
perdersi e ritrovarsi, sorprendersi e sorprenderci con colpi di scena
picareschi degni di un feuilleton raffinato e metaforico, o di un fumetto
d'avventure come quelli di Corto Maltese, quel fascinoso vagabondo. La
trama, a causa di queste continue intersezioni, è a tratti un po'
ardua da seguire, se non ci si lascia prendere fino in fondo dal meccanismo
affabulatore dell'invenzione fine a se stessa, ma la lettura è
un piacere ininterrotto grazie alla bella tensione narrativa, al divertimento
del surreale, all'ironia spesso esilarante e più di tutto al fascino
irresistibile delle atmosfere, dei colori, delle ambientazioni favolose.
Il linguaggio è - come spesso negli scrittori veneziani - più
che scorrevole, direi vorticoso, travolgente, barocco, quasi un lasciarsi
andare al gusto puro e semplice dell'immaginazione che non si ferma davanti
a niente, che crea i più complicati problemi e subito dopo le loro
più straordinarie soluzioni. La trovata del vecchio manoscritto
e delle sue rivelazioni forse non è originalissima, ma si presta
sempre a coinvolgere il lettore in cerca di evasione, e qui è usata
con un taglio surreale e ironico che assicura il divertimento e l'immedesimazione.
La tesi, in effetti, è ampiamente condivisibile da chi ama la lettura
e sa bene come ogni storia, una volta uscita dalla penna del suo autore,
possa sfuggire al suo controllo e animarsi di vita propria, divenendo
oggetto di interazione con la fantasia del lettore stesso, che saprà
riscriverla, completarla, arricchirla. Non è forse questo il dono,
la magia, il potere esaltante della lettura?
In questo romanzo - d'amore, d'avventura, di misteri, e non a caso molti
degli avvenimenti si svolgono di notte, nel buio delle calli di Venezia
o nella nebbia dei vicoli di Londra - ci si deve tuffare disarmati, pronti
a tutto, arrendevoli di fronte a una dimensione onirica che non garantisce
spiegazioni ma fascinazione, perché ci prenda e ci porti via, a
cavallo o su un treno, a bordo di un veliero o di un motoscafo, ieri oppure
oggi, tra realtà e incanto, nel sogno dell'Autore e in tutti i
sogni nostri.
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