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La casa
(Manuel Mujica Lainez)

Ho scoperto M.M.L. qualche anno fa, leggendo "Lo scarabeo di Nefertari", romanzo bizzarro, colorato e di grande evasione edito da Piemme nel periodo in cui nelle librerie vigeva l'era egizia, con le numerose pubblicazioni di Cristian Jacq su Ramses&soci. Lo "Scarabeo", in realtà, poco ha a che fare con quel filone: è un vero e proprio romanzo, corposo e visionario, in cui sono gradevolmente ricostruiti diversi secoli di storia a partire dalla civiltà egiziana, ma con il gusto del racconto e dell'invenzione. Dopo questa prima lettura, ho desiderato conoscere meglio l'Autore, e mi è capitato di trovare a Parigi un altro suo romanzo, tradotto in francese e purtroppo non ancora (né forse lo sarà mai) in italiano: questo "La casa", di cui voglio parlare anche se non ne esiste la versione nella nostra lingua, e che in quella in francese, curata da Catherine Ballestero per la Nouvelles Editions Séguier, mantiene opportunamente il titolo originale in spagnolo, che evidentemente non necessita di traduzione in italiano. Ne voglio parlare proprio per questo, prima di tutto, e poi anche perché è uno dei libri che più ho amato e sentito, che più mi hanno emozionato, negli ultimi anni.
L'io narrante di questo romanzo è per l'appunto una casa: una vecchia casa signorile di Buenos Aires sul punto di essere demolita per far posto a qualcosa di moderno, che cancellerà i segni del tempo di cui essa e i suoi abitanti, nel corso di tre generazioni, sono stati protagonisti. Una casa ne ha, di storie da raccontare. E la sua storia è quella di una famiglia in vista, percorsa da sotterranei rami di pazzia, e della sua decadenza, la cui narrazione densa di nostalgia ci dispiega davanti quadri dapprima animati e sontuosi, e successivamente sempre più bui e opprimenti. La vicenda principale è quella di Tristano e della sua morte prematura, un crimine oscuro che dà inizio a una catena di pene e rancori dalle conseguenze devastanti. Un crimine oscuro, appunto, un mistero: un mistero che solo la casa conosce, lei e gli altri oggetti inanimati che vi hanno assistito. Perché non è solo la casa a rivivere il passato, ma anche quadri, arazzi, soprammobili e i dipinti di un gaio e fiabesco soffitto, animati dall'autore come personaggi viventi e dotati di emozioni e nostalgie. Straordinario, questo punto di vista, e insolito, ma di impensato effetto. Perché un po' è pur vero, che le cose hanno un'anima; che gli oggetti inanimati, quelli di tutti i giorni per esempio, quelli che tocchiamo, usiamo, spesso amiamo, contengono (o trattengono) un po' di noi stessi, una traccia, il fantasma di sensazioni familiari. Agli oggetti associamo ricordi, a volte ne teniamo qualcuno in mano solo perché ci trasmette un calore o un'immagine confortante, altri li guardiamo con rancore perché sono legati a un dispiacere. Significa che fra noi e le cose c'è uno scambio, che esse si prendono un po' della nostra anima e in qualche modo la custodiscono. In questo romanzo, le cose manifestano un'anima più profonda e limpida degli esseri umani, una lealtà di sentimenti e un'innocenza che questi ultimi non possiedono: sopravvissute agli amati padroni e al loro declino, affrontano la distruzione sotto i colpi dei picconi quasi portando con sé il peso delle colpe e degli errori che hanno prodotto la rovina.
E' un piacere, per me, leggere M.M.L. Il suo stile è ricco, libero, visionario, a tratti logorroico, sempre molto descrittivo. Contiene la stessa potenza evocativa e lo stesso estro sfrenato, colorato e passionale che ho trovato in un altro autore latino-americano un po' più recente, il grande (e mio amatissimo) G.Garcia Marquez.


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