|
Ho scoperto M.M.L. qualche anno fa, leggendo "Lo scarabeo di Nefertari",
romanzo bizzarro, colorato e di grande evasione edito da Piemme nel periodo in
cui nelle librerie vigeva l'era egizia, con le numerose pubblicazioni di
Cristian Jacq su Ramses&soci. Lo "Scarabeo", in realtà,
poco ha a che fare con quel filone: è un vero e proprio romanzo, corposo
e visionario, in cui sono gradevolmente ricostruiti diversi secoli di storia a
partire dalla civiltà egiziana, ma con il gusto del racconto e dell'invenzione.
Dopo questa prima lettura, ho desiderato conoscere meglio l'Autore, e mi
è capitato di trovare a Parigi un altro suo romanzo, tradotto in francese
e purtroppo non ancora (né forse lo sarà mai) in italiano: questo
"La casa", di cui voglio parlare anche se non ne esiste la versione
nella nostra lingua, e che in quella in francese, curata da Catherine Ballestero
per la Nouvelles Editions Séguier, mantiene opportunamente il titolo originale
in spagnolo, che evidentemente non necessita di traduzione in italiano. Ne voglio
parlare proprio per questo, prima di tutto, e poi anche perché è
uno dei libri che più ho amato e sentito, che più mi hanno emozionato,
negli ultimi anni.
L'io narrante di questo romanzo è per l'appunto una casa: una
vecchia casa signorile di Buenos Aires sul punto di essere demolita per far posto
a qualcosa di moderno, che cancellerà i segni del tempo di cui essa e i
suoi abitanti, nel corso di tre generazioni, sono stati protagonisti. Una casa
ne ha, di storie da raccontare. E la sua storia è quella di una famiglia
in vista, percorsa da sotterranei rami di pazzia, e della sua decadenza, la cui
narrazione densa di nostalgia ci dispiega davanti quadri dapprima animati e sontuosi,
e successivamente sempre più bui e opprimenti. La vicenda principale è
quella di Tristano e della sua morte prematura, un crimine oscuro che dà
inizio a una catena di pene e rancori dalle conseguenze devastanti. Un crimine
oscuro, appunto, un mistero: un mistero che solo la casa conosce, lei e gli altri
oggetti inanimati che vi hanno assistito. Perché non è solo la casa
a rivivere il passato, ma anche quadri, arazzi, soprammobili e i dipinti di un
gaio e fiabesco soffitto, animati dall'autore come personaggi viventi e
dotati di emozioni e nostalgie. Straordinario, questo punto di vista, e insolito,
ma di impensato effetto. Perché un po' è pur vero, che le
cose hanno un'anima; che gli oggetti inanimati, quelli di tutti i giorni
per esempio, quelli che tocchiamo, usiamo, spesso amiamo, contengono (o trattengono)
un po' di noi stessi, una traccia, il fantasma di sensazioni familiari.
Agli oggetti associamo ricordi, a volte ne teniamo qualcuno in mano solo perché
ci trasmette un calore o un'immagine confortante, altri li guardiamo con
rancore perché sono legati a un dispiacere. Significa che fra noi e le
cose c'è uno scambio, che esse si prendono un po' della nostra
anima e in qualche modo la custodiscono. In questo romanzo, le cose manifestano
un'anima più profonda e limpida degli esseri umani, una lealtà
di sentimenti e un'innocenza che questi ultimi non possiedono: sopravvissute
agli amati padroni e al loro declino, affrontano la distruzione sotto i colpi
dei picconi quasi portando con sé il peso delle colpe e degli errori che
hanno prodotto la rovina.
E' un piacere, per me, leggere M.M.L. Il suo stile è ricco, libero,
visionario, a tratti logorroico, sempre molto descrittivo. Contiene la stessa
potenza evocativa e lo stesso estro sfrenato, colorato e passionale che ho trovato
in un altro autore latino-americano un po' più recente, il grande
(e mio amatissimo) G.Garcia Marquez.
torna a Libri letti
|