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Se ben ricordo

E.Degas - L'assenzio, 1876

Se ben ricordo, arrivasti in ritardo. Come scusa, un problema di spiccioli al parcheggio, che più tardi mutasti varie volte: l'inadempienza della radiosveglia, un contrattempo telefonico, l'invadenza della portinaia, lo sciopero dei benzinai, perfino, se ben ricordo, una pioggia di rane.
Se ben ricordo, avevi solo due ore, forse scarse, e un maglione sportivo da gita, non certo da ufficio, ma non fu di gite che parlammo, e neppure di passeggiate o panchine al parco; in tasca, non il grano per i colombi ma un cellulare che controllasti spesso, più di quanto sogguardassi me.
Se ben ricordo, mi togliesti subito la parola sostituendola con un silenzio su cui galleggiavano informi brandelli di vacuità estranee, come quando parlasti - a te stesso, supposi - della maestra di tua figlia e delle sue paranoie. E io intanto pensavo che era di tua figlia che avrei voluto sapere, e non della sua maestra, ma capivo che anche tu, povero ragazzo padre, avevi una tua faticosa scala di valori, e soprattutto che essa non mi riguardava in alcun modo. In alcun modo possibile, per come avevi messo le cose.
Se ben ricordo, ci fu solo il tempo per un menu vegetariano tra un negozio di dischi e uno di cineserie, e tra una fila di impiegati che entravano e l'altra di quelli che pagavano il conto della loro insipida pausa pranzo, non meno insipida peraltro della nostra. O della mia, comunque.
Se ben ricordo, era di me che contavo parlarti, dirti che ero guarita come da certificato medico in borsetta - che trascurai di mostrarti - e che avevo già da giorni, tre per la precisione e sempre se ben ricordo, sgombrato dal mio comodino boccette ambrate e incensi propiziatori, non si sarebbe saputo mai se e quanto utili. Di un corso per sommelier, volevo dirti, e di qualcosa successo alla mia coinquilina, forse - ecco - che aveva perso l'impiego e tornava a vivere con sua madre.
Se ben ricordo, era maggio e d'improvviso piovve un'acqua leggera calda come di serra, ma durò poco, il tempo di un caffè ma senza zucchero, bevuto in piedi rifugiando gli occhi nello specchio di fronte per non imbarazzarci più del sopportabile, mentre cadevano senza rumore le parole da dire e non dette, per fortuna non dette.
Se ben ricordo, ci furono motivi - una serie di futili motivi - che entrambi a distanza di giorni e poi mesi e anni avremmo considerato sufficienti a giustificare il fatto che fu quella, se ben ricordo, l'ultima volta che ci incontrammo.
Se nel salutarci sul marciapiede degli addii ci scambiammo almeno un bacio - cedendo a una cieca noncuranza come talvolta accade in queste circostanze - questo l'ho dimenticato.


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