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Difficile

E.Treccani - Maternità gentile, 1920

Mi avvolgo sul pensiero di te, me lo raggomitolo dentro come un bimbo fragile da allattare, gli offro, a questo pensiero a spigoli, un microcosmo sferico come un utero foderato di muschio e trifoglio, e lì lo cullo mentre mi strazia e mi invade le fibre già dilatate, e ne spasimano per trattenerlo senza soffocarlo, ma con paziente abitudine allo sforzo si adattano ogni istante alla sua inquietudine, a quei soprassalti inattesi suscitati dal passaggio inevitabile degli incubi.
Se sapessero le mie viscere rimetterti al mondo altrove, lontano da qui dove ti è toccato il numeretto sbagliato, in quell'isola dove ho lasciato per sempre, credo, la libertà della mia mente a nuotare in una laguna e a nutrirsi solo di sole, e se riuscissi a cambiare i rumori che adesso stridono tutt'intorno come torture a occupare un silenzio di tenerezza, di assoluto, e se tu entrassi in me e io in te come l'acqua che passa anche sotto le soglie delle porte sbarrate e lambisce inarrestabile la terra difesa dagli uomini che la temono, se dopo il buio in cui ti cresco e in cui mi apparto ci promettessero una riga di aurora laggiù in fondo, da arrivarci a piedi, senz'altro aiuto che la speranza di raggiungerla prima di riperderla.

Torno ad avvolgermi sul pensiero di te, e non ancora stanca lo accarezzo di pace.


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