Si sono graffiati gli occhi da lontano; da lontano si sono strappati i capelli.
Al mattino, un vassoio poggiato sul letto.
"Svegliati".
"No".
"Svegliati".
"No. Adesso che ti sei svegliato per primo, non voglio".
"Apro. Faccio luce".
"Ma non strappare le ragnatele".
"Mangia. Bevi. Svegliati".
"L'hai già detto. Basta. Per favore, per amore, per odio. Per dio
o il demonio: basta".
Lo scontro avverrà.
Tra le quinte di un chiostro affrescato e poi cancellato, e al suo centro, nel
cuore esatto del labirinto di erbe officinali, un pozzo di pietra scabra.
Sul gradino smusso di quel pozzo, seduti accanto, chini sui ciottoli e le formiche
in viaggio.
Sul gradino di quel pozzo si guardano le mani spoglie. Hanno lasciato sul vassoio
del mattino gli occhi, la bocca, le spine della rosa, i capelli dell'ira. Le
parole, e i termini della sfida.
(Tra le mura stinte tacciono le cicale. Nella nicchia, una madonna scrostata
protende la sua Pietà).
[ti odio sai, perché è d'amore anche l'odio]
Con te o senza te.
Con le lunghe lune d'agosto giù dalle tegole; con i torrenti lamentosi
delle foglie ruggini d'ottobre; con il ghiaccio che pietrifica gli abbracci
lontani nelle notti intorno al solstizio di dicembre; con l'aurora malata a
strisce rosa sul letto sfatto di marzo.
O senza te.
[ti odio sai, per amore; per amore della tua lama che ci divide in due]
Le mani a ciotola, le dita a clessidra: sabbia o acqua, comunque Tempo.
Sandali francescani e un cordone di desideri annodati alla Vita.
Nascosto, un cilicio di menzogne, rimorsi, errori, occasioni castrate, e la
colpa di sentirsi in colpa.
Si liquefa nell'oro fermo del silenzio un coro di cappella, e con esso la fuliggine
sfaldata di poesie e insulti che si sono scambiati col sangue.
A vene aperte, e, dentro, l'impossibile.
Con te o senza te.
[se non ti amassi ti amerei, ma poiché ti odio è certo che ti
amo.
Se solo sapessi odiarti]
"Ma tu."
"Anch'io".
"Sasso o conchiglia?"
"Alberi, per me. Ma in mezzo al mare".
"E la perla nascosta sul fondo".
"Che nessuno la rubi mai".
Sarà già notte sul davanzale.
La tela di ragno ha steso un lembo sull'angolo del letto.
Sopra il vassoio si è adagiato il pulviscolo di un giorno immobile come
un profilo.
(Tra i cespi di timo, issopo e angelica zampilla cheta l'acqua della sera).
"Tu dove vai?"
"A quel bivio laggiù. Poi vedrò".
"Ti accompagno fino a lì. Poi vedrò".
"Siamo stanchi?"
"Sì".
"No".
"E' lo stesso".
"Allora."
"... allora va bene così. Andiamo, che è ora".
Con te o senza te.
E' lo stesso. Va bene così.
Sì è ora. Andiamo.
E' lo stesso.
Lo stesso bivio.
I grilli.
Il buio.
E, mio Dio, è pieno di stelle.
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