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Oggi sono uscita di nuovo. Come mi aveva suggerito quello che
mi conosceva tanto bene, mi sono fatta bella: leggero chiaroscuro per i miei
occhi che hanno quel colore cangiante delle foglie tra il giallo, il verde e
il nocciola, caldo e morbido color mattone sulle labbra, ma solo una carezza,
perché è bella ancora, la mia bocca, del bianco vivo vicino al
viso che me lo illumini insieme all'aria fredda, il cappotto blu che mi
si stringe ancora addosso sottile e veloce come a una ragazza che va all'università,
le scarpe basse per lasciare sempre libere le caviglie che ho ancora nervose,
la Louis Vuitton falsa che dentro ci sta tutto il mio, e via in centro dove
c'è gente, gli altri da cui sono stata lontana, quella gente normale
e impazzita per i regali di natale, tutte le signore con le pellicce e gli scialli
da zingara di lusso, i colbacchi di pelo, le Louis Vuitton quelle vere, i profumi
ingombranti per marcare un territorio di alterigia, le rughe sotto il cerone,
l'età impietosamente scritta in viso.
Ho cercato il caffè, quello adatto; doveva essere la cornice giusta,
doveva starmi addosso come un costume di scena per la mia grande première.
Eccolo lì, all'angolo come allora, e i vetri scintillanti, i lampadari
dorati, i marmi che riflettono vizi e capricci.
"Un caffè grazie".
Ha la schiuma saponosa sopra, è densa e lussuriosa, la faccio mia raccogliendola
col cucchiaino. Mi avvicinano lo zucchero, ma per me il caffè va amaro.
Lo bevo socchiudendo gli occhi, tra le mie labbra dischiuse scende rovente e
nitidissima una stagione conclusa, mi brucia il palato, la lingua, il sangue
in cui si assorbe. Indugio con l'orlo della tazzina vuota sulla bocca
come per non tralasciare un solo istante di tutti quegli istanti, per non perderne
uno dall'elenco, fino ai titoli di coda. Meno di un euro per riscaldarmi,
che poco...
Alla cassa si complimentano, i camerieri si inchinano devoti, il maestro di
cerimonie in grande uniforme mi offre l'omaggio che mi hanno riservato.
"E' l'anniversario, Madame".
No. Non è nessun anniversario. E' un giorno qualunque, di un altro
tempo.
"Sì, Madame, ogni giorno è un anniversario. Accetti
questo, è per Lei. Per questo anniversario".
Lo accetto senza dir nulla, senza capire, esco nel freddo, mi raccolgo il collo
del cappotto con una mano, con l'altra tengo un secchio di pittura bianca,
il regalo per me. Si ricordavano l'ultima volta che ero venuta qui. Mi
guardo intorno, e su tutti i muri adesso vedo quelle scritte; sono su tutti,
tutti, tutti i muri, ovunque mi giri, ovunque mi allontani, e la gente le rasenta
e si ferma accanto ai portoni per accendersi da fumare o aggiustarsi la sciarpa,
e quelle scritte non le vede nessuno ma ci sono, tutte diverse, enormi, a lettere
furenti o dolenti, dappertutto gridano e sospirano mi manchi, mi manchi ancora,
non ho mai potuto rassegnarmi, ho sbagliato, non ce l'ho fatta, ti rivorrei,
ti ho sempre amata sempre amata sempre amata, perdonami non te l'ho mai
detto, perdonami torna, ti amo adesso lo sai, ti amo lo sapevo, ti amo non è
finita, perdonami muoio, perdonami ho bisogno.
E io, io comincio lenta e precisa a coprirle con la mia pittura bianca spessa
come calce, su tutti i muri (sì, tutti, proprio tutti), quelle scritte
che il tuo rimpianto mi ha dedicato.
TVB
Ci vorrà molto tempo, ma ormai il tempo non vale più nulla. Lo
spenderò così, il tempo di oggi, lo riempirò della fatica
di aver attraversato quello di ieri.
Poi, domani e domani ancora, so già che torneranno a comparire, le tue
scritte, le frasi che ancora mi getti addosso dal tuo e nostro passato, le confessioni
soffocate dall'orgoglio e poi macerate nel pantano del silenzio, torneranno
a comparire come sentenze senza appello e senza misericordia, e tutti i giorni
a venire mi condannerai a cancellarle.
Per non dimenticare, mai, niente.
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