torna a Emozioni


Odori

C.Pissarro - Boulevard Montmartre di notte, 1897

Il fumo di legna che stria la nebbia.
Il latte bruciacchiato sul fornello.
Lo zolfo persistente di un cerino.

Crema solare, plastica calda di sole.
Nafta di ferry-boat.
Salmastro di gomene attorcigliate.

Cipressi al cimitero ebraico, e gabbiani.
Gelsomino fuori da un cancello liberty.
Alito fondo dall'antro di un vinaio.

L'inchiostro e i libri nuovi, la gomma-pane.
I gigli a una madonna patrona di un'aiola.
Pane e burro nel cestino dei bambini,
all'asilo.

... momento, e questi?

L'odore di Parigi quando ci arrivi la prima volta in treno (pane croccante e delicata frittura), e quello del métro come di abiti comodi e infeltriti, e l'aria smossa di foglie e violini di artisti di strada a place des Vosges, e la ruggine e lo spolverio di ferro quando scendi di corsa e a pieni polmoni dal deuxième étage della tour Eiffel, e la pelletteria e i profumi da prostituta della Samaritaine, e il cartone e gli inchiostri delle stamperie a Saint Michel, e il pigro tanfo africano dagli sgabuzzini dei neri di Belleville, e la cera di candele e il legno tarlato e i velluti reali di Saint Germain l'Auxerrois, e il vuoto gelato e ventoso di certi angoli di piena notte fuori dalle strade abitate dalla gente ma traversate da innamorati o da folli o da randagi o da tutti questi. Gli escrementi di uccelli e le edere marcescenti del Père Lachaise.
L'odore di fresco e movimento vivo ma non incalzante che sale tuo malgrado dal fiume quando ti affacci dal pont Neuf l'ultimo giorno prima di ripartire.

Poi arriva solo la mancanza di ogni odore e di ogni sussulto nell'asettico confort del TGV, e per prolungare l'addio sfoglio un libro qualunque comprato alla Fnac.
E pagato in euro, che hanno tutti lo stesso odore.

... e ancora i venti che si intrecciano a place de la Bastille coi ragazzi che roteano sui pattini e le cartacce che si alzano verso i vetri dell'Opéra, e il rosé del Médoc ad un tavolino tondo con la gamba di ferro battuto verde, e per terra le cicche per i clochards, i pisciatoi dei gatti, il fiato dei barcaioli sul canal Saint Martin prima che schiarisca il cielo e la loro voce ruvida, l'acido di teste frisé di antillane ingioiellate di chincaglieria, l'incenso stordente del marché aux fleurs di place Lepine, e lo struggente umidore della Conciergerie, e quel giorno che alle Tuileries una ragazza vestita di valenciennes e cerone rimase immobile a raffigurare la contessa di Castiglione per venti minuti e io annusavo senza reagire la polvere secca di sandali di giapponesi che non resistevano a bruciarne la perfezione coi loro flash al fosgene, e poi non bastò un kyr a rimediarmi l'appetito e sedetti sul bordo della vasca fuori dal Louvre e ci tenni dentro i piedi mentre folate da Le Havre mi spruzzavano gocce della fontana sul viso e sulle braccia...

Io a Parigi preferisco andarci in treno. Dieci ore, oui, bien sûr, ma vuoi mettere come ti viene incontro subito e tutta odorosa e spalancata come una cocotte giovanissima e stupenda? E ti offre mughetti e coccarde, e un croque-monsieur su una panchina al Vert Galant?

Va bene, era un sogno.
Lo risognerò molte altre volte.


torna a Emozioni