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C'è una spianata di pietrisco rossiccio.
Non proprio sassi, neanche polvere; ghiaia mista a sabbia, color sangue
sbiadito.
Irregolare, a cunette e terrazze, brevi ombre imprigionate rasoterra.
Erbe e stecchi giallastri rotolano a tratti seguendo refoli balordi di
un'aria priva di musica, viva di momentanei scricchiolii, che si spengono
in soffi improvvisi.
Nulla d'altro che si muova a 360 gradi.
Azzurro sbiancato sopra, arido come questo deserto, e deserto di voli
anch'esso. Non c'è vita di uccelli, o morte per avvoltoi.
Gli ultimi esseri viventi si sono fermati molto prima di qui, erano ciuchi
assorti e qualche rettile frastornato.
Ozio necessario. Sopravvivenza con poco, con il nulla che basta.
In mezzo, al centro esatto del cerchio sconfinato, quel lontano monumento
di pietre caotiche, un vulcano abbandonato dagli dèi, con una colata
di ghiaccio che lo sguardo percepisce nel tremolio dell'aria secca.
Giorni di cammino senz'acqua né cibo, né un animale come
compagno.
Non ci sono piste, e nessun sentiero.
La strada è davanti, tutta diritta e senza requie.
Arrivare fin là sotto sarebbe già l'impresa.
Poi pensare a come salirci, quello sarà il sogno.
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