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Nella stanza accanto

H.Matisse - Finestra a Collioure, 1905

Oltre il muro grigio parlano, a volte molte voci insieme, altre sembrano solo in due o tre. Discutono in molti modi diversi, con acuti stridori o velenosi miagolii. Dal sottofondo c'è chi a tratti assume la dirigenza e conduce per un po', fino a che altri si affiancano con toni crescenti e stonati e in breve ciascuno riprende vigore e prepotenza seguendo il proprio filone. Sono cocciuti, non abbandonano la presa. Ognuno di loro sembra sempre sul punto di cercare la rissa. E si azzuffano a parole, il vocio si alza in picchi acuti e sbraitanti nel tentativo di ciascuno di sopraffare gli altri, chiunque a caso. E' un rumoreggiare a ondate, ogni tanto si solleva molesto come un gracchiare di gesso su una lavagna, oppure un'esplosione fuori misura accende a catena lo scoppio di reazioni e insulti. Per lunghi istanti imprevedibili tacciono tutti d'un colpo, perdono il mordente e la direzione, o una risata sarcastica li gela o ne suscita altre a cascata.

Non li ho mai visti.
Vanno e vengono, vivono una dimensione di rumori e acrimonia che non intendo, da qui, e del resto non esco mai, perché dovrei? Ho tele e colori a sufficienza per continuare il mio lavoro all'infinito.
Stendo strisce di blu di Prussia e terra di Siena e inclino la testa per guardarvi in profondità. Dalla finestra si infila dritto e lucido un moscone e ronza forte tracciando orbite concentriche sull'alto soffitto. Per la durata del suo volo di giugno, i rumori si ovattano nella vanità e nell'indifferenza dell'abitudine, si disperdono nella ripetitività, si liquefanno nell'aria di cicale.
E il mio pennello, ecco, proprio adesso si ferma senza gocciolare e carpisce a istinto una nuova immagine.
Ora cambio colore e dipingo un gabbiano.
Solo il profilo arcuato delle sue calme libere silenziose ali.


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