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Moquette rosa antico, una parete di specchi, uno sgabello con lo stereo in angolo.
Entro a piedi scalzi e attraverso lo spazio in diagonale per andare a premere
il pulsante, poi torno al centro, mi giro verso la mia immagine riflessa, in piedi,
spalle sciolte, gambe accostate. Le note si fanno attendere qualche istante dentro
un fruscio mentre abbasso la testa fino a toccare il petto col mento e chiudo
gli occhi, e ora dopo l'ultimo silenzio cominciano a sgorgare calme come gocce.
Conto piano fino a otto sollevando il viso e estendendo poi la nuca all' indietro;
eseguo il movimento di ritorno alla stessa morbida lentezza. La voce di cristallo
sussurra e carezza, e mi guida a ruotare la testa prima a destra, ben allineata
alla spalla, poi a sinistra, sempre contando adagio fino a otto. E ritorno.
Ora le parole si adagiano su toni più alti dolenti di nostalgia. Divarico
i piedi e la mia schiena le segue, si libera vertebra dopo vertebra dal collo
al bacino piegandosi verso terra; le mani scivolano lungo le gambe, girano dietro
i polpacci, abbracciano da dietro le caviglie. Col petto sfioro le
ginocchia tese; i glutei e le cosce si sono distesi a tempo, da uno a otto, e
al termine della tensione trovano un punto di equilibrio che dissolve il bruciore.
Da uno a otto, insieme alla musica, ritorno su espirando rilassata.
Una donna e la sua voce d'angelo caduto accompagnano il ripetersi del movimento
ora più sciolto ancora, e stavolta al suo culmine le mani vanno ad appoggiarsi
di piatto sul pavimento, e lì restano senza sforzo. Fino a otto.
Canta di un amore che aspetta, e lo dispiega come ali che planano; lo blandiscono
una tastiera struggente e ovattate percussioni.
Siedo sul tappeto stinto allargando le gambe, piedi tesi inarcati in basso, e
di nuovo mi piego in avanti seguendo i battiti, con le braccia distese disegno
un lento arco davanti a me e rasento le punte. E ritorno.
Ancora una volta, e adesso mi abbandono scivolando giù fino a farmi freccia
di quell'arco, le braccia allungate, la schiena rilasciata, il viso che si appoggia
a terra.
Fino a otto, e resto lì.
Padrona del mio corpo flessibile che assapora la libertà delle sue articolazioni
e al punto di massima tensione si lascia andare oltre.
Fluidamente.
Sensazione di sereno dominio.
Equilibrio e chiarezza nella mente.
Io sono.
Di nervi e muscoli, tendini e ossa, linfa e sangue.
Controllo il ritmo del cuore. Controllo totale.
Finché va la musica, finché il respiro è a tempo, finché
voglio, io sono.
(Mariah Carey: "Hero")
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