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Per mano, vieni. Ecco, così. Non ti farà male, qui non c'è
più nessuno a gridare.
Dimmi solo cosa senti, quello che senti sulla tua pelle, non quello che credi
di vedere con gli occhi. Non ti servono, ora, gli occhi. Lasciati andare, non
distrarti. E' fatica.
Cos'hai sotto i piedi? Cosa ascolti con la pianta dei piedi? Erba? Vuoi che sia
erba? Quella di marzo che sfiora come peluria di bambino o quella d' agosto che
punge forte come paglia? Quella che ascolti è.
E l'aria che attraversi con le gambe, con le braccia, come la annusi? La tocchi
verde di bosco o dolciastra di sabbia o aguzza di fienile? Come la tocchi è.
No, non guardare, fidati di te.
Questo che ti inonda le labbra cosa vuoi che sia, rossa frutta matura oppure il
fiero sale dell'amore? E' tuo così come lo cerchi, e ti passa nel sangue
senza pena.
Con mani innamorate dai forma a una forma, creala tu, una sfera di marmo o cristallo
o sapone, un cubo di ghiaccio che esala limone e fragola; crea la tua creatura
e dalle un nome a caso. Sarà giusto, non angustiarti. Sarà il suo
perché sarà il tuo.
Gira gira gira, occhi bendati dalla certezza del vago, gira gira gira, è
la giostra di paese, è la culla della mamma, è l'aereo che si avvita
e viene giù viene giù viene giù, plana felice sui cuscini
fradici di temporale di
mezz'estate, che oggi è il primo giorno inventato, volato, nato da te.
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