La Chiesa Madre, Cattedrale di Gioia del Colle, fu edificata
fuori dalla cerchia delle mura cittadine, alla fine del secolo XI da Riccardo
Siniscalco, primo Conte di Gioia e fondatore del castello normanno (1087).
Questa prima struttura venne intitolata a S. Pietro (1150).In essa le funzione
religiose venivano officiate secondo il rito latino. In seguito quest’ultima
prese il nome di Madonna della Neve. Fin dalla fondazione fu Civica Ricettizia e
riccamente dotata grazie a lasciti di beni e rendite, diviene Colleggiata.
Solo
nel 1540 assunse il titolo di Collegiata Insigne.
Il suo primo Arciprete fu, nel 1096, don Cataldo. La Chiesa era tutta in pietra
lavorata, a tre navate, ed ai lati dell’altare maggiore c’erano due alti
campanili con due campane ciascuno.
Aveva l’organo, il pulpito, la sedia vescovile e numerose tombe e cappelle
gentilizie.
Nel 1575, in seguito alle disposizioni emanate dal Concilio di Trento, nella
Chiesa Madre vennero istituiti i libri battesimali, che possiamo paragonare agli
attuali registri di nascita, mentre quelli di morte cominciarono ad essere
compilati dal 1584.
Nel 1731 circa si verificò un terribile terremoto, che portò i gioiesi
all’invocazione della protezione di S. Filippo Neri, attuale patrono della
città. Grazie alla protezione di quest’ultimo la città non subì alcun danno.
Tale culto era già presente nella città dal 1703 nella Chiesa di S. Angelo.
All’epoca il santo era compatrono di Gioia, mentre la patrona era S. Sofia.
Successivamente divenne patrono della città S. Filippo Neri nel 1844, ed i
festeggiamenti in onore del santo della gioia del 22 aprile al 2 maggio.
Cinque mesi dopo la morte dell’Arciprete Pasquale Gatta, il 30 settembre 1739,
la salma dello stesso, ritenuto un santo dal popolo, venne riesumata e
controllata, dietro parere favorevole dell’Arcivescovo di Bari, e trovatolo
intatto venne sepolto in un nuovo sepolcro. Questo posto dietro la cappella di
S. Anna, nel corridoio ora murato, portava nella cappella del Santissimo, ora di
Maria Bambina, fin da allora protettrice della parrocchia.
Nel 1764 la Chiesa fu distrutta con tutti i monumenti che l’arricchivano, in
seguito ad una sommossa capeggiata dal capopopolo Giannantonio Monte,
approffitando di un incendio che si era sviluppato nel coro. Nello stesso anno
venne rifatta dalle fondamenta, cosi come oggi la vediamo, dall’architetto
Pasquale Margolfo.
La Chiesa costruita da quest’ultimo venne dedicato alla Natività della Beata
Vergine.
Da quella infausta distruzione si salvarono: un antico sarcofago poi adibito a
lavabo (ora in sagrestia), due leoni a mezzo rilievo, che si possono ammirare ai
lati della porta di ingresso, ed un “ECCE HOMO” (busto di Cristo) , scolpito
nel secolo XV dal primicerio Giovanni De Rocha, e che si trova murato alla
sinistra del terzo altare di destra entrando in Chiesa. Durante i lavori di
rifacimento della Chiesa vennero collocate sulle due nicchie della facciata due
sculture in pietra raffiguranti l’immagine di S. Filippo Neri e la Madonna con
in grembo il Bambino.
Quattro anni dopo la ricostruzione della Chiesa Madre, nel 1768, in via Le Torri
si costruì la cappella del “Santissimo” ( attuale cappella di Maria Bambina), di
proprietà della confraternita del Purgatorio che qui officiava.
Il comune, che il 25 ottobre 1813 era divenuto padrone del convento e della
Chiesa di S. Francesco, nel 1845 concesse alla confraternita del Purgatorio la
Chiesa di S. Francesco, ricevendone in cambio la cappella del Santissimo, che fu
aggregata alla Chiesa Madre, ed assunse il nuovo nome di “Cappellone del
Santissimo”, oggi di Maria Bambina. Questa permuta venne approvata con Sovrano
Rescritto l’11 gennaio 1845.
Nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 1857 la Chiesa subì nuovamente gravi
danni in seguito a un secondo violento terremoto. La Chiesa venne chiusa al
culto per parecchio tempo in attesa dell’ultimazione dei lavori di riparazione
dei danni e per l’adattamento in un solo corpo di fabbrica della cappella del
Santissimo di recente acquisizione.
In seguito a malintese interpretazioni, nella riunione decurionale del 7
novembre 1858, fu confermato che la Chiesa Madre era di “Patronato Comunale”.
Successivamente, nella seduta del 10 marzo 1861,veniva letta la relazione
attestante ancora una volta che la Chiesa Madre è di Patronato del Comune.
Nell’anno 1893 furono iniziati e portati a termine i lavori di completamento
della facciata e del campanile, a spesse del concittadino Pasquale Montanaro.
Tra il 1937 e 1940, durante l’arcipretura di Mons. Luigi Tosco, la Chiesa fu
abbellita con pitture e decorazioni varie.
Il 23 febbraio 1942, la Chiesa subì un grave danno: crollarono il campanile e la
sottostante Cappella di S. Filippo Neri, nonché la sacrestia, seppellendo sotto
le macerie il canonico vice parroco Don Giovanni Prisciatelli, le cui spoglie
riposano nel cimitero vecchio di Gioia.
Il 6 novembre 1949 succedeva nell’arcipretura Mons. Franco Di Maggio, il quale
provvide alla ricostruzione del Cappellone di San Filippo Neri, ornandolo con
l’artistico altare maggiore della Chiesa Cattedrale di Bari colà smantellato e
qui ricostruito, ed arricchì la chiesa con candelabri di cristallo di Boemia.
Rifece il campanile in cemento armato con impegno personale grazie alle offerte
del popolo, con i contributi del Governo e del Comune, dotandolo di campane
azionate elettricamente. Queste dodici campane sono state benedette il giorno 18
settembre 1965 da S.E. Mons. Enrico Nicodemo, Arcivescovo di Bari. Il portale
del campanile, realizzato dal maestro Cristoforo Castellaneta-Pomes, si compone
di dodici pannelli a rilievo in bronzo che ripetono le dodici figure fuse sulle
dodici campane realizzate in Olanda, su disegni del geometra Vincenzo Tuccillo,
scolpiti a mano dallo scultore Giuseppe Vinci. I lavori terminarono nel 1965.
Durante questi lavori per la sistemazione delle fondamenti e la messa in opera
del nuovo pavimento nell’interno della Chiesa, si scoprì che quasi tutto il
sottosuolo era vuoto ed adibito anticamente a luogo di sepoltura.
In questa cripta, che risaliva con ogni probabilità all’epoca di fondazione
della Cattedrale normanna e che la ricostruzione del 1764 aveva lasciato
intatta, furono rivenute numerose tombe gentilizie ove riposavano da secoli le
spoglie mortali di coloro che fecero la storia di Gioia.
La più vicina a noi era quella del principe Carlo III De Mari, la cui salma,
deposta il 6 gennaio 1825, era quasi intatta e circondata dai simboli che ne
contraddistinguevano in lignaggio. A perpendicolare di questa tomba principesca,
sull’arco della cappella sovrastante, oggi si può ancora vedere lo stemma della
famiglia De Mari a ricordo dell’ultimo feudatario gioiese.
Purtroppo i tecnici addetti a questi lavori, temendo uno sfaldamento dei muri
perimetrali della fondamenta che avrebbero potuto compromettere la stabilità
dell’intera Chiesa, colmarono di detriti e cemento armato questa cripta, dopo
aver fatto traslare le spoglie colà esistenti nell’ossario del Cimitero e
sottraendo cosi per sempre alla venerazione dei gioiesi uno dei monumenti più
antichi del paese.
Nel 1992, a seguito di inconvenienti riscontrati nei pannelli di rivestimento,
vennero iniziati i lavori di rifacimento alla struttura esterna del campanile. I
lavori ultimati nel settembre 1995, sono stati curati dall’Arciprete don Mimì
Ciavarella e con il prodigo aiuto dei fedeli.
Nel 2000, invece, sono stati effettuati i lavori di pulitura della facciata
principale, durati all’incirca un anno.
Nella Chiesa Madre ha sede la Confraternita della Beata Maria Vergine del Monte
Carmelo, istituita con Decreto Arcivescovile del 1882.
Festività Locali
• 26 maggio Festa Patronale di San Filippo Neri
• 16 luglio Festa della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo
• 8 settembre Festa della Natività della Beata Vergine Maria
• 2° domenica di novembre Festa della Chiesa
CHIESA DELL’ ANNUNZIATA MONTE SANNACE
1° e 2° domenica dopo Pasqua (passata al Monte)
CHIESA DI SAN GIUSEPPE MONTURSI
1 maggio (Festa San Giuseppe Lavoratore)