Vittorio Kulczycki

Frequento la sede dell’ANA di Roma da oltre 30 anni, forse era il 1972 quando insieme a Roberto Franceschetti e Cesare Stefanoli formavamo la “troika”, delizia e disperazione del maestro Pietropoli, che dirigeva l’allora giovane Coro dell’ANA di Roma. Geneticamente indisciplinati, spesso avvinazzati durante le prove, eravamo le pecore nere del gruppo, ma le voci erano buone: tenore I, tenore II e un bel basso, tutti e tre, fra l’altro, con una carriera da montanari di tutto rispetto ed una cultura canora con le radici ben salde nella tradizione famigliare. Insomma amavamo cantare le nostre belle canzoni in montagna, all’osteria ed ovunque si creasse l’occasione opportuna perché in quel tempo “ce la cantavamo e seguitavamo il cammino col destino in saccoccia”. Poi il coro ANA imboccò strade musicali che, da scapestrati quali eravamo, non condividevamo: troppo spazio alla serietà e meno all’allegria ed un repertorio che si allontanava pian piano dall’aria frizzante dei monti. Fummo cacciati per reati minori per poi essere richiamati solo in occasione dello storico I° concerto a Piazza Navona… ma noi continuammo sempre a cantare le nostre canzoni cariche di ricordi.

Ricapitai all’ANA quasi per caso nell’inverno 1998 e trovai un gruppo di transfughi borbottoni ed ostinati, guidati da un veterano del Coro dell’ANA (Antonio Mariani, con la musica, il ritmo e l’armonia nel sangue), tutti accomunati da una fede incrollabile per “il canto alpino e di montagna ” e basta!!!!! Sonoi canti che hanno un valore storico per tutti noi, perché ogni battuta, ogni frase è legata ai nostri ricordi, a quelli dei nostri padri e dei nostri nonni. Queste canzoni hanno un’anima, un cuore che continua a battere, anche grazie a gruppi come il nostro Coro Malga Roma. Non dobbiamo e non vogliamo dimenticare. Continuiamo quindi a riproporle, nella versione più schietta, queste nostre armonie che nonostante tutto seguiteranno a riecheggiare tra monti e valli e di osteria in osteria.

 

 

 

 

 

 

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