Non è vero che il terrorista-tipo sia povero e sfruttato. L’esempio di Abdelkrim Al Mejjati.
Spesso si sente ripetere che la causa del terrorismo sia la povertà del mondo e lo sfruttamento da parte di noi occidentali dei più sfortunati della terra.Oltre alla sezione di questo sito che si occupa proprio di questo argomento (“Occidente colpevole ?”) proponiamo il seguente articolo, tratto dal Corriere.it, che racconta la storia di un terrorista. E che dimostra, di nuovo, che la responsabilità del terrore è l’integralismo islamico, e non certo la situazione economica dei terroristi
Abdelkrim Al Mejjati, da ragazzo, sognava l’America. Nella sua stanza aveva appeso il poster di Clint Eastwood e non appena aveva potuto farlo si era trasferito negli Stati Uniti sposando una donna americana.
Ma il sogno americano è durato poco. Al Mejjati, entrato in contatto con ambienti integralisti proprio negli Usa, si è trasformato in un operativo del qaedismo. Marocchino, 37 anni, avrebbe partecipato all’organizzazione della strage di Casablanca (maggio 2003) ed avrebbe avuto un ruolo anche nel massacro dell’11 marzo in Spagna. Nella notte di lunedì, se sono vere le ricostruzioni giunte da Riad, è stato ucciso dalle forze speciali saudite.
Al Mejjati era infatti sulla lista dei «Most wanted» nel Regno del petrolio. Mancano però conferme ufficiali e solo dopo un controllo con il Dna si accerterà la vera identità del terrrorista, ammazzato insieme ad altri otto. Al Mejjati è cresciuto in una buona famiglia della borghesia di Casablanca. Il padre commerciante, la mamma - di nazionalità francese - esperta di profumi. I suoi lo mandano a studiare in uno dei più famosi licei di Casablanca e non gli fanno mancare soldi per i divertimenti. Abdelkrim non è un integralista e neppure un musulmano praticante. Gli amici ricordano le grandi bevute, le cene a base di maiale e le feste alla spiaggia «Le sablettes». Nulla fa pensare che dopo qualche anno si trasformerà in un temibile terrorista. Al Mejjati entra a far parte delle rete qaedista dopo un viaggio nel Kashmir, dove impara a maneggiare gli esplosivi e le armi. In un attimo il marocchino dimentica il suo passato americano, la moglie e i due figli. Diventando un grande pianificatore si sposta tra l’area pachistana, l’Arabia Saudita e il Nord Africa mettendo insieme nuove cellule estremiste. Più che partecipare alle azioni, è colui che coordina le fasi finali.
Gli 007 lo segnalano negli Usa ma più spesso in Arabia, dove si sarebbe trasferita la madre, titolare di un salone di bellezza. Ma il nome di Al Mejjati emerge solo dopo gli attentati di Riad e Casablanca: le autorità marocchine sostengono che è lui ad innescare i gruppi di fuoco su indicazione dei vertici di Al Qaeda. L’estremista - affermano a Rabat - è diventato l’ufficiale di collegamento tra i luogotenenti di Osama e le fazioni satellite che si stanno diffondendo in Medio Oriente.
Le tracce di Al Mejjati emergono di nuovo a Madrid, dopo il massacro alla stazione di Atocha. Gli spagnoli non escludono che il marocchino abbia fatto da consigliere ai terroristi kamikaze di Leganes. Da quel momento gli avvistamenti si moltiplicano: Marocco, Pakistan, Golfo Persico, Afghanistan, Spagna, di nuovo l’Asia. Una lunga fuga conclusasi con la battaglia di Ar Rass, a trecento chilometri dalla capitale saudita. Tratto da Corriere.it del 6/4/05
Terroristi benestanti e colti
Più del 60% dei terroristi uccisi in azione in Iraq e soprattutto più del 70% dei kamikaze, sono sauditi. Una statistica del centro di ricerca israeliano Imra rivela che si tratta di gente benestante, mediamente colta: studenti universitari, professori, professionisti, quasi tutti, comunque, diplomati alle scuole superiori o all’università. Cifre che sfatano due luoghi comuni: prima di tutto che i terroristi siano perlopiù poveri, ignoranti, esasperati, cresciuti in campi profughi; in secondo luogo che l’Arabia Saudita sia un regime arabo moderato e alleato degli Usa. (fonte: Imra)
14/08/2006