L'Inghilterra, in preda al relativismo culturale, non vuole più chiamare «terroristi» i terroristi
tratto da Tempi.it
C'era una volta l'Inghilterra, patria della libertà di parola, dello speakers' corner di Hyde Park, di Amnesty International nata per difendere i prigionieri di coscienza in tutto il mondo. Ma poi vennero la legge sull'odio razziale e religioso, le Sexual Orientation Regulations, la direttiva ministeriale per abolire l'uso delle parole mamma e papà nelle scuole per non discriminare le coppie omoparentali, il manuale di "linguaggio corretto" del ministero degli Interni che vieta di chiamare jihadisti i jihadisti ed estremisti islamici gli estremisti islamici, e i britannici divennero improvvisamente muti. Perché le loro parole potevano essere usate contro di loro, specialmente se osavano dire "no" a una richiesta: esattamente come nelle dittature. Ma come ha fatto il popolo che ha inventato il Parlamento moderno a diventare taciturno come gli europei della Cortina di ferro senza passare attraverso la tirannia politica? Semplicemente respirando l'aria del multiculturalismo figlio del relativismo culturale. Se non si crede più all'esistenza di gerarchie di valore, si smette di giudicare, non ci si assume più il rischio del giudizio. La prova regina della giustezza della diagnosi è la proposta di Rowan Williams, primate della Chiesa d'Inghilterra, di ammettere nella legislazione del Regno Unito una parte della sharia e Corti islamiche incaricate di applicarla: chi non ha più il coraggio di giudicare preferisce lasciare all'altro venuto da lontano la competenza di continuare a farlo.