”Ha una bomba per noi ? Si accomodi pure !”

Di Giampaolo Pansa, su L’Espresso (21/8/2006)

Pubblichiamo l’interessante punto di vista di Giampaolo Pansa, giornalista ed intellettuale progressista, sul tema della risposta politica al terrorismo islamico

Anche contro il terrorismo islamico l'Italia rimane un paese sempre pronto ad arrendersi.

Quando la bomba colpirà noi italiani, moriremo senza capire chi ce l'ha spedita e perché. La maggioranza andrà al Creatore ignara di tutto. Che cosa è stato? Un terremoto? Uno tsunami? Un'epidemia di orecchioni? Come mai, invece del campionato di calcio, è iniziata la terza guerra mondiale? Invece, la minoranza che campa di politica, ammesso che sia rimasta in vita, darà il via al solito, grande dibattito. Destinato a trovare una risposta alla domanda che ci appassiona tanto: di chi è la colpa?

Se per ipotesi la bomba avrà il timbro del terrorismo islamico, possiamo immaginare le molte risposte che verranno dal sinedrio dei partiti. È colpa di Berlusconi che si è affiancato alla guerra imperialista di Bush in Iraq. È colpa di Prodi che ha deciso di ritirare le truppe soltanto da Baghdad e non dall'Afghanistan. È colpa di Israele che ha raso al suolo il Libano con il pretesto di voler sopravvivere. È colpa del capitalismo che vuole rubare il petrolio ai poveri arabi. È colpa degli Stati Canaglia. Ma quali sono questi stati? L'Iran e la Siria, per esempio? Fascisti islamici o islamo-nazisti? Vietato dirlo, perché mancano le prove.

Non è fantapolitica da Bestiario. Davanti alla guerra in Medio Oriente, fra Israele e gli Hezbollah, più Damasco e Teheran, e dopo che Londra ha sventato la strage nei cieli, il palazzetto politico italiano ha scoperto un nuovo campo di battaglia domestico. La destra si stringe attorno a una previsione fosca, ma non campata per aria: il dispotismo islamico vuole distruggere l'Occidente democratico. La sinistra, invece, mette in mostra il solito campionario di analisi e di sentenze. Quasi sempre in profondo contrasto fra loro e impossibili da conciliare.

In questo campionario, che presenta tutte le gamme dal rosso al bianco, mi hanno colpito due asserzioni. La prima dice: “non bisogna muovere un dito per contrastare il terrorismo, altrimenti il terrorismo non farà che crescere e diventare sempre più pericoloso”. Insomma, cari Bin Laden e soci, come vedete noi stiamo fermi e voi, per favore, lasciateci in pace. La seconda è altrettanto strabiliante. Ed è volta a cercare la colpa delle bombe non in chi le manda, bensì in chi le riceve. La sera delle notizie da Londra ho sentito alla tivù una parlamentare verde che diceva: gli inglesi in parte se la sono cercata, perché hanno appoggiato la guerra di Bush in Iraq.

Lo stesso schema mentale ispira chi condanna Israele. Se Tel Aviv non vuole essere colpita dai missili di Hezbollah, deve fare marcia indietro e smettere di difendersi. Ecco un altro esempio di risposta che ignora la storia dei terroristi libanesi. E dimentica, o finge di dimenticare, che il Partito di Dio ha cominciato a prendere in ostaggio il Libano sin dal 1983, ventitré anni fa. In quell'aprile, un auto kamikaze uccise 63 persone nell'ambasciata Usa di Beirut. E a novembre camion imbottiti di tritolo, sempre a Beirut, fecero strage negli alloggiamenti delle forze multinazionali, accoppando 240 marines e 58 paracadutisti francesi.

Ma chissenefrega della storia e anche della cronaca. Noi figli di Mamma Italia siamo davvero forti perché non abbiamo mai la consapevolezza del rischio che incombe anche su di noi. Leggete il libro di un giornalista che sa molto bene di cosa parla, Magdi Allam: 'Io amo l'Italia. Ma gli italiani la amano?', appena pubblicato da Mondadori. E capirete perché, se le bombe arriveranno, non sapremo chi ringraziare.

Non ho la competenza di Allam sul terrorismo islamico. Però sono più vecchio di lui. E ho vissuto, e raccontato, i diciotto anni del terrorismo italiano, nero e soprattutto rosso. Quella guerra con tanti morti fu vinta grazie a tre armi definite 'speciali', una parola che anche oggi fa inorridire troppa gente. Le leggi speciali, per prima quella che garantiva l'immunità ai pentiti. I corpi speciali, come la Brigata antiterrorismo del generale Carlo Alberto dalla Chiesa. E infine le carceri speciali, di massima sicurezza.

Che cosa accadde, allora? Purtroppo, devo ripetere quel che scrissi in un Bestiario del luglio 2005, subito dopo gli attentati nella metropolitana di Londra. In Italia, negli anni Settanta e Ottanta, fu molto arduo far accettare quelle armi speciali. Partiti e partitini della sinistra strillavano contro qualsiasi decisione governativa avesse il timbro della durezza. Sul generale Dalla Chiesa si scrisse di tutto: un fascista, un piduista, un golpista, un macellaio. E ogni morte di brigatista era quasi un lutto in famiglia. Se Dalla Chiesa non fosse stato ucciso dalla mafia, saremmo ancora qui a sputargli in faccia.

Adesso siamo messi peggio di allora. Ci vorrebbe una mano dura contro i possibili kamikaze islamici che vivono in casa nostra. Democratica, rispettosa della legge, ma dura. Però chi può averla? Non lo so. Quel che so è che siamo un paese sempre pronto ad arrendersi. Ci arrenderemo anche stavolta? Non fatemi avere pensieri cattivi.

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