Occidente colpevole ?

Si sente spesso ripetere che la causa del terrorismo è da ricercare nelle ingiustizie perpetrare dal mondo occidentale ai paesi più poveri. Sinceramente rimaniamo alquanto perplessi di fronte a queste persone che tentano di dare una giustificazione morale a simili atti... Non possiamo che ricordare che il sud America (cristiano), pur con mille problemi, non produce il terrorismo che invece produce, ad esempio, l'Arabia Saudita (musulmana e con un reddito procapite tra i più alti al mondo), a quanto pare tra i principali rifornitori di capitali del terrorismo internazionale. Proponiamo qui di seguito alcuni testi. Il primo, ad esempio, è tratto dal giornale saudita Al Hayat, pubblicato in Gran Bretagna, il secondo è stato tratto dal Corriere della Sera, più varie altre testimonianze. Alcune di loro, provenendo proprio dal mondo islamico, rappresentano dei rarissimi casi di autocritica da parte del mondo arabo, e fanno capire l'assurdità delle posizioni di coloro che tendono sempre a dare delle giustificazioni al terrorismo

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Novembre 2001
.... "Si, la politica americana e quella israeliana sono parzialmente responsabili (a proposito del terrorismo). Ma le nostre responsabilità sono sicuramente molto più profonde.
Le nostre società hanno poco in comune, ma un comune un poco determinante: il modo in cui (noi società islamiche) abbiamo accolto la modernità.
Abbiamo rifiutato la trasformazione del mondo, preparando in questo modo il terreno alla violenza. Il poco intorno al quale ci siamo uniti si è cristallizzato intorno ad alcuni nomi: dal pachistano Abu al-Aala al-Mawdudi, all'egiziano Sayyed Qotb, a Osama bin Laden. L'Africa subsahariana è più povera di noi. La sua tragedia è più grave della nostra, e le responsabilità occidentali ancora più accertate. Ma non ha prodotto terrorismo.
L'America Latina ha sofferto anche a causa degli USA prima e più di noi. Ma il prodotto più puro del suo terrorismo, Carlos, ha scelto di venire ad operare da noi. Siamo più vicini dell'Africa alle fonti della modernità. Ma siamo meno pronti dell'America Latina a sottometterci alla sua influenza.
Dietro tutto questo c'è un insuccesso, lo dobbiamo riconoscere.
E i cui segni sono evidenti: esistono interi Stati nel mondo musulmano che sono altrettanti progetti interrotti: l'Iraq, il Pakistan, l'Algeria, il Sudan (...)
Ogni anno, arretriamo di un secolo nel nostro confronto con i problemi del presente. Allora viva la morte. Viva la violenza. Poichè le battaglie non hanno fine. Poichè preferiamo morire piuttosto che vivere."
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“L’autocritica di Al Ahram: «La crisi è colpa di noi arabi»”, Corriere della Sera, 13 febbraio 2003."
"Chiaro che noi arabi non siamo capaci di fermare la macchina di guerra statunitense e non possiamo neanche sostenerla pubblicamente. Le ragioni sono tante, ma la principale è la debolezza delle società arabe… Dobbiamo però fare un’autocritica: questa crisi travolgente non è fabbricata dagli Stati Uniti o dall’Occidente, ma nasce dalla stessa nostra situazione interna. La nostra crisi di sistema nasce dall’incapacità di creare un’economia solida e un sistema politico aperto, dalla mancanza delle libertà democratiche fondamentali e dall’assenza del rispetto dei diritti umani. Nelle nostre società non abbiamo garantito la giustizia, l’uguaglianza di fronte alla legge, le libertà e la dignità. Come si può far rispettare la nostra politica estera se noi dipendiamo dagli aiuti esteri? Come possiamo far giungere alta la nostra voce se non abbiamo una legittimità popolare Sia che questa guerra avverrà o no, sia che Sharon distrugga o meno le aspirazioni di indipendenza del popolo palestinese, le riforme interne vanno attuate con il consenso della gente prima dell’imposizione con la forza dall’esterno"


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E ancora, altre testimonianze:

"...Noi abbiamo partorito mostri. Noi soli ne siamo responsabili. Io l'ho scritto ben prima della mia tragedia personale e continuerò a farlo per tutto il tempo che ci vuole. Il problema siamo noi e non l'America o i pinguini del Polo o quelli che vivono nelle grotte afgane. Siamo noi, e quelli che non riescono a capirlo, son loro i colpevoli..."
Muhammar Talal Al-Rashid, editorialista del quotidiano in lingua inglese The Saudi Gazette, 30/11/2003, che scrisse l'articolo in reazione all'assassinio del principe saudita Talal Bin Abdul Aziz Al-Rashid di Hail, ad opera di 'islamici' algerini.

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da un articolo di Magdi Allam del Corriere della Sera del 29/4/2004
Lo scrittore del Qatar Abdel Hamid al- Ansari è più che mai deciso: «Dico ai fautori della moderazione e del compromesso che è giunto il momento di smetterla con la litania dell'oppressione americana e delle condizioni di oppressione e di assenza delle libertà. Il terrorismo non ha nulla a che fare con queste motivazioni e cause. Il terrorismo è un'ideologia aggressiva che odia la vita e le persone, che si radica in menti e animi squilibrati e frustrati» . Al- Ansari attacca duramente le televisioni satellitari arabe « che si sono trasformate in megafoni del terrorismo, facendoci credere che questo terrorismo si giustificherebbe con la causa palestinese, la presenza straniera, la parzialità degli americani, la repressione politica e la crisi economica » . Per sradicare il terrorismo, è la tesi dello scrittore arabo, « dobbiamo rivoluzionare i programmi scolastici, innestandoci il pensiero riformatore, la cultura della tolleranza, l'apertura verso le altre civiltà, l'accettazione della globalizzazione » .
A suo avviso l'offensiva del terrore che abbraccia sia gli attentati di New York e Madrid sia le stragi in Iraq e in Arabia Saudita, è « la punta dell'iceberg che cela il marcio presente nel mondo arabo».

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in seguito alla strage nella scuola di Beslan, in Russia
Abdulrahman al-Rashed, general manager della tivù Al Arabiya e titolare di una rubrica fissa su Asharq Al Awsat, il più importante quotidiano pan-arabo, in un commento dal titolo “La semplice verità: tutti i terroristi del mondo sono musulmani!” scrive: «I nostri figli terroristi sono il prodotto finale della nostra cultura corrotta. La maggior parte degli autori di operazioni suicide contro autobus, scuole ed edifici residenziali negli ultimi dieci anni è formata da musulmani». Per recuperare la propria immagine gli arabi devono anzitutto «riconoscere la scandalosa realtà», anziché cercare giustificazioni. «Il quadro è umiliante, doloroso e duro per tutti noi».

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Un intellettuale del Qatar sulle radici islamiche dell’antisemitismo e la teoria della cospirazione sull'11 settembre
4/10/2004
Sul quotidiano del Qatar Al-Raya, il dottor Abd Al-Hamid Al-Ansari,ex preside della Facoltà della Shari’a dell’Università del Qatar, ha criticato le teorie cospirative nel mondo arabo secondo le quali gli ebrei e il Mossad israeliano erano dietro agli attacchi dell’11 settembre. Nell’articolo, Al-Ansari ha scritto che questa teoria ha radici nella tradizione musulmana e nelle scritture fondanti dell’Islam. Seguono estratti dell’articolo:


"Gli arabi ancora non vogliono accettare che sono stati loro a compiere gli attacchi dell’11 settembre"
“Il terzo anniversario della tragedia dell’11 settembre è trascorso e il mondo arabo si chiede ancora chi ci fosse dietro. Malgrado l’evidenza assoluta, le molte confessioni e indagini […] gli arabi non vogliono accettare che dietro a questa vicenda c’era un gruppo proveniente dal nostro modo, i “19 Esaltati”, come li hanno chiamati lo scorso anno i fondamentalisti durante il loro congresso di Londra.
Gli arabi continuano ad insistere sulla loro innocenza e ad accusare il Mossad di aver pianificato l’attentato, con l’intenzione di provocare una guerra contro i musulmani in Afghanistan e in Iraq […]. Ma questa storia fa a pugni con il fatto che gli ebrei sono codardi e non commettono suicidio. Così, la teoria è stata aggiornata e si è dichiarato che il Mossad ha pianificato e finanziato [l’operazione], ingannando un gruppo, parte della nostra gioventù innocente, che ha poi portato a termine [l’attacco].
Non so per quanto durerà quest’arroganza [musulmana]. Perché non vogliamo riconoscere che questi giovani erano i figli di una cultura ostile verso il mondo, non idioti o pazzi? Nessuno li ha ingannati e non subivano oppressione, repressione o povertà. Hanno compiuto l’operazione perché credevano che si trattasse di Jihad e martirio. Facevano parte della nostra gioventù ed erano nostra responsabilità”.

“Abbiamo incitato [i nostri giovani] a morire per la gloria di Allah”
“Siamo stati noi a derubarli del loro futuro e abbiamo peccato nei loro confronti, con un’educazione arretrata, con le nostre pericolose teorie religiose, con sermoni di nostri predicatori aizzanti e con i nostri media violenti. Noi siamo stati incapaci di dare alla loro esistenza valore e significato, di rendere la loro vita preferibile alla morte. Li abbiamo incitati a morire per la gloria di Allah e non gli abbiamo insegnato a vivere per la gloria di Allah.
Per quanto ancora renderemo la vita dei nostri giovani un inferno? Per quanto continueremo a suonare il disco dell’ingiustizia degli americani e del mondo verso di noi, come patetica giustificazione della violenza e del terrore tra noi, come se fossimo la sola nazione che soffre per l’ingiustizia […]? Perché, di fatto, siamo i soli a farsi incantare dalla teoria di una cospirazione ebraica dietro a ogni vicenda? Perché l’albero della cospirazione fiorisce sul nostro suolo […]? E perché siamo ancora prigionieri di teorie la cui falsità è stata provata […]?”

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Per il quotidiano kuwaitiano Al Rai al Aam è ora di finirla con l'ipocrisia: «Tutti invitano all'islam della moderazione. Ma che cosa è la moderazione? In realtà c’è soltanto una differenza di grado tra il terrorismo che uccide e il pensiero che condanna gli altri per apostasia. Dobbiamo avere il coraggio di ammettere che questo pensiero è presente nella nostra cultura e nel nostro sistema scolastico. Non potremo mai risolvere il problema del terrorismo se prima non ammettiamo che il male è dentro di noi».
10 febbraio 2005
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IL TERRORISMO E' COLPA DEI TERRORISTI

Pubblichiamo un articolo apparso su Tempi.it del 26/7/2005, dove si fa un editoriale “preventivo” contro chi, nella malaugurata ipotesi di un attentato nel ns. Paese, si lancerà ad accusare l’occidente giustificando l’opera dei terroristi.

Non è che vogliamo fare gli uccelli del malaugurio, però abbiamo pensato che un editoriale "preventivo", nel suo piccolo, è senz'altro più efficace di una "guerra preventiva" e soprattutto è alla nostra portata. Perciò vi spieghiamo, qui di seguito, perché la politica estera filo-americana di Berlusconi e la presenza di nostre truppe in Irak non rappresentano in nessun modo la causa dell'atteso attentato islamista contro l'Italia, anche se la maggioranza dei nostri concittadini, sull'onda dell'emozione strumentalizzata da quei cretini di cui ha parlato Giuliano Ferrara (Il Foglio 25 luglio). Le cause dell'atteso attentato non si trovano nella politica estera italiana, ma nell'ideologia degli attentatori. Il jihadismo, cioè l'ideologia della guerra santa finalizzata all'islamizzazione del mondo, è nato nel 1928 coi Fratelli Musulmani, il cui slogan fin dall'inizio era: «Dio è il nostro scopo, il Corano è la nostra Costituzione, il profeta è il nostro leader, la lotta è il nostro metodo e la morte per Dio la più alta delle nostre aspirazioni». La fatwa con cui Osama Bin Laden a nome di Al Qaeda, insieme ad altri gruppi terroristi, ha ordinato a tutti i musulmani del mondo di colpire gli occidentali («uccidere gli americani e i loro alleati - civili e militari - è un preciso dovere per ciascun individuo musulmano, il quale potrà assolverlo in qualsiasi paese ove gli sia possibile farlo») è datata 23 febbraio 1998, quando Berlusconi non era al governo e negli Usa era presidente Clinton. E ancora: il libro del Pm Stefano Dambruoso Milano Bagdad (Mondadori 2004) racconta che a Milano gli estremisti islamici studiavano attentati contro una caserma dei carabinieri e contro la stazione centrale delle ferrovie dello Stato già nel 1999.

Anche la generica idea secondo cui lo sfruttamento colonialista-capitalista-imperialista sarebbe la causa di fondo del terrorismo che ci colpisce è gravemente errata: l'Africa animista e l'Asia indù, confuciana e buddhista sono state colonizzate dagli europei, ma esse non ci inviano terroristi suicidi; Vietnam e Cile hanno sofferto per scelte politiche degli Usa, ma non hanno generato terroristi anti-americani; l'Italia ha colonizzato Libia, Somalia, Etiopia ed Eritrea, compiuto stragi efferate in Libia, Etiopia e Montenegro, ma i nostri carnefici odierni non arrivano da lì. I terroristi usano l'argomento dello sfruttamento per farci sentire in colpa, ma dobbiamo capire che è solo un'astuzia bellica da parte loro.
Così come è un'astuzia ipocrita la pretesa che le sofferenze inflitte ai musulmani in Irak e Palestina e nelle prigioni americane (Guantanamo, Abu Ghraib, ecc.) abbiano prodotto una rabbia così incontenibile da tracimare nella vendetta terrorista: in realtà, i musulmani uccisi o torturati da altri musulmani sono enormemente più numerosi di quelli vittime di americani e israeliani. In Algeria le vittime dirette della violenza intra-musulmana sono 150 mila, nel Darfur (Sudan) 180 mila, ad Aceh (Indonesia) 12 mila, nel Kurdistan turco 40 mila, in Somalia 350 mila; e anche in Irak, se diamo retta ai conteggi dei siti Internet pacifisti come Iraq Body Count, i civili vittime delle armi anglo-americane sono soltanto il 37 per cento del totale: l'altro 63 per cento è stato ucciso da altri iracheni o da altri arabi. Decine di migliaia di persone sono state torturate nelle carceri di questi paesi, dell'Irak di Saddam Hussein e dell'Afghanistan dei talebani. Le copie del Corano profanate nel Darfur sono centinaia di volte più numerose di quelle profanate a Guantanamo, le moschee date alle fiamme o saccheggiate nel Darfur sono decine di volte più numerose di quelle colpite in Irak. Ma mai i musulmani nel mondo hanno dato segni non diciamo di rabbia, ma nemmeno di insofferenza di fronte a questi orrori. Per il semplice fatto che non erano strumentalizzabili politicamente. Perciò non prendiamoci in giro e parliamo secondo verità: un terrorista è soltanto un terrorista; ci odia non per quello che facciamo, ma per quello che siamo; la colpa di quello che fa è sua, non è nostra.

06/08/2005

Ma Al Qaeda sta fallendo

Pubblichiamo un’interessante articolo apparso su Corriere.it il 5/8/05, dove si smontano tutte le teorie di quelli che tendono comunque a dare una giustificazione ai terroristi, evidenziandone le incogruità

Il mese scorso la Gran Bretagna è stata attaccata due volte da un nemico che approfitta dell’apertura delle società libere per uccidere e terrorizzare dall’interno di quelle stesse società. Poco dopo il massacro del 7 luglio, esprimendo il sentimento dei suoi connazionali, un americano ha scritto all’ambasciata britannica a Washington: «Chi attacca Londra non conosce la storia. Chi ha fatto questo scoprirà che non esistono amici migliori di un britannico, né un nemico peggiore». In seguito a una tale atrocità, è fondamentale per noi tentare di comprendere ciò che spinge gli estremisti a compiere stragi. Come già per attacchi precedenti, i fondamentalisti e i loro simpatizzanti addurrano le solite vuote giustificazioni, che in passato includevano antichi oltraggi reali o presunti, tra i quali: il dispiegamento di truppe statunitensi in Arabia Saudita dopo il 1991, al fine di evitare un attacco di Saddam Hussein; la fondazione di Israele nel 1948; la dissoluzione dell’Impero ottomano circa 80 anni fa; la Reconquista della Spagna, strappata ai Mori nel 1492; le Crociate, la prima delle quali risale al 1095.

Oggi la principale motivazione è la campagna condotta dalla coalizione contro gli estremisti in tutto il mondo e la cosiddetta «occupazione» di Paesi musulmani da parte dell’Occidente. In realtà, le forze della coalizione operano in Afghanistan e Iraq su richiesta di governi democraticamente eletti. Sono stati gli estremisti, non la coalizione, a prendere di mira e assassinare innumerevoli civili musulmani nei barbarici attacchi degli ultimi mesi. C’è chi pare convinto che soddisfare le richieste dei fondamentalisti—ritiro da Afghanistan e Iraq incluso — possa porre termine alle loro pretese e scongiurare futuri attacchi.Ricordiamo, però, che quando i terroristi colpirono l’America l’11 settembre 2001, era un governo islamico radicale a guidare l’Afghanistan e a ospitare capi di Al Qaeda, di fatto indisturbato dalla comunità internazionale. Mentre Saddam Hussein restava saldamente aggrappato al potere in Iraq e pareva conquistare consenso per i suoi tentativi di porre fine alle sanzioni delle Nazioni Unite.

In realtà, gli estremisti islamici hanno a lungo mostrato interesse per un possibile attacco alla Gran Bretagna. Nel gennaio 2003, la polizia britannica ha evitato un probabile attacco con la ricina—una sostanza velenosa—due mesi prima dell’inizio dell’Operazione Iraqi Freedom. Nei vent’anni precedenti l’11 settembre, ben prima dell’impegno della coalizione in Afghanistan e Iraq, gli estremisti hanno continuato a uccidere e sequestrare civili innocenti in luoghi come Teheran, Beirut, Arabia Saudita, Berlino, New York, navi nel Mediterraneo o jet in volo sulla Scozia. Gli estremisti non cercano il negoziato con l’Occidente. Vogliono che l’America, la Gran Bretagna e gli altri alleati della coalizione abdichino ai propri principi e rinneghino l’impegno con gli amici musulmani nel mondo. Nel 2002,Osama Bin Laden invocava la deposizione dei governi islamici moderati. Il visionario progetto di Al Qaeda di imporre intolleranza e radicalismo si estende molto al di là del Medio Oriente. In particolare, ciò che gli estremisti non tollerano è il riconoscimento dell’uguaglianza tra uomini e donne e la libertà di espressione, segni distintivi delle società libere.
Appena qualche giorno dopo il primo attacco di Londra, un fondamentalista, accusato di aver assassinato un regista olandese per un film ritenuto offensivo nei confronti dell’Islam, dichiarava pubblicamente che avrebbe ucciso ancora se ne avesse avuto l’opportunità. Non c’è «pace separata» che tenga, con un simile nemico. Gli attacchi dell’11 settembre hanno provocato l’ira e la reazione di un Paese e di una civiltà. Da allora, gli estremisti hanno perso ospitalità e sostegno popolare in Afghanistan e Iraq, sono ricercati in tutti i continenti da una coalizione globale che non ha precedenti.

Hanno risposto con mezzi di ogni tipo, dagli zaini alle auto, per uccidere centinaia di persone innocenti in Spagna, Turchia, Kenya, Indonesia, Russia e, ora, a Londra. Tentano di distruggere ciò che non hanno saputo costruire in mille anni e di uccidere persone che non sono riusciti a persuadere. Hanno fallito l’11 settembre. Stanno fallendo in Iraq e in Afghanistan. Conoscendo i britannici, possiamo affermare che con gli attacchi di Londra gli estremisti hanno senza alcun dubbio fallito ancora.

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Siamo tutti dei Bin Laden

(inserito il 15/03/2008)

Il dott. Sa'd Bin Tefla , giornalista ed ex ministro dell'Informazione del Kuwait, pubblicò un articolo sul quotidiano londinese Al-Sharq Al-Awsat intitolato "Siamo tutti dei Bin Laden", in cui criticò la posizione equivoca dei paesi musulmani su Osama Bin Laden..
Seguono alcuni brani dell'articolo, che dovrebbero essere letti, in particolar modo, da chi tende a giustificare l’estremismo islamico e dai soliti complottisti, secondo cui l’11/09 fu opera della CIA per non ben chiarite ragioni (tra le tante ragioni, una sarebbe da ricercare addirittura nell’onerosità della manutenzione delle torri, per cui sarebbe stato più conveniente abbatterle….)

Da Memri.org del 10/09/2004

I Versi Satanici

«Si stanno ponendo delle domande sulla nostra posizione come nazione in generale e sulla posizione dell'Islam politico [e] dei partiti religiosi [...] nei riguardi di Bin Laden e del danno che ha causato ai musulmani [...]. È triste confrontare la nostra posizione su Salman Rushdie con la nostra posizione su Osama Bin Laden.

Qualcuno di noi si ricorda di Salman Rushdie? Salman Rushdie era un anonimo autore britannico di origine indiana. Nel 1988, ha vinto un premio per un insignificante romanzo intitolato "I Versi Satanici". Egli è diventato una celebrità e il suo nome è comparso frequentemente sui nostri mezzi di comunicazione, nei sermoni nelle nostre moschee, nei nostri giornali, nei nostri circoli dikr e nei nostri centri per la recitazione del Corano.

Abbiamo affilato e agitato tutte le nostre spade retoriche, le nostre fatwa [decisioni legali religiose], [allertato] le nostre guardie, i nostri porti, i nostri aeroporti e i nostri valichi di confine per impedire l'ingresso e la distribuzione [nei nostri paesi] di questo libro, perché danneggia l'Islam. In tutte le capitali del mondo islamico sono state fatte delle proteste davanti alle ambasciate britanniche, sono state bruciate le immagini di Salman Rushdie, così come le copie dei suoi libri. In una protesta in Pakistan sono stati uccisi nove dimostranti e [altri] sono stati feriti dalla polizia pakistana [...].

Sono state diffuse, una dopo l'altra, decisioni legali religiose per vietare il libro di Salman Rushdie e per invocare il suo assassinio. L'Iran ha stanziato una ricompensa di un milione di dollari per chiunque portasse a termine la fatwa dell'Imam Khomeini , uccidendo Salman Rushdie. Le nostre impoverite case editrici hanno reagito stampando libri e opuscoli per confutare il contenuto [dei Versi Satanici], nonostante che fosse vietato in tutte le capitali del mondo musulmano. Qualcuno ha pronunciato sconfessioni, dinieghi e ricusazioni del libro senza averne letto o essersi familiarizzato con il contenuto! Qualcuno aspetta ancora di uccidere Salman Rushdie, sperando così - con il sangue [di Rushdie] - di essere più vicino ad Allah [in cielo] o di [incassare] il milione di dollari che, all'epoca, l'Iran aveva stanziato. Le autorità britanniche avevano aumentato il livello di sicurezza a protezione di Salman Rushdie, che è diventato molto famoso per il fatto che un'intera nazione aveva deciso di assassinarlo [...]».

Dove sono le fatwa contro Bin Laden?

«Nonostante che Bin Laden abbia fatto assassinare migliaia di innocenti in nome della nostra religione e causato danni ai musulmani ovunque e in particolare ai musulmani in Occidente, la cui vita è molto migliore di quella dei correligionari nei paesi islamici, fino a oggi non è stata pronunciata nemmeno una singola fatwa per richiedere l'uccisione di Bin Laden, col pretesto che Bin Laden continua ad affermare che "non c'è Dio al di fuori di Allah" ?

Ma mettiamo da parte [il tema delle] fatwa. Si sono fatte dimostrazioni per condannare le azioni di Bin Laden in una qualche capitale islamica? Forse alcuni hanno manifestato in suo favore… I canali satellitari [musulmani] hanno gareggiato fra loro nella diffusione dei suoi sermoni e delle sue fatwa , invece di impedirla come hanno fatto nel caso del libro di Rushdie. Abbiamo [forse] stanziato una ricompensa per chiunque uccida Bin Laden, come abbiamo fatto per chiunque avesse ucciso Rushdie a causa del suo libro?

Con la nostra posizione equivoca su Bin Laden, fin dall'inizio abbiamo dato al mondo l'impressione di essere tutti dei Bin Laden ».


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