La tv araba Al Jazeera soffia sul fuoco del fondamentalismo

Da molto tempo Al Jazeera (la cosiddetta ‘CNN araba’), l’emittente TV sita nel Qatar, è accusata di essere troppo vicina alle posizioni fondamentaliste islamiche, svolgendo il ruolo di portavoce per i vari gruppi terroristici sparsi nel mondo, primo fra tutti Al Qeida. Ma la seguente intervista, rilasciata da un ex giornalista che vi ha lavorato per tre anni, e di cui ne riportiamo uno stralcio, scoperchia una pentole che bolle, rivelando una realtà gravissima, visto e considerato che l’emittente è seguita da centinaia di milioni di arabi che la considerano assolutamente affidabile e sopra le parti. Parrebbe quindi proprio che Al Jazeera svolga un ruolo attivo nella guerra che i fondamentalisti islamici stanno portando all’occidente.

L'INTERVISTA
di Magdi Allam, Corriere della Sera del 3/5/2004

«Molti reporter simpatizzano con Hamas e i gruppi della Jihad» «I capiredattori sanno in anticipo gli attentati suicidi che si verificheranno in Israele»

………… Finora gli osservatori esterni hanno potuto registrare il dato di fatto che la più nota rete di news del mondo arabo si presta a fungere da megafono di Osama Bin Laden. Ma è grazie alla testimonianza di Munir Mawari, un giornalista yemenita che vi ha lavorato per tre anni, dal 2000 al 2003, che ora possiamo comprendere come e perché Al Jazeera sia un vero e proprio apparato mediatico dell’integralismo e dell'estremismo islamico: «Posso dire con certezza che tra il 50 e il 70 per cento dei giornalisti e dei funzionari amministrativi di Al Jazira sono membri a pieno titolo o simpatizzanti di gruppi fondamentalisti islamici».

Nel suo intervento al convegno «Lumi dall'islam contro il fondamentalismo», organizzato a Bruxelles dall'Istituto italiano di cultura e dalla Fondazione Corriere della Sera, Mawari si era spinto al punto da sostenere che «il minimo che si possa dire è che ci sia un coinvolgimento spirituale dei giornalisti di Al Jazira nelle stragi di innocenti». Nell'intervista che ci ha concesso subito dopo in un salone della sede del Parlamento Europeo, spiega: «In redazione si scherzava su alcuni colleghi legati a Hamas e agli estremisti islamici. Non sto parlando di giornalisti semplici. Bensì di capi redattori. Li guardavamo mentre lavoravano e dicevamo che stavano preparando una "breaking news", una notizia dell'ultima ora, su un attentato terroristico che si sarebbe verificato dopo qualche ora. E che loro disponevano di tutte le informazioni. Non dovevano far altro che attendere per aggiungere il numero delle vittime. Lo dicevamo perché erano intimamente legati a Hamas e alla Jihad islamica».

….. Il giornalista palestinese quando si occupa della propria causa lo fa in modo emotivamente coinvolto».
Ebbene, prosegue Mawari, «questa emotività esplose con l'inizio della seconda Intifada nel settembre 2000. Nei primi tre giorni, il palestinese ucciso veniva definito "morto" al pari dell'israeliano ucciso. Ma, all'improvviso, un gruppo di giornalisti e impiegati protestò. Fu convocato il Consiglio di amministrazione e fu deciso che i palestinesi, vivi o ammazzati, sarebbero stati definiti fedayin , "coloro che sacrificano la propria vita per la pace". E in una fase successiva fu deciso di ribattezzare le vittime palestinesi shahid , martiri, sia che fossero autori di attentati suicidi o uccisi negli scontri con gli israeliani. Il direttore del sito on line, Mohammad Daoud, un palestinese, ci disse: "Noi non possiamo considerarci neutrali nel conflitto con Israele". Da allora Al Jazira non è mai più stata neutrale. Ed è così che è diventata un media d'opinione anziché di informazione. Perché vi prevale un'unica opinione».

Mawari afferma che l'involuzione islamica di Al Jazira è stata un processo inarrestabile: «Con l'evoluzione dell'Intifada è aumentato il numero di giornalisti e funzionari amministrativi legati a gruppi islamici. La maggioranza dei palestinesi sono membri di Hamas. La gran parte degli egiziani sono membri dei Fratelli Musulmani. Molti di loro hanno vissuto in Afghanistan e Pakistan. La percentuale dei liberali è minima, ininfluente. Alla fine i palestinesi sono riusciti a mettere le mani su tutte le leve di comando di Al Jazira . Il direttore generale, Waddah Khanfar, è un palestinese. Il direttore giornalistico, Ahmed el-Sheikh, è un palestinese. Il direttore della produzione, Ahmed al-Shouly, è un palestinese. La gran parte dei giornalisti, dei tecnici e degli addetti alla produzione sono palestinesi».

……….. «Mi sembra chiaro che Bin Laden ha scelto Al Jazira perché vi ha constatato una sincera simpatia nei confronti delle sue idee. Oggi in Iraq Al Jazira incita alla violenza e sostiene la sedicente resistenza irachena. Non si tratta di resistenza. E' terrorismo. E' evidente che la linea di Al Jazira è di non attenersi ai fatti, ma di dar sfogo alla propria emotività».

02/06/2004
integriamo quanto sopra con un articolo apparso su Tempi.it, dove vengono riportate altre informazioni che accusano Al Jazeera di complicità vera e propria con Al Qeida. I terroristi hanno deciso che la guerra bisogna combatterla, oltre che con fucili e bombe, anche sul piano 'mediatico', aizzando milioni di arabi all'odio contro l'occidente


E meno male che c’è Al Jazeera: libera, indipendente, moderna. Tutto il contrario delle grigie tivù arabe ufficiali, fatte interamente di filmati incensatori del presidente o del re e di interminabili veline governative lette col brio degli speaker delle stazioni ferroviarie. Ma che sia obiettiva, questo proprio no, di Al Jazeera non si può dire. Per quella irrimediabile inclinazione, come direbbe Magdi Allam, a utilizzare le espressioni «Massacri. Distruzioni. Assassinii. Brutali bombardamenti. Attacchi indiscriminati. Punizioni collettive. Azioni vendicative» quando si parla degli americani e degli israeliani, e «Martiri. Martirizzati. Vittime. Resistenti. Combattenti. Civili inermi. Donne e bambini innocenti» quando si parla degli irakeni e dei palestinesi. Per quella strana distrazione che porta a dedicare servizi su servizi alle manifestazioni di protesta contro le torture compiute dagli americani, mentre i funerali del presidente del Consiglio di governo irakeno Ezzedine Salim con decine di migliaia di partecipanti a Bassora vengono ignorati; a mostrare immagini raccapriccianti di vittime dei bombardamenti americani in Irak e israeliani nei territori palestinesi, ma a riscoprire improvvisamente sentimenti umanitari che impediscono di diffondere il video in cui Fabrizio Quattrocchi, prima di essere trucidato, pronuncia le parole della sua sfida: «Adesso ti faccio vedere come muore un italiano».

Giornalisti accusati di complicità coi terroristi.
Insomma, qualcosa che non torna dentro ed intorno ad Al Jazeera c’è. C’è Tayseer Alouni, intervistatore di punta della tivù (intervistò Osama Bin Laden all’indomani dell’11 settembre) residente in Spagna, arrestato nel settembre 2003 a Granada e oggi agli arresti domiciliari, in attesa di essere processato per complicità con Al Qaeda per ordine del procuratore Baltazar Garzon. C’è Mohammed Jasim Al Ali, il direttore che si è dimesso nel maggio dell’anno scorso, per “ragioni personali”, dopo che il Sunday Times di Londra aveva denunciato la sua presenza sul libro paga di Saddam Hussein. Ci sono il cameraman arrestato in Afghanistan e i due reporter arrestati in Irak perché avevano piazzato le loro telecamere davanti ad una stazione di polizia proprio poco prima che saltasse in aria per un attentato. E c’è la denuncia di Munir Mawari, il giornalista di origine yemenita che fra il 2000 ed il 2003 ha lavorato alla redazione del sito Internet di Al Jazeera (vedi articolo precedente)……….. Mawari è stato sbertucciato come inattendibile da colleghi di Al Jazeera e dai siti Internet pacifisti perché oggi lavora per i notiziari arabi della Voice of America, radio governativa americana. Ecco però che un’altra giornalista, l’italiana Silvia Grilli, mette piede nella sede della tivù del Qatar, e cosa racconta? «Nella bacheca di Al Jazeera ci sono tre foto: quella del corrispondente da Baghdad, Tareq Aiyoub, morto durante un bombardamento americano, e quelle dei due leader del gruppo terroristico Hamas, uccisi dagli israeliani: Abdel Aziz Rantisi e Ahmed Yassin. Sotto c’è scritta per tre volte la stessa parola: martire». E infine c’è un modo di lavorare che dà davvero sui nervi. Citiamo da Repubblica dell’8 gennaio scorso: «Due giornalisti si sono presentati al cancello di White Horse chiedendo un’intervista col colonnello (del contingente italiano, ndr). In quel momento Scalas era in un’altra base. Un capitano ha invitato i cronisti a tornare più tardi, spiegandogli che “non c’era alcun problema per parlare con il portavoce”… Ma nel servizio mandato in onda ieri, Al Jazeera ha informato i suoi telespettatori che i soldati italiani non li hanno voluti ricevere». Eh, no: così non si fa.

28/11/04
Riportiamo un’altra notizia che conferma, se mai ce ne fosse bisogno, del ruolo di Al Jazeera nell’attività terroristica degli integralisti islamici.


"Al Jazeera è tv dei terroristi"

Accusa del Ministro della Difesa iracheno

Hazem Chaalane, il ministro della Difesa iracheno, ha accusato Al Jazeera di essere "la televisione del terrorismo". Il ministro ha riferito ad un quotidiano che un responsabile dell'emittente del Qatar a Baghdad è il fratello di un terrorista legato ad Al Qaeda , lo stesso che avrebbe inviato alla tv i video delle esecuzioni degli ostaggi.
Da Tgcom.it del 23/11/04



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