Gesù e Maometto avevano la stessa idea di “conquista”?
Il 17/05/2016 è stata pubblicata sul L’Osservatore Romano l’intervista rilasciata da Papa Francesco al quotidiano cattolico francese “Le Croix”, dove si legge un’incauta equiparazione tra l’idea di “conquista” di Maometto, che a capo di un esercito conquistò vasti territori dopo cruente guerre, e Gesù, che inviò i suoi discepoli (chiaramente disarmati !) a evangelizzare il mondo.
Equiparazione che ha lasciato perplessi alcuni commentatori. Riportiamo un estratto del seguente articolo, tratto da L’Espresso del 23/5/2016 e scritto da Sandro Magister.
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Che cosa pensi papa Francesco dell'islam, l'ha già fatto capire più volte, sia pur con diplomatica parsimonia. L'ultima volta pochi giorni fa, in un'intervista al quotidiano cattolico francese "La Croix", interamente tradotta su "L'Osservatore Romano" del 17 maggio, nella quale tra l'altro ha detto:
"Non credo che oggi ci sia una paura dell’islam in quanto tale, ma di Daesh e della sua guerra di conquista, tratta in parte dall’islam. L’idea di conquista è inerente all’anima dell’islam, è vero. Ma si potrebbe interpretare, con la stessa idea di conquista, la fine del vangelo di Matteo, dove Gesù invia i suoi discepoli in tutte le nazioni".
Quasi nessuno ha reagito a questa incredibile parificazione tra la propagazione dell'islam con la spada, predicata da Maometto, e il comando missionario di Gesù.
Per fortuna ci ha pensato un commentatore tra i più competenti ed equilibrati, Aldo Maria Valli, il numero uno dei vaticanisti della televisione di Stato italiana, in un commento nel suo blog personale.
Il commento è da leggere tutto, perché analizza acutamente anche altri passaggi discutibili dell'intervista a "La Croix", come il rifiuto di ogni riferimento all'identità ebreocristiana dell'Europa, che secondo il papa "può essere trionfalista e vendicativo" o addirittura "colonialista". Ma ecco che cosa Valli scrive sul punto, citando un islamologo qualificato, molto ascoltato negli anni di Benedetto XVI:
"Sorvoliamo sul fatto che oggi ci sia più paura di Daesh, cioè dello Stato islamico, che dell’Islam in quanto tale: se ne può discutere. Le vere parole problematiche sono quelle con cui Francesco dice che, con lo stesso metro di giudizio, si può interpretare come attività di conquista anche la missione affidata da Gesù ai discepoli.
"Qui il papa riprende un’idea già espressa in 'Evangelii gaudium', quando, affermando che i fondamentalismi ci sono da entrambe le parti, sia fra i cristiani sia fra i musulmani, li mette sostanzialmente sullo stesso piano.
"Ma è un’affermazione che non sta in piedi. E per spiegarlo ci rifacciamo a quanto scrive un esperto di Islam come il padre Samir Khalil Samir, anche lui gesuita, che a proposito di 'Evangelii gaudium' e del parallelo fatto dal papa afferma (Asianews, 19 dicembre 2013): 'Personalmente, non metterei i due fondamentalismi sullo stesso piano: i fondamentalisti cristiani non portano le armi; il fondamentalismo islamico è criticato, anzitutto proprio dai musulmani, perché questo fondamentalismo armato cerca di riprodurre il modello maomettano. Nella sua vita, Maometto ha fatto più di sessanta guerre; ora se Maometto è il modello eccellente (come dice il Corano, 33:21), non sorprende che certi musulmani usino anche loro la violenza ad imitazione del fondatore dell’Islam'.
"E a questo punto occorre parlare della violenza nel Corano e nella vita di Maometto. Sentiamo ancora il padre Samir: 'Nel paragrafo 253 [di Evangelii gaudium] si legge: Il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza. Questa frase è bellissima, ed esprime un atteggiamento molto benevolo del papa verso l’Islam. Mi sembra però che essa esprima più un desiderio che una realtà.
Che la maggioranza dei musulmani possa essere contraria alla violenza, può anche darsi. Ma dire che il vero Islam è contrario ad ogni violenza non mi sembra vero: la violenza è nel Corano. Dire poi che un’adeguata interpretazione del Corano si oppone ad ogni violenza ha bisogno di molte spiegazioni. Se l’Islam vuole rimanere oggi in questa visione legata al tempo di Maometto, allora ci sarà sempre violenza. Ma se l’Islam – e vi sono parecchi mistici che l’hanno fatto – vuole ritrovare una spiritualità profonda, allora la violenza non è accettabile. L’Islam si trova davanti a un bivio: o la religione è una strada verso la politica e verso una società politicamente organizzata, oppure la religione è un’ispirazione a vivere con più pienezza e amore.
Chi critica l’Islam a proposito della violenza non fa una generalizzazione ingiusta e odiosa: mostra delle questioni presenti, vive e sanguinanti nel mondo musulmano. In Oriente si comprende molto bene che il terrorismo islamico è motivato religiosamente, con citazioni, preghiere e fatwa da parte di imam che spingono alla violenza. Il fatto è che nell’Islam non vi è un’autorità centrale, che corregga le manipolazioni. Ciò fa sì che ogni imam si creda un muftì, un’autorità nazionale, che può emettere giudizi ispirati dal Corano fino a ordinare di uccidere'.
"Ho citato a lungo le parole del padre Samir perché sono chiare e pongono il problema nella giusta prospettiva. L’Islam ha un problema con la violenza di matrice religiosa, come aveva segnalato Benedetto XVI a Ratisbona nel 2006. Negarlo vuol dire prima di tutto non aiutare l’Islam a fare i conti con se stesso.
"Certo, ogni religione, in misura più o meno accentuata, può avere un problema con la violenza, perché ogni religione, compresa quella cristiana, può essere usata in modo fanatico e violento. Ma sostenere che il cristianesimo e l’Islam siano, in questo senso, speculari, non è corretto, perché il Nuovo testamento e il Corano non sono la stessa cosa. Un cristiano fanatico, che interpreti come un mandato di conquista il compito assegnato da Gesù agli apostoli, snatura completamente il Vangelo. Un islamico fanatico, che interpreti come mandato di conquista alcuni messaggi di Maometto, può trovare nel Corano parole che sostengono la sua tesi".