Il termine marijuana si riferisce alle infiorescenze femminili essiccate e conciate delle piante appartenenti al genotipo THCAS (volgarmente "canapa indica"). In essa sono contenute diverse sostanze stupefacenti psicoattive, tra cui il principale è il Δ9-tetraidrocannabinolo. Il materiale vegetale o i preparati che ne contengono, sono considerati facenti parte delle cosiddette "droghe leggere". Oggi in Italia, ai fini della legge, la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti è stata abolita.
Il termine
Il termine marijuana è il nome comune col quale in Messico viene indicata tale
pianta destinata a ricavare droga. L'uso del termine marijuana sì è poi diffuso
in tutto il mondo veicolato dai media fin dalla prima metà del secolo scorso.
Sono innumerevoli in Italia ed all'estero i termini gergali, regionali o
subregionali, che identificano la marijuana e l'hashish.
Nel gergo comune, per marijuana si intendono le infiorescenze delle piante
femminili essiccate e conciate per essere fumate, benché il fumo non sia l'unico
veicolo dei cannabinoidi, essendo liposolubili. I metodi di assunzione
alternativi a quello tradizionale prevedono ad esempio l'uso del latte, del
burro o di altri lipidi nei quali si possano sciogliere i cannabinoidi attivi (THC).
Dalle infiorescenze si ricava anche una particolare resina lavorata di
consistenza da solida a collosa in relazione alla modalità di produzione
(l'hashish).
La foglia di canapa indica, simbolo mediatico della marijuana, non si fuma
poiché povera in principi attivi e ricca di clorofilla che inasprisce il tipico
sapore dolciastro delle infiorescenze.
Effetti indotti
Gli effetti indotti dall'uso di questa pianta sono svariati, hanno differente
intensità a seconda del soggetto, dalle circostanze psico-fisiche in cui la si
assume, e dell'assuefazione del consumatore; i principali effetti possibili
sono:
distorsione del reale (capacità recettive), sensazione di aumento delle percezioni;
attenuazione della reattività fisica e mentale;
temporaneo abbassamento di pressione sanguigna;
tendenza all'ilarità, lieve effetto euforizzante;
aumento dell'appetito, soppressione della sensazione di sazietà;
se assunta in ingenti quantità, nei soggetti predisposti, può provocare stati d'ansia.
Oltre all'azione cancerogena causata dal fumo indipendentemente dalla sostanza fumata, l'uso di tali sostanze può provocare, nei soggetti ove siano già presenti a livello latente, anche effetti quali:
nausea
disorientamento e forte opacità cognitiva
apatia (in caso di assunzione prolungata)
Non sono documentati dalla storia medica casi di morte collegabili con l'uso di marijuana. Al pari di ogni altra molecola attiva, anche gli effetti collaterali dei cannabinoidi sono in stretta relazione col metabolismo e con le dosi assunte dal soggetto. Ad esempio: la nausea è uno degli effetti collaterali che si presenta con maggiore frequenza dopo le prime assunzioni, nonostante una delle applicazioni terapeutiche sia legata proprio alle proprietà antiemetiche di alcuni tra i princìpi attivi.
L'assunzione di questi derivati può avere inoltre interazioni
con farmaci. Un ulteriore e recente studio statunitense ha comunque escluso
danni cardiaci dovuti ad un utilizzo anche non moderato dei principi attivi
della canapa indica. Secondo alcuni, con l'uso cronico intensivo sono possibili
danni neuronali, ma l'aspetto è controverso dato che in ricerche scientifiche
sia in vitro che in vivo, si sono evidenziate le potenzialità neuroprotettive
dei cannabinoidi.
I vari effetti, come detto in precedenza, possono essere condizionati in maniera
influente anche da due fattori psicologici: il set (lo stato d'animo di chi
consuma) e il setting (la compagnia con cui si trova ed il luogo dove si trova
il consumatore).
Nel Marzo 2007 la rivista scientifica The Lancet pubblica uno studio che
evidenzia minore pericolosità della marijuana rispetto ad alcool, nicotina o
benzodiazepine.