Relazione alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri sull’attività svolta
dal maggio 1997 al maggio 1998
Il comitato
per le pari opportunità del Dipartimento della pubblica sicurezza, istituito
dal Capo della Polizia, in attuazione dell’articolo 20 del D.P.R. 31
luglio 1995 n.395, con decreto del 22 gennaio 1997, si è riunito tre
volte dal maggio del 1997- al maggio del 1998.
Nella prima riunione, in conformità a
quanto disposto dalla circolare 24 marzo 1993, n.12 della Presidenza
del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, ha
adottato il Regolamento interno che ne disciplina l’attività, in quelle
successive ha approfondito specifiche tematiche di rilievo, con la costituzione
nel suo ambito di gruppi di lavoro, con l’attivazione di strumenti
di monitoraggio e con la formulazione di proposte a sostegno delle politiche
delle pari opportunità.
Il 9 dicembre scorso una rappresentanza
del Comitato ha partecipato ad un incontro con gli altri due omologhi
Comitati istituiti presso il Ministero dell’interno, e cioè quello della
Protezione civile e quello dell’Amministrazione civile, e nel corso
della riunione, che ha costituito una utile sede di confronto, è stata
prospettata la comune necessità di organizzare un dibattito, con la
partecipazione del Ministro delle pari opportunità, per affrontare,
tra l’altro, le problematiche della configurazione, del funzionamento,
del ruolo e dei compiti degli organismi in argomento nell’ambito delle
relative amministrazioni.
Le iniziative assunte dal Comitato, in
relazione alle competenze allo stesso demandate dall’articolo 20 del
citato D.P.R. n.395, possono così riassumersi:
Ø ha chiesto al Dipartimento
della pubblica sicurezza di essere consultato, per gli aspetti riguardanti
alle tematiche d’interesse, in sede di contrattazione collettiva;
Ø ha
raccomandato al Dipartimento l’introduzione della trattazione delle
tematiche della parità e delle pari opportunità tra le materie dei corsi
di formazione e di aggiornamento professionale del personale della
Polizia di Stato - con l’ausilio di materiali didattici che diano particolare
risalto alla normativa di settore - affinché sia favorito ed incrementato
il riconoscimento della pari dignità, l’approfondimento culturale e
l’educazione al rispetto ed alla comprensione delle diversità;
Ø ha
verificato che nei corsi di formazione del personale della Polizia
di Stato ( istruttore di tecniche operative, guida operativa, istruttore
di tiro, difesa personale, istruttore di sci, esperto di manovre di
corda, etc.) è garantita la partecipazione delle donne in misura proporzionale
alla loro presenza nella Amministrazione: in particolare il rapporto
tra le domande presentate dalle donne e quelle presentate dagli uomini
è risultato pari al 10% , percentuale rispettata anche nel rapporto
relativo alle qualificazioni conseguite nei corsi di specie. Relativamente,
invece, ai corsi per «formatori»- riservati al personale in servizio
presso le Scuole della Polizia di Stato- ed ai corsi per i «responsabili
del servizio di prevenzione e protezione «, di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo n.624/ 1994, la partecipazione delle donne è stata,
in termini percentuale, nettamente superiore.
Ø ha
attivato un’indagine conoscitiva a livello nazionale per verificare
la distribuzione e l’impiego del personale femminile nei vari servizi
ed uffici;
Ø ha
verificato che la disposizione dell’articolo 33, comma 3 della legge
1° aprile 1981, n.121 - che letteralmente prevede «ai reparti mobili
in servizio di ordine pubblico è assegnato di norma personale maschile»
- non introduce una ingiustificata diseguaglianza di trattamento ma
riconosce e tutela la specificità femminile per non rendere ineffettivi
i diritti inviolabili disciplinati in modo espresso dalla Carta costituzionale.
La locuzione di norma, non introduce,
infatti, un limite per il personale femminile ( premesso che la disposizione
non esclude né la possibilità di una assegnazione d’ufficio nè preclude
a ciascuna appartenente la possibilità di chiedere la specifica assegnazione,
fermo restando che gli incarichi diversi dai servizi di ordine pubblico
possono essere svolti indifferentemente dal personale maschile o femminile
) ma per l’Amministrazione la quale, pur essendo coessenziale al proprio
ordinamento, ai sensi dell’articolo 25 della citata legge n.121,
che la Polizia di Stato espleti i servizi d’istituto con personale
maschile e femminile con parità di attribuzioni, di funzioni, di trattamento
economico e di progressione di carriera, non può liberamente determinare
la composizione degli organici dei Reparti mobili, relativamente al
loro impiego nei servizi di ordine pubblico.
Il disposto normativo, infatti, impone
all’Amministrazione di riconoscere la precedenza alla specificità femminile
al fine di realizzare fra gli operatori della Polizia di Stato la
parità sostanziale oltre a quella giuridico- formale sancita dall’articolo
25 della citata legge n.121.
Ø ha
considerato, quale finalità essenziale perché fosse garantito il radicarsi
di una cultura della parità, la diffusione capillare degli «organismi
di parità» a livello locale e, pertanto, ha verificato, attraverso
un «monitoraggio» a livello nazionale, che in ogni provincia fossero
state costituite le Commissioni con compiti, tra l’altro, di verifica
e formulazione di proposte in materia di misure dirette a favorire pari
opportunità nel lavoro e nello sviluppo professionale e di vigilanza
sulla puntuale ed immediata attuazione delle norme di settore (art.
26 del D.P.R. 31 luglio 1995 n. 395; circolare Nr.555/39/ RS/C.N.4 del
17 giugno 1997 Dipartimento della pubblica sicurezza - Ufficio per la
Riforma e le Relazioni con le Organizzazioni sindacali del personale
della Polizia di Stato);
Ø ha
ritenuto - in relazione alla Raccomandazione 92/131/CEE della Commissione
della Comunità Economica Europea - non necessaria l’adozione di uno
specifico «codice di condotta» per assicurare la tutela della dignità
della persona, con riguardo alla prevenzione e repressione delle molestie
sessuali sul luogo di lavoro, dal momento che la posizione degli operatori
della Polizia di Stato si delinea in proposito con connotazioni tali
da differenziarla rispetto a quella di tutti gli altri pubblici dipendenti:
l’Amministrazione della Pubblica Sicurezza è, infatti, civile ma ad
ordinamento speciale - articolo 3 della legge 1 aprile 1981, n.121 -
il personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato si caratterizza
per il particolare stato giuridico rivestito, ciascun operatore è ufficiale
o agente di polizia giudiziaria ed, inoltre, qualora la molestia sessuale
non dovesse configurare un reato punibile dalla normativa penale potrebbe
costituire, attesa l’esaustività e la specificità dei doveri generali
e particolari di condotta imposti dal Regolamento di disciplina (D.P.R.
25 ottobre 1981, n.737) una violazione disciplinare anche perché, a
differenza degli altri pubblici dipendenti, gli operatori di polizia
sono sottoposti individualmente all’annuale rapporto informativo dei
loro superiori ed è difficile che condotte abnormi non siano rilevate
e rimangano senza conseguenze.
Relativamente, invece, alla promozione
di azioni positive - definite dalla legge che le ha previste per la
prima volta, la legge n.125 del 1991, come «misure per le donne» volte
a rimuovere gli ostacoli che, di fatto, impediscono la realizzazione
di pari opportunità - sono attualmente in fase di studio le seguenti
due iniziative:
1. valutazione
delle concrete possibilità di realizzare a livello nazionale il «Progetto
Salute Donna» per la prevenzione e diagnosi dei tumori femminili, programma
riservato alle dipendenti della Polizia di Stato e ai familiari di sesso
femminile e già da alcuni anni attivato nella capitale dalla Direzione
Centrale di Sanità del Dipartimento della pubblica sicurezza in collaborazione
con il Policlinico «Gemelli» di Roma.
2. analisi,
in relazione alla disponibilità dei fondi stanziati dalla legge n.
125 del 1991, delle concrete possibilità di istituire un servizio di
custodia sui luoghi di lavoro dei figli degli appartenenti alla Polizia
di Stato, purché in età dai 4 ai 10 anni.
Relazione alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri sull’attività’ svolta
dal maggio 1998- al maggio
1999
Nel corso dell’anno 1998-1999 il comitato
per le pari opportunità del Dipartimento della pubblica si è riunito
più volte.
Durante il periodo in riferimento una particolare
attenzione è stata prestata, anche con una specifica azione di monitoraggio,
alla costituzione in ogni provincia delle locali Commissioni di parità
- i cui compiti sono espressamente indicati dall’art.26 del D.P.R. n.395/1995
e dalla circolare Nr.555/39/RS/C.N.4 del 17 giugno 1997, Dipartimento
della Pubblica Sicurezza, Ufficio per la Riforma e le Relazioni con
le Organizzazioni sindacali del personale della Polizia di Stato - in
quanto la diffusione capillare dei predetti organismi è stata considerata
dal Comitato un obiettivo essenziale per consentire un miglior approfondimento
delle problematiche e una più incisiva attività operativa nonché per
garantire il radicarsi di una cultura di parità in modo da rendere irreversibili
i relativi processi di realizzazione.
Numerose sono state, inoltre, le occasioni
per una partecipazione del Comitato ad incontri e seminari organizzati
dalla Commissione Nazionale per la parità e le pari opportunità tra
uomo e donna e da altri Comitati.
In particolare, nello scorso mese di
maggio ha aderito al dibattito sul «Progetto donna», promosso dall’INAIL;
il 24 giugno successivo al Seminario di studi sul «Ruolo dei comitati
per le pari opportunità, anche in vista del rinnovo del contratto collettivo
di lavoro», organizzato dai C.P.O. del Consiglio di Stato e dei Tribunali
Amministrativi; nel mese di ottobre, all’incontro organizzato dalla
già ricordata Commissione Nazionale e, da ultimo, il 2 marzo scorso
al «Convegno sull’ingresso delle donne nelle Forze armate», organizzato
dall’Associazione Nazionale dell’Arma di Cavalleria
I menzionati incontri si
sono rilevati particolarmente utili per confrontare e raccogliere le
esperienze e le aspirazioni degli omologhi organismi nazionali di parità
del settore pubblico, anche alla luce delle innovazioni nel frattempo
intervenute nel campo legislativo e delle verifiche e degli obiettivi
messi a fuoco dalla direttiva diramata, il 27 marzo 1998, dal Presidente
del Consiglio dei Ministri «pro tempore».
Tuttavia, pur costituendo, anche in relazione
all’autorevolezza delle personalità che sono intervenute, una ferma
testimonianza della serietà dell’impegno delle Amministrazioni e dello
Stato nei confronti dell’Unione europea e della collettività nella realizzazione
degli obiettivi e delle strategie di parità e di pari opportunità, dai
dibattiti è emerso che allo stato attuale i Comitati per le pari opportunità
soffrono una crisi di identità che affonda le proprie radici nella contraddizione
di fondo, avvertita in modo significativo nel corso del loro funzionamento,
tra le finalità per le quali sono stati istituiti e la mancanza in concreto
degli strumenti organizzativi e finanziari affinché possano funzionare
effettivamente nell’ambito dei compiti che ad essi sono stati assegnati.
Conseguentemente, in ragione dell’eccessiva
genericità del vigente quadro giuridico di riferimento e della mancanza
di finanziamenti per l’attuazione delle c.d. azioni positive - fattori
che, di fatto, vanificano l’azione propulsiva e propositiva assegnata
ai Comitati stessi - è stata particolarmente apprezzata l’attività svolta
dal gruppo di lavoro «Istituzioni e riforme», costituito dalla già ricordata
Commissione Nazionale - al quale va il ringraziamento di tutti i componenti
di questo Comitato – conclusasi con la presentazione al Ministro della
funzione pubblica di un articolo correttivo del decreto legislativo
n.80 del 1998 - l’articolo 7-bis del decreto legislativo n.29 del 1993
- volto ad integrare i precitati atti normativi con una più esplicita
dichiarazione dei principi di pari opportunità e con la definizione
in termini puntuali del ruolo delle funzioni e della strumentazione
dei Comitati, nell’ottica generale del rafforzamento della capacità
progettuale, di rete e di riforma delle organizzazioni e delle procedure
della pubblica amministrazione. L’introduzione di tale articolo - con
il quale è stabilito che ogni Comitato debba avere una propria segreteria
organizzativa (formata da personale dell’amministrazione ivi collocato
a tempo pieno), e proprie risorse economiche per il funzionamento e
la realizzazione di autonome iniziative e di progetti di azioni positive
(risorse che dovranno essere iscritte in appositi capitoli di spesa
delle unità previsionali di base delle rispettive amministrazioni e
quantificate annualmente in sede di bilancio di previsione dello Stato)
- costituisce, infatti, anche ad avviso di questo collegio, la condizione
imprenscindibile perché possano realizzarsi quegli obiettivi di parità
e di pari opportunità che, nel nuovo testo dell’art.1 del decreto
legislativo n.29 del 1993, come innovato dalla recente «riforma Bassanini»,
trovano una collocazione primaria fra gli scopi essenziali da raggiungere.
Relativamente, invece, alle iniziative
assunte da questo Comitato, durante l’arco temporale di riferimento
e nell’ambito delle competenze allo stesso demandate dall’art.20 del
citato D.P.R. n.395 del 1995, si fa presente che lo stesso:
1. ha ulteriormente
perseguito, direttamente ed attraverso la specifica attività svolta
dagli organismi provinciali di parità, la linea di azione sviluppata
nel corso del precedente anno, relativa all’introduzione delle tematiche
concernenti la cultura della parità nei corsi di formazione ed aggiornamento
professionale degli operatori della Polizia di Stato;
2. ha verificato
l’attuazione del principio della partecipazione delle donne ai corsi
di specializzazione e qualificazione professionale - che, secondo quanto
stabilito dal decreto legislativo n.29 del 1993, deve avvenire in misura
proporzionale alla loro presenza nell’Amministrazione - accertando,
tra l’altro, che ai corsi di carattere volontario, quali quelli di guida
operativa, di difesa personale, di istruttore di tecniche operative,
istruttore di tiro, di istruttore di sci e di esperto di manovre di
corda, le domande presentate dalle donne costituiscono il 10% del totale
e che il 10% delle partecipanti hanno superato positivamente i corsi
di specie conseguendo la relativa qualificazione. Con riguardo, invece,
ai corsi per «formatori»- riservati al personale in servizio presso
le Scuole della Polizia di Stato - ed ai corsi per i «responsabili
del servizio di prevenzione e protezione «, di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo n.626 del 1994, si è accertato che la partecipazione
delle donne è stata, in termini percentuale, nettamente superiore.
3. ha rilevato -
sulla base dell’analisi dei dati relativi ai dipendenti della Polizia
di Stato - che l’ingresso delle donne nella Amministrazione della Pubblica
Sicurezza ha fatto registrare percentuali significative che, negli ultimi
anni, hanno superato ampiamente il 10 %. Gli stessi dati, disaggregati
per sesso e per qualifica, hanno altresì evidenziato che la presenza
delle donne nelle qualifiche dirigenziali, pur se esigua, corrisponde
alla percentuale di presenza. Su tale specifica tematica si sono, inoltre,
già attivati alcuni organismi provinciali per le pari opportunità, con
monitoraggi ed iniziative finalizzate ad offrire una più particolareggiata
analisi della presenza e dell’impiego del personale femminile della
Polizia di Stato.
Si rappresenta, inoltre, che con la costituzione
di appositi gruppi di lavoro e di studio questo Comitato ha sviluppato
le seguenti azioni positive:
1. in
ragione delle difficoltà economiche ed organizzative che, al momento,
si frappongono alla realizzazione in ambito nazionale del «Progetto
Salute Donna» - programma per la prevenzione e diagnosi dei tumori
femminili che, come già ricordato nella Relazione per l’anno 1997-1998,
è già da alcuni anni stato attivato nella capitale a cura dalla Direzione
Centrale di Sanità del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, in collaborazione
con il Policlinico «Gemelli» di Roma, e che, pur se con modalità differenti,
sotto il profilo delle prestazioni gratuitamente fruibili, è altresì
operativo nelle città di Napoli, Milano e Palermo - sta curando l’elaborazione
di un manuale, che sarà distribuito attraverso le strutture sanitarie,
centrali e periferiche, della Amministrazione della pubblica sicurezza,
destinato a raccogliere organicamente ogni utile informazione sulla
tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, dedicando
un particolare spazio alla normativa di settore.
2. un
Gruppo di lavoro sta, invece, ultimando la stesura di un questionario
che, secondo le indicazioni del Comitato, dovrà articolarsi in una serie
di sintetiche domande (alcune a carattere oggettivo: l’età, la qualifica
rivestita, et.; altre a carattere soggettivo: i percorsi di carriera,
gli incarichi svolti, la personale percezione delle tematiche relative
alla parità, et.) compilando il quale ciascun appartenente alla Polizia
di Stato, volontariamente ed in forma anonima, potrà concorre ad indicare
le direttrici d’azione da percorrere per giungere ad una parificazione
delle condizioni di vita e di lavoro e ad una partecipazione equilibrata
di donne e di uomini al processo decisionale.
3. sulla
base delle indicazioni fornite da un secondo Gruppo di lavoro il Comitato
ha, infine, rappresentato all’Amministrazione l’esigenza di sviluppare
misure idonee a conciliare ulteriormente le responsabilità familiari
con quelle lavorative, attesi i mutamenti intervenuti nelle famiglie,
nel rispettivo ruolo svolto dalle donne e dagli uomini nella società
e nella composizione demografica del Paese, evidenziando, in particolare,
come l’insufficienza e l’eccessiva onerosità delle strutture per la
prima infanzia costituiscano ancora uno dei principali ostacoli all’attività
professionale delle donne che allevano bambini in tenera età. Conseguentemente,
sull’esempio di quanto già fatto dall’Amministrazione in attuazione
dell’articolo 16 del D.P.R n.147 del 1990 - che prevedeva il rimborso
di una quota delle spese sostenute dal personale della Polizia di Stato
per gli asili nidi dei propri figli - ha chiesto al competente Servizio
del Dipartimento della Pubblica Sicurezza di valutare la fattibilità
di una misura di sostegno economico alternativa proponendo, con la
contribuzione volontaria dei dipendenti interessati, la stipula di specifiche
convenzioni tra l’Amministrazione e le strutture pubbliche e private
interessate.
Relazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
sull’attività’ svolta
dal maggio 1999 - al maggio 2000
Nel periodo di riferimento
il comitato per le pari
opportunità del Dipartimento della pubblica sicurezza si è riunito più
volte ed ha partecipato, con l’intervento del Presidente e di singoli
componenti, ad alcuni tavoli di lavoro e dibattiti culturali che si
sono rilevati particolarmente utili per confrontare e raccogliere le
esperienze e le aspirazioni degli altri organismi nazionali di parità
del settore pubblico, alla luce anche delle rilevanti innovazioni nel
frattempo intervenute nel campo legislativo.
Sul piano dell’iniziativa legislativa il
periodo ha, infatti, costituito, per la “politica” delle pari opportunità,
un anno di significativo rinnovamento e notevoli sono stati gli sforzi
intrapresi dal Governo per dare una svolta decisiva, in senso giuridico
e, soprattutto, culturale a questo delicatissimo settore delle relazioni
interpersonali, le cui valenze ed implicazioni, a differenza di altri
tipi di relazioni umane, non operano isolatamente nel privato o solo
nel pubblico, ma sono destinate ad intersecarsi continuamente.
In
particolare sotto il profilo normativo tale azione - certamente agevolata
da un contesto complessivo caratterizzato da una crescente consapevolezza
ed accettazione delle questioni di pari opportunità, dalla ormai consolidata
presenza dei relativi organismi in molte strutture e organizzazioni
pubbliche e dalla valorizzazione di una molteplicità di sedi e di canali
di comunicazioni (tra cui figura anche l’attivazione di specifici siti
Internet) - ha riservato una peculiare attenzione sia alla promozione
dell’inserimento della donna in nuovi ambiti professionali che agli
aspetti delle questioni di pari opportunità più sofisticatamente collegati
alla “qualità della vita”, soprattutto della vita familiare e sociale.
Basti pensare, tra gli altri, alla legge 5 febbraio 1999, n.25, che
ha introdotto un’ampia tutela del rapporto figlio-genitore nel caso
di lavoro notturno di quest’ ultimo, alla legge 20 ottobre 1999, n.380,
recante la delega al Governo per l’istituzione del servizio militare
femminile volontario e, da ultimo, alla legge 8 marzo 2000, n.53 che,
come è noto, ha innovato profondamente la normativa sui congedi parentali
e formativi dei genitori.
Continuo è stato, poi, l’impegno assicurato
dal Ministro e dal Dipartimento delle pari opportunità all’attività
di impulso e di monitoraggio delle amministrazioni statali: sono state
avviate, infatti, specifiche iniziative di verifica dell’attuazione
delle condizioni volte a garantire una presenza significativa delle
donne negli organismi di nomina governativa e negli incarichi di responsabilità
dell’amministrazione pubblica - primo obiettivo del piano di azione
nazionale adottato, in applicazione della piattaforma di Pechino, con
la direttiva del 27 marzo 1997 del Presidente del Consiglio dei Ministri
“pro tempore” - ed è stato elaborato un apposito decreto legislativo,
recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri, con il quale, per
riequilibrare la presenza delle donne negli incarichi di responsabilità,
è stata prevista l’introduzione dell’obbligo, per le amministrazioni
pubbliche in cui le dirigenti siano meno di due terzi, di fornire una
motivazione scritta qualora la nomina a dirigente, a parità di meriti
e di titoli, ricada sul candidato uomo, anziché sulla candidata donna.
Questo complesso e variegato quadro di
iniziative, tuttavia, se da un lato costituisce la prova della vivacità
culturale e della sensibilità istituzionale alle tematiche della parità
e delle pari opportunità, dall’altro non ha, al momento, ancora permesso
di superare completamente gli aspetti più problematici del “sistema
degli organismi di parità” ed, in particolare, di avviare il processo
di generale riforma, ormai da tempo e da più parti auspicato, volto
a valorizzarne la rappresentatività, il ruolo ed i poteri ed a superare
definitivamente la situazione attuale, avvertita in modo significativo
nel corso del funzionamento, connotata dall’esistenza di una contraddizione
di fondo tra le finalità per le quali sono stati istituiti e la mancanza
in concreto degli strumenti organizzativi e finanziari necessari ad
assolvere con efficacia ai compiti che ad essi sono stati assegnati.
Si confida, pertanto, nel buon esito degli
studi e delle varie iniziative che, in tema di rafforzamento degli
organismi di parità, sono state assunte dalla Commissione Nazionale
per la parità e le pari opportunità, con il contributo del Dipartimento
delle pari opportunità.
Relativamente, invece,
alle iniziative assunte da questo Comitato, durante l’arco temporale
di riferimento e nell’ambito delle competenze allo stesso demandate
dall’art.20 del citato D.P.R. n.395, si fa presente che lo stesso:
1. ha investito la quasi totalità
delle proprie energie nell’elaborazione, diffusione e successiva attività
di raccolta dei dati acquisiti da una “indagine conoscitiva” realizzata
con la distribuzione, a tutti operatori della Polizia di Stato, di un
“questionario” articolato in una serie di sintetiche domande, compilando
il quale ciascun dipendente, volontariamente ed in forma anonima, ha
potuto fornire gli elementi conoscitivi per la verifica delle differenze
esistenti tra le condizioni - di vita e di lavoro - e le esigenze delle
donne e degli uomini nell’ambito della Polizia di Stato. Le risultanze
di tale rilevazione, una volta ultimate, saranno oggetto di un’approfondita
analisi sistematica, volta anche ad individuare le direttrici d’azione
da seguire per giungere ad un’effettiva ed equilibrata partecipazione
di donne e di uomini al processo decisionale.
2. ha
realizzato un maggior coordinamento tra le proprie funzioni e quelle
delle Commissioni provinciali per le pari opportunità, nella ricerca
di un equilibrio che eviti sovrapposizioni di ruolo e valorizzi la reciproca
efficienza per consentire, con lo svolgimento di azioni complementari
e parallele, una più incisiva attività operativa ed il radicarsi di
una cultura di parità in modo da rendere irreversibile i relativi processi
di realizzazione. In quest’ottica particolarmente significativi sono
stati i livelli di coordinamento e di reciproca collaborazione raggiunti
per lo svolgimento della menzionata “indagine conoscitiva”;
3. ha preso parte, con la
partecipazione del proprio Presidente, ad una seduta del Gruppo di lavoro
istituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza per l’esame
delle tematiche connesse alla riorganizzazione dei Reparti Mobili della
Polizia di Stato, nel corso della quale ha riferito le determinazioni
assunte dal Comitato sulla tematica dell’assegnazione del personale
femminile ai predetti Reparti della Polizia di Stato suggerendo, in
particolare, di attuare le future assegnazioni secondo il criterio della
gradualità, con riguardo sia alle dotazioni organiche sia alle qualifiche
rivestite dalle interessate, della preventiva ed accurata selezione
psicofisica ed attitudinale delle interessate e di un efficace ed adeguato
addestramento ed equipaggiamento.
Con
riguardo, infine, alla tematica dei c.d.“asili nido”- di cui si è fatto
cenno nella precedente relazione - si fa presente che la stessa ha costituito
oggetto delle disposizioni degli artt.17 e 36 dell’ultimo contratto
di lavoro firmato dalle parti sociali.