Kurt Vonnegut

 

Perle ai porci
1965 - Eleuthera, pag.228


 

Elliot Rosewater, ubriacone, pompiere volontario, ex-combattente pentito e presidente della ricchissima Rosewater Foundation (lasciatagli imprudentemente in gestione dal padre) è il protagonista di questo capolavoro di umorismo nero. Con la sua storia irriverente d'ogni conformismo benpensante, la storia di un individuo perseguitato da un'idea pazzescamente sana della sulidarietà umana, Vonnegut ha tracciato un ritratto feroce, brillante, divertente e corrosivo dell'ipocrisia e stupidità dell'uomo contemporaneo. La storia di questo “folle di Dio” dei nostri giorni è, al solito. poco più di una scusa per il dispiegarsi dell'eccezionale talento narrativo dell'autore, della sua scatenata immaginazione, saggiamente folle e follemente saggia, della sua capacità di fondere divertimento e critica sociale.

dall'introduzione...
Nel lontano 1965 ero così a bolletta che lasciai la famiglia a Cape Cod e per racimolare qualche soldo accettai un posto all'università dell'Iowa. Il corpo insegnante del Writers' Workshop era formato, nella sua totalità, da scrittori di professione che potevano dirsi di passaggio, dato che vi avrebbero insegnato solo per un anno o due. I miei colleghi erano gli americani Nelson Algren, Vance Bourjaily e Richard Yates, e il cileno Jose Donoso. Il rettore diede un cocktail in nostro onore, durante il quale si scoprì che nel soggiorno erano sparpagliati molti libri, di tutti gli autori presenti tranne me, come se il rettore, dopo averli cominciati avesse dovuto interrompere la lettura per prender parte alla festicciola. Notando l'assenza dei miei libri, la commentai con la moglie di Donoso, Maria Pilar. Dissi solo: -Sono completamente fuori catalogo-, il che era vero. Lei scambiò questa triste confessione per la brillante battuta di uno snob, interpretandola come se avessi detto che solo i libri degli scrittori di consumo rimanevano in circolazione per qualche tempo.
Dopodiché la gente mi sentì spesso annunciare arricciando il naso e con l'aria del candidato favorito al premio Nobel per la letteratura di quell'anno: -Sono completamente fuori catalogo-.
Apprendo ora dal mio editore italiano, Amedeo Bertolo, che il mio romanzo Dio la benedica, mr. Rosewater, nel suo Paese era fuori catalogo da molti anni. E penso tra me: - Quale prova migliore potrei avere del fatto che questo romanzo è troppo raffinato per le masse, troppo buono, in realtà, quasi per tutti, quale prova migliore del fatto che appartiene alla grande letteratura?-
La sua lettera continua dicendo che intende ritradurlo e ristamparlo. Addio alla sua reputazione, dunque, in Italia e forse anche a Stoccolma, e addio alla mia reputazione. Avevo tanto sperato che nessuno si prendesse la briga di rispolverarlo: così sarei stato proprio certo che apparteneva alla grande letteratura.

New York, l8 gennaio l99l

***

l'inizio...

Uno dei protagonisti di questa storia, storia di uomini e di donne, è una grossa somma di denaro, proprio come una grossa quantità di miele potrebbe essere, correttamente, uno dei protagonisti di una storia di api.
La somma era di 87.472.033,61 dollari il 1° giugno l964, tanto per dire un giorno. Quello fu il giorno in cui la somma cadde sotto gli occhi dolci di un giovane azzeccagarbugli che si chiamava Norman Mushari. Il reddito prodotto da quell'interessante capitale era di 3.500.000 dollari l'anno, quasi 10.000 dollari al giorno, domeniche incluse.
Questa somma era diventata il nocciolo di una fondazione filantropica e culturale nel l947, quando Norman Mushari aveva appena sei anni. Prima di allora essa costituiva, in ordine di grandezza, il quattordicesimo patrimonio familiare d'America, il patrimonio della famiglia Rosewater. Lo avevano trasformato in fondazione per impedire agli esattori delle imposte e ad altri predatori che non si chiamavano Rosewater di mettervi le mani sopra. E quel barocco capolavoro di cavilli che era lo statuto della Fondazione Rosewater dichiarava, in effetti, che la presidenza della Fondazione era ereditaria come la Corona britannica. Doveva essere tramandata, in saecula saeculorum, agli eredi più diretti e più anziani del creatore della Fondazione, il senatore Lister Ames Rosewater dell'Indiana.
I fratelli del presidente sarebbero diventati funzionari della Fondazione al compimento del ventunesimo anno. Tutti i funzionari erano funzionari a vita, purché non venissero legalmente riconosciuti incapaci di intendere e di volere. Erano liberi di compensarsi per i servigi resi con tutta la munificenza che volevano, ma solo attingendo al reddito della Fondazione.

*R*

Come richiesto dalla legge, lo statuto proibiva agli eredi del senatore di occuparsi dell'amministrazione del capitale della Fondazione. L'amministrazione del capitale era affidata a una società, nata contemporaneamente alla Fondazione, che si chiamava, abbastanza semplicemente, Società Rosewater. Come quasi tutte le società, era consacrata alla prudenza e al profitto e ai bilanci di esercizio. I suoi dipendenti erano pagati profumatamente. Per tale motivo erano astuti, energici e contenti.
La loro principale attività consisteva nel movimentare artificialmente i titoli delle altre società. L'attività secondaria consisteva nell'amministrare una fabbrica di seghe, un bowling, un motel, una banca, una fabbrica di birra, vaste aziende agricole della contea di Rosewater, nell'Indiana, e alcune miniere di carbone nel Kentucky settentrionale.
La Società Rosewater occupava due piani al numero 500 della Quinta Avenue, a New York, e aveva piccole filiali a Londra, Tokyo, Buenos Aires e nella contea di Rosewater. Nessun membro della Fondazione Rosewater poteva dire alla Società come doveva impiegare il capitale. Analogamente, la Società non aveva alcun potere di dire alla Fondazione in che modo doveva impiegare i copiosi profitti realizzati dalla Società.

*R*

Questi fatti vennero a conoscenza del giovane Norman Mushari allorché, dopo essersi laureato in giurisprudenza alla Cornell University con i voti più alti del suo corso, andò a lavorare per lo studio legale di Washington, D.C., che aveva progettato sia la Fondazione che la Società, lo studio McAllister, Robjent, Reed e McGee. Di origine libanese, era figlio di un mercante di tappeti di Brooklyn. Era alto un metro e sessanta. Aveva un culo enorme, che quando era nudo brillava.
Era il più giovane, il più basso e di gran lunga il meno anglosassone degli impiegati dello studio. Fu messo alle dipendenze del socio più decrepito, Thurmond McAllister, un vecchio e mite babbeo di settantasei anni. Non sarebbe mai stato assunto se gli altri soci non avessero pensato che alle operazioni di McAllister mancava un pizzico di scorrettezza.
Nessuno andava mai a pranzo con Mushari, che mangiava solo soletto nelle cafeterias più economiche e progettava di rovesciare con la forza la Fondazione Rosewater. Non conosceva nessuno del Rosewater. Quel che infiammava i suoi sentimenti era il fatto che il patrimonio dei Rosewater fosse il più grande mucchio di quattrini che lo studio avesse mai rappresentato. Mushari ricordava ciò che una volta gli aveva detto il suo insegnante preferito, Leonard Leech, parlando di come farsi strada nel campo del diritto. Leech aveva detto che, proprio come un buon pilota di aereo dovrebbe sempre cercare un posto per atterrare, così un avvocato dovrebbe individuare quelle situazioni nelle quali grosse somme di denaro stanno per cambiare di mano.
-In ogni grossa transazione- aveva detto Leech, -c'è un momento magico: esso si presenta quando un uomo ha ceduto un tesoro, e quando l'uomo che deve riceverlo non l'ha ancora ricevuto. Un avvocato sveglio s'impadronirà di quel momento, mettendo le mani sul tesoro per un magico microsecondo, prendendone una parte, passando il resto ad altri. Se l'uomo che deve ricevere il tesoro non è abituato alla ricchezza, e ha un complesso d'inferiorità e vaghi sensi di colpa, come la maggior parte della gente, spesso l'avvocato può intascare anche metà del gruzzolo e ricevere, nonostante ciò, i piagnucolosi ringraziamenti del destinatario-.
Più Mushari sfogliava i fascicoli riservati dello studio relativi alla Fondazione Rosewater, più cresceva la sua eccitazione. Particolarmente elettrizzante era per lui quella sezione dello statuto che richiedeva l'immediata espulsione dei funzionari giudicati incapaci d'intendere e di volere. Era voce corrente, in ufficio, che il primo presidente della Fondazione. Eliot Rosewater, figlio del senatore, fosse pazzo. Questa definizione era piuttosto scherzosa, ma Mushari sapeva bene che i tribunali non amano gli scherzi.
I suoi colleghi, parlando di Eliot, lo chiamavano in vari modi: “il matto”, “il santo”, “lo Holy Roller”, “Giovanni Battista” e così via.
A tutti i costi- rimuginava Mushari tra se, -dobbiamo trascinare questo tipo davanti al giudice-.
A quanto risultava da tutte le informazioni disponibili, il successivo candidato alla presidenza della Fondazione, un cugino del Rhode Island, era un uomo mediocre sotto ogni aspetto. Quando fosse scoccato quel momento magico, Mushari sarebbe stato il suo legale.
Mushari, che mancava di orecchio, non sapeva di avere lui stesso, in ufficio, un soprannome. Il soprannome apparteneva a un motivetto che di solito qualcuno fischiettava quando lui andava o veniva. Il motivetto era quello che fa -Opla, ecco arrivare il faccendiere-.

*R*

Eliot Rosewater diventò presidente della Fondazione nel l947. Quando Mushari prese a indagare su di lui, diciassette anni dopo, Eliot aveva quarantasei anni. Mushari, che si vedeva come un piccolo e intrepido Davide in procinto di uccidere Golia, aveva esattamente la meta dei suoi anni. Ed era quasi come se Dio stesso volesse far vincere il piccolo Davide, perché i documenti riservati dimostravano, l'uno dopo l'altro, che Eliot era matto da legare.
In un fascicolo tenuto sottochiave nella cassaforte dello studio, per esempio, c'era una busta con tre sigilli che avrebbe dovuto essere consegnata, chiusa, a chiunque avesse assunto la presidenza della Fondazione dopo la morte di Eliot.
Dentro c'era una lettera di Eliot, che diceva cosi:

Caro cugino, o chiunque tu sia,
Congratulazioni per la grande fortuna che ti è toccata. Divertiti. Forse vedrai le cose nella giusta prospettiva quando saprai che razza di manipolatori e di custodi ha avuto finora la tua incredibile ricchezza.
Come tanti grossi patrimoni americani, il tesoro dei Rosewater è stato messo insieme, all'inizio, da un giovane agricoltore cristiano, stitico e privo di sense of humor che si era dato alle bustarelle e alle speculazioni durante e dopo la Guerra Civile. Quel giovane agricoltore si chiamava Noah Rosewater, era il mio bisnonno ed era nato nella contea di Rosewater, nell'Indiana.
Noah e suo fratello George ereditarono dal padre pioniere duecentocinquanta ettari di terra coltivata, una terra scura e ricca come una torta di cioccolato, e una piccola fabbrica di seghe sull'orlo della bancarotta. Poi scoppiò la guerra.
George arruolò una compagnia di fucilieri e partì marciando alla testa dei suoi uomini.
Noah ingaggiò lo scemo del villaggio perché andasse a combattere al suo posto, convertì la fabbrica di seghe in una manifattura di sciabole e baionette, convertì l'azienda agricola in un allevamento di maiali. Abramo Lincoln dichiarò che nessun prezzo sarebbe stato troppo alto per la ricostituzione dell'Unione, e allora Noah impose alla sua merce prezzi adeguati alla tragedia nazionale. E fece questa scoperta: le obiezioni del governo al prezzo o alla qualità dei suoi prodotti si potevano vaporizzare con bustarelle ridicolmente esigue.
Sposò Cleota Herrick, la donna più brutta dell'Indiana, perché aveva quattrocentomila dollari. Con il suo denaro ampliò la fabbrica e comprò altre aziende agricole, tutte nella contea di Rosewater. Diventò il più grosso allevatore individuale di maiali del Nord. E per non farsi strozzare dai grossisti comprò il pacchetto di maggioranza di un macello di Indianapolis. Per non farsi strozzare dai fornitori di acciaio, comprò il pacchetto di maggioranza di un'acciaieria di Pittsburgh. Per non farsi strozzare dai fornitori di carbone, comprò il pacchetto di maggioranza di varie miniere. Per non farsi strozzare dagli usurai, fondò una banca.
E la sua paranoide riluttanza a farsi strozzare da qualcuno lo spinse a commerciare sempre più in carte pregiate, in azioni e obbligazioni, e sempre meno in sciabole e carne di maiale. Piccoli esperimenti con carte senza valore lo convinsero che carte del genere potevano essere vendute senza fatica. Mentre lui continuava a corrompere i rappresentanti del governo per farsi consegnare le casse e le risorse nazionali, la sua passione dominante diventò lo smercio di azioni svalutate.
Quando gli Stati Uniti d'America, che avrebbero dovuto essere per tutti un'Utopia, ancora non avevano un secolo di vita, Noah Rosewater e pochi altri come lui dimostrarono, almeno per un verso, la follia dei Padri Fondatori: quei freschissimi antenati non avevano scritto nei codici dell'Utopia che le ricchezze di ogni cittadino dovessero essere limitate. Questa svista fu prodotta da una smidollata simpatia per coloro che amavano gli oggetti costosi, e dall'impressione che il continente fosse così vasto e così ricco, e la sua popolazione così scarsa e intraprendente, che nessun ladro, per lesto che fosse nel rubare, avrebbe mai potuto rappresentare, per chiunque, qualcosa di più che una blanda seccatura.
Noah e pochi altri come lui videro che in realtà il continente non era illimitato, e che venali amministratori della cosa pubblica, tra i quali in particolare i legislatori, potevano essere convinti a lanciarne dei grossi pezzi in aria, per chi li voleva, e a lanciarli in modo tale che andassero a cadere proprio dove si trovavano Noah e quelli come lui.
Così un pugno di rapaci cittadini sono giunti a controllare tutto ciò che in America valeva la pena di controllare. Così fu creato il sistema di classe americano, stupido, feroce, noioso, inutile e assolutamente inadeguato. Cittadini pacifici, onesti e industriosi venivano bollati come sanguisughe se chiedevano un salario che gli permettesse di campare. E vedevano che gli elogi erano riservati, da quel momento, a coloro che trovavano il modo di farsi pagare somme enormi per commettere reati contro i quali non era stata approvata nessuna legge. Così il sogno americano voltò la pancia in su, diventò verde, venne ballonzolando alla limacciosa superficie della cupidigia più sfrenata, si riempì di gas, scoppiò nel sole di mezzogiorno.
E pluribus unum è senz'altro un motto ironico da iscrivere sulla moneta corrente di questa fallita Utopia, perché ogni americano grottescamente ricco rappresenta proprietà, privilegi e piaceri che sono stati negati ai più. Un motto ancora più istruttivo, alla luce della storia fatta dai Noah Rosewater, potrebbe essere questo: Arraffa tutto quello che puoi o non avrai niente di niente.
E Noah generò Samuel, che sposò Geraldine Ames Rockefeller. Samuel si occupò di politica più ancora di quanto avesse fatto suo padre, servì infaticabilmente come grande elettore il partito repubblicano, fece si che quel partito nominasse uomini pronti a piroettare come dervisci, a strillare in fluente babilonese e a ordinare alla milizia di sparare sulla folla ogni volta che un poveraccio sembrava lì lì per insinuare che davanti alla legge lui e un Rosewater erano uguali.
E Samuel comprò giornali e anche predicatori. Impartì loro questa semplice lezione da insegnare, e loro la insegnarono bene: Chiunque ritenesse che gli Stati Uniti d'America dovevano essere un'Utopia era uno sporco e stupido fannullone maledetto da Dio. Samuel sosteneva che nessun operaio americano meritava più di ottanta cents al giorno. E tuttavia era grato se gli si presentava
l'occasione di pagare centomila dollari o più il quadro di un italiano morto da tre secoli. E aggiungeva la beffa all'insulto donando quadri ai musei per l'elevazione spirituale dei poveri. I musei erano chiusi la domenica.
E Samuel generò Lister Ames Rosewater, che sposò Eunice Eliot Morgan. Una cosa bisogna dire, di Lister e Eunice: diversamente da Noah e Cleota e da Samuel e Geraldine, riuscivano a ridere come se ridessero per davvero. Come curiosa annotazione in calce alla storia, Eunice diventò campionessa femminile di scacchi degli Stati Uniti nel l927, e poi ancora nel l933.
Eunice scrisse anche un romanzo storico su una gladiatrice, Rumba di Macedonia, che fu un best seller nel l936. Eunice morì nel l937, in un incidente nautico a Cotuit, nel Massachusetts. Era una persona saggia e divertente, con un'ansia molto sincera per la condizione dei poveri. Era mia madre.
Suo marito, Lister, non badò mai agli affari. Dal giorno della sua nascita al momento in cui io sto scrivendo queste righe, ha lasciato ad avvocati e banche la manipolazione dei suoi averi. Ha passato quasi tutta la sua vita di adulto nel Congresso degli Stati Uniti, impartendovi lezioni di morale, prima come rappresentante del collegio il cui cuore e la contea di Rosewater, e poi come senatore dell'Indiana. Che sia o sia mai stato un autentico cittadino dell'Indiana, è una finzione politica abbastanza trasparente. E Lister genera Eliot.
Agli effetti e alle implicazioni delle ricchezze da lui ereditate Lister ha pensato tanto quanto, più o meno, la maggior parte degli uomini pensano al proprio alluce sinistro. Il suo patrimonio non lo ha mai divertito, preoccupato o tentato. Cederne il novantacinque per cento alla Fondazione che tu ora controlli non gli ha fatto fare una piega.
Ed Eliot sposò Sylvia DuVrais Zetterling, una bellezza parigina che finì per odiarlo. Sua madre era una protettrice di pittori. Suo padre era il più grande violoncellista vivente. I suoi nonni materni erano un Rothschild e una DuPont.
Ed Eliot diventò un ubriacone, un sognatore di utopie, un santo sbruffone, uno sciocco senza uno scopo nella vita.
Non generò anima viva.
Bon voyage, taro cugino o chiunque tu sia. Sii generoso. Sii buono. Puoi ignorare tranquillamente le arti e le scienze. Non sono mai state utili a nessuno. Sii un amico dei poveri, sincero e premuroso.

La lettera era firmata:
II fu Eliot Rosewater

Con il cuore che gli batteva come l'allarme di un antifurto, Norman Mushari affittò una grossa cassetta di sicurezza e vi depositò la lettera. Quella prima prova concreta non sarebbe rimasta a lungo sola.
Mushari ritornò nel suo cubicolo, pensò che Sylvia stava per divorziare da Eliot, con il vecchio McAllister come avvocato del convenuto. Sylvia abitava a Parigi, e Mushari le scrisse una lettera per rammentarle che era usuale, nelle cause di divorzio tra persone educate e civili, che le parti si restituissero le lettere. La pregò di spedirgli tutte le lettere di Eliot che poteva avere conservato.
A giro di posta ne ricevette cinquantatre.

***


Dal l947 fino al l953 la Fondazione Rosewater spese quattordici milioni di dollari. Le opere buone di Eliot abbracciavano tutta la gamma della beneficenza, da una clinica per il controllo delle nascite a Detroit a un El Greco per Tampa, in Florida. I dollari di Rosewater combattevano il cancro, le malattie mentali, i pregiudizi razziali, la brutalità della polizia e altre infinite miserie, incoraggiavano i professori universitari a cercare la verità, compravano a qualunque prezzo la bellezza.
Ironicamente, una delle ricerche finanziate da Eliot riguardava l'alcolismo a San Diego. Quando gli presentarono il rapporto, Eliot era troppo ubriaco per poterlo leggere. Sylvia dovette passare dal suo ufficio per accompagnarlo a casa. Cento persone la videro mentre cercava di fargli attraversare il marciapiede fino al taxi che li stava aspettando. E Eliot recitò loro un couplet alla cui composizione aveva dedicato tutta la mattina:

Molte, molte cose buone ho comperato!
Molte, molte cose cattive ho combattuto!

*R*

Eliot, contrito, resto sobrio per due giorni, poi scomparve per una settimana. Tra l'altro, s'intrufolò in un congresso di scrittori di fantascienza che si teneva in un motel di Milford, in Pennsylvania. Norman Mushari venne a conoscenza di questo episodio dal rapporto di un detective privato che si trovava nell'archivio dello studio McAllister, Robjent, Reed, e McGee. Il vecchio McAllister aveva assunto l'investigatore per ricostruire i movimenti di Eliot, per vedere se aveva fatto delle cose che in un secondo tempo avrebbero potuto rappresentare legalmente un imbarazzo per la Fondazione.
Il rapporto conteneva, parola per parola, il discorso di Eliot agli scrittori. Tutti gli interventi, compresa l'interruzione di un Eliot in preda ai fumi dell'alcol, erano stati registrati su nastro.

Vi voglio bene, figli di puttana- disse Eliot a Milford. - Siete i soli che leggo, ormai. Siete gli unici che parlano dei cambiamenti veramente straordinari che si stanno verificando, gli unici così pazzi da sapere che la vita è un viaggio nello spazio, e neanche tanto breve, perché durerà miliardi di anni. Siete gli unici tanto coraggiosi da preoccuparsi veramente per il futuro, da notare veramente tutto quello che ci stanno facendo le macchine, che ci stanno facendo le guerre, che ci stanno facendo le città, che ci stanno facendo le idee semplici e grandiose, di quali tremendi equivoci, errori, incidenti e catastrofi sono causa. Siete gli unici tanto sciocchi da arrovellarsi sul tempo e sulle distanze senza fine, sui misteri che non moriranno mai, sul fatto che stiamo decidendo proprio adesso se il viaggio spaziale del prossimo miliardo di anni o giù di lì finirà in Paradiso o all'Inferno-.

*R*

Poi Eliot riconobbe che gli scrittori di fantascienza non sapevano tenere la penna in mano, ma sostenne che questo non contava. Disse che erano ugualmente dei poeti, poiché erano più sensibili ai grossi cambiamenti di tutti quelli che scrivevano bene.
-Al diavolo gli abatini di talento che descrivono squisitamente un brandello di una singola esistenza, quando i problemi sono le galassie, gli eoni e i trilioni di anime che devono ancora nascere-.

*R*

-Vorrei solo che Kilgore Trout fosse qui- disse Eliot, -per potergli stringere la mano e per dirgli che il più grande scrittore vivente oggi è lui. Mi hanno appena detto che non ha potuto venire perché non poteva permettersi di lasciare il suo lavoro! E che lavoro offre questa Società al suo massimo profeta?- Eliot ammutolì per l'emozione e, per qualche attimo, sembrò incapace di spiegare qual era il lavoro di Trout. -Gli hanno dato un posto di magazziniere in un centro di Hyannis per la distribuzione di omaggi ai possessori di buoni premio!-
Era vero. Trout, autore di ottantasette paperback, era un uomo poverissimo e sconosciuto fuori del campo della fantascienza. Aveva sessantasei anni quando Eliot parlò con tanto entusiasmo di lui.
-Tra diecimila anni- predisse Eliot tra i fumi dell'alcol, - i nomi dei nostri generali e dei nostri presidenti saranno caduti nel dimenticatoio, e l'unico eroe del nostro tempo ancora ricordato sarà l'autore di 2BRO2B-. Era il titolo di un libro di Trout, un titolo che, a un esame più accurato, risultava corrispondere alla famosa domanda di Amleto.

*R*

Obbediente, Mushari andò a cercare una copia del libro per Il suo dossier su Eliot. Nessun libralo rispettabile aveva mai sentito parlare di Trout. Mushari fece l'ultimo tentativo nel negozietto di un venditore di libri sconci. Lì, in mezzo alla pornografia…

 

la fine..

- Puu-tii-uiit? -
Eliot alzò lo sguardo all'albero, e il ricordo di tutto ciò che era accaduto in quelle tenebre ritornò di colpo: la zuffa con l'autista del pullman, la camicia di forza, gli elettrochoc, i tentati suicidi, tutto il tennis, tutte le riunioni per discutere la strategia in vista dell'udienza che doveva decidere della sua sanità mentale.
E con quella valanga di ricordi venne l'idea che Eliot aveva avuto per sistemare istantaneamente, bellamente e completamente ogni cosa.
-Ditemi...- disse, -siete tutti pronti a giurare che sono sano di mente?-
Tutti giurarono, appassionatamente.
-E sono sempre a capo della Fondazione? Posso sempre staccare assegni sul suo conto?- McAllister gli disse che era padronissimo di farlo.
-Il bilancio com'è?-
-Non ha speso niente per un anno, a parte le parcelle e quel che costa tenerla qui, e i trecentomila dollari che ha spedito a Harvard, e i cinquantamila che ha dato al signor Trout-.
-Se è per questo, ha speso più quest'anno dell'anno scorso- disse il senatore. Era vero. L'operazione contea di Rosewater gli era costata meno che stare in clinica.
McAllister gli spiegò che aveva un bilancio di circa tre milioni e mezzo di dollari, e Eliot gli chiese una penna e un assegno. Compilò poi un assegno per suo cugino Fred, per l'importo di un milione di dollari.
Il senatore e McAllister andarono su tutte le furie, gli dissero che avevano già proposto a Fred un accomodamento basato sulla corresponsione di una somma di denaro e che Fred, attraverso il suo avvocato, aveva risposto con un arrogante rifiuto.
-Vogliono tutto!- disse il senatore.
-Peccato- disse Eliot,- perché avranno quest'assegno, e nulla più-.
-Questo dovrà stabilirlo la corte, e solo Dio sa cosa dirà la corte- lo ammonì McAllister. -E non si sa mai. Non si sa mai- .
-Se avessi un figlio- disse Eliot, - l'udienza sarebbe inutile, vero? Cioé, il bambino erediterebbe automaticamente la Fondazione, che io fossi matto o no, e il grado di parentela di Fred sarebbe troppo remoto per dargli diritto a qualcosa?-
-Esatto-.
-Anche così- disse il senatore, -un milione di dollari è troppo per quel porco del Rhode Island!-,
-Quanto, allora?-
-Centomila bastano e avanzano-.
Così Eliot stracciò l'assegno di un milione e ne fece un altro per un decimo di quell'importo. Alzò lo sguardo e si vide circondato da quattro paia di occhi che lo guardavano con una specie di timore reverenziale, perché il senso di ciò che aveva detto si era appena fatto strada nella mente dei suoi interlocutori.
-Eliot...- disse con voce tremula il senatore, -ci stai dicendo che c'è un figlio?-
-Eliot gli rivolse un candido sorriso. -Si-.
-Dove? Da chi?-
Con un gesto gentile Eliot li invitò ad avere pazienza. -Un momento. Un momento-.
-Sono nonno!- disse il senatore. Rovesciò la testa bianca all'indietro e ringraziò Iddio.
-Signor McAllister- disse Eliot, -lei è tenuto a eseguire qualunque incarico di natura legale io possa affidarle, indipendentemente da ciò che mio padre o chiunque altro possa dire in contrario?-
-Come avvocato della Fondazione, si-.
-Bene. La prego di fare subito le carte per riconoscere giuridicamente che tutti i bambini della contea di Rosewater attribuiti a me sono miei, indipendentemente dal gruppo sanguigno. Abbiano tutti, come figlie e figli miei, tutti i diritti ereditari-.
-Eliot!-
-Si chiamino Rosewater, d'ora in poi. E dica a tutti che il loro padre gli vuol bene, qualunque cosa potranno diventare. E dica loro...- Eliot tacque, alzando la racchetta da tennis come se fosse una bacchetta magica.
-E dica loro- riprese, -di crescere e di moltiplicarsi-.


 

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