Jim Thompson

 

Oltre il buio
1992 - Mondadori


 


 

- Tornerò per farti fuori (Cropper's cabin)
pag.135-270



- Una libertà molto condizionata (Recoil)

pag.271-410

 

 

Tornerò per farti fuori

l’inizio…

Il pomeriggio volgeva alla fine e io sapevo che lei mi stava aspettando come tutte le sere, nella sua macchina nascosta nel punto più folto del saliceto. Era un pensiero che mi rallegrava.
Si chiamava Donna. Era una mezzosangue: un quarto di sangue indiano e tre quarti di sangue bianco. Il dosaggio ideale per ottenere dei buoni soggetti. Quanto poi a essere bella, lo era; e poteva anche farmi avere un sacco di scocciature, se qualcuno avesse scoperto la faccenda.
Stavo per finire il mio lavoro e cominciavo a sentir salire in me quello stato d'animo che mi prende ogni volta che ho la luna di traverso. Può darsi che ne sappiate qualcosa anche voi: si è quasi portati a sperare che qualcuno vi dica una parola storta per poter saltargli addosso.
Riposi le copie che avevo riordinate in una cartelletta su cui c'era scritto:

SIGNORINA TRUMBULL
dipartimento d'inglese
Collegio municipale
Contea di Burdock (Oklahoma)

e la infilai nel cassetto in alto della scrivania della signorina Trumbull. Non so come, una copia sfuggì dalla cartelletta e finì a volo planato nel cestino delle cartacce. E nel ricuperarla scorsi quel panino, o meglio quel pezzo di panino, in fondo al cestino. Era ripieno di pesce con insalata, e sopra c'erano tracce di rossetto e di saliva. Ma era maledettamente appetitoso. Lo presi e grattai via le tracce di saliva e di rossetto. In quel momento la porta della classe si spalancò, e io mi cacciai il panino in tasca.
Era Abe Toolate, il custode. Mi alzai, cercando di sorridere. Si avvicinò, fissandomi coi suoi occhietti suini, e venne a piantarsi davanti a me, talmente vicino da soffiarmi nelle narici il suo alito puzzolente di alcol; allungò una delle sue grosse zampe villose dalla pelle bronzea.
- Ti ho visto - gracchiò. - Dammelo.
- Che cosa? - domandai.
- Quello che hai nascosto in tasca. Da un pezzo mi chiedevo chi era che rubava nelle classi, la sera.
Per poco non gli risi in faccia, perché era certamente l'unica persona della scuola a chiederselo. Tutti gli altri lo sapevano perfettamente, e Abe sarebbe stato buttato fuori da tempo se non avesse avuto dei parenti nel consiglio di amministrazione.
- Dammelo - ripeté.
- Levati - replicai. - Aria, Abe! E alla svelta.
- Qual è il tuo nome, giovanotto? - ghignò (come se non lo conoscesse!) - Cosa fai qui?
Mi andò il sangue alla testa. Sapeva meglio di me che cosa facevo la! Da quasi quattro anni, da quando cioè ero matricola, raccoglievo le copie per la signorina Trumbull.
Mi mossi diretto verso di lui costringendolo a indietreggiare e a battere in ritirata verso lo spogliatoio; la sua fronte si imperlò di sudore.
- Suvvia, Tom-Tommy... - balbettò. - Non volevo.
- Tommy? Mi sembri un po' troppo confidenziale, Abe. Non volevi dire, per caso, "signor Carver"?
-S!... signor Carver...
Per poco non si strozzò nel vedersi costretto a chiamare "signore" il figlio di un pidocchioso bianco, di un volgare mezzadro.
Lo feci entrare nello spogliatoio e lo guardai fisso. Era maledettamente a disagio, ve lo garantisco io. E poi cominciai a calmarmi. Avrei voluto appianare la cosa, ma era troppo tardi. Dopo averlo obbligato a chiamarmi "signore", non c'era più speranza di arrangiare le cose. Perciò presi il mio maglione, quello della squadra di football con le grosse lettere CBC di traverso sul petto, e me ne andai.
Scesi le scale e uscii dalla porta principale, pensando che l'orgoglio era veramente una buffa cosa: nonché la fonte di molte scocciature.
Ora che l'ira era un po' sbollita, mi rendevo conto che Abe aveva certamente visto ciò che mi ero infilato in tasca. Aveva cercato di ferirmi nell'orgoglio, di gonfiarsi umiliando un altro, e io lo avevo ripagato con la stessa moneta. E adesso, o meglio domani, sarebbero incominciati i guai. Abe si sarebbe subito precipitato a piangere sulla spalla del direttore e io non avrei potuto mai confessare che ero stato sul punto di mangiare i resti della colazione della signorina Trumbull.
Cavai di tasca il panino e lo lasciai cadere sui gradini del portico; poi mi annodai le maniche del maglione intorno al collo, e attraversai il cortile.
Era quasi notte, ormai, ma una volta passata la curva, sulla strada del fiume, vidi la Cadillac nuova di Donna Ontime, ferma sotto i salici. Donna doveva avermi scorto nello stesso istante, poiché diede due piccoli colpi di clacson. Proseguii allegramente, benché non mi facessi illusioni su ciò che mi sarebbe capitato se papà ci avesse pescati insieme.

2

Prima di proseguire, sarà bene che spieghi che, nell'est dell'Oklahoma, si trovano molti nomi come Toolate e Ontime. In quella regione quasi tutte le terre appartenevano un tempo alle Cinque tribù civili. Voglio dire che erano le tribù stesse a possedere le terre, non i membri delle tribù. Non era un cattivo sistema, all'epoca dei territori, ma perché l'Oklahoma potesse diventare uno stato federale bisognava che le terre venissero spartite. Non potevano rimanere com'erano. Perciò ecco come procedette il governo. Fissò una certa ora, un certo giorno, e tutti i bambini nati prima di quel momento ricevettero una parte del dominio tribale. Una concessione, come la chiamarono. Ma quelli nati dopo l'ora, anche solo un minuto dopo, non ricevettero un bel niente. Divennero dei poveri morti-di-fame d'indiani, salvo quelli che le famiglie decisero di raccogliere.
Ecco l'origine dei nomi come Toolate e Ontime, ossia tardivo e tempestivo, e di un sacco d'altri che sono stati talmente deformati che non si riconoscono più.
Abe Toolate era nato dopo l'ora della concessione, e la sua famiglia aveva capito prestissimo che era un buono a nulla che non meritava di ereditare niente.

***

La fine…

Sospirai e sentii le mie spalle raddrizzarsi. Avevo l'impressione che mi fosse stato tolto dalla schiena un peso immenso. - Grazie - dissi. - Molte grazie, papà.
- Eh? Dove vai? Che cosa pensi? Se esci da quella porta, io... - Non so dove vado - risposi. - Ne cosa farò. - Ti denuncerò! Scrivi a quell'indiana, altrimenti...
- Vado a cercare lavoro. Ti manderò un po' di denaro quando potrò. Ma non cercare mai più di rivedermi. Non rivolgermi nemmeno la parola, se mi incontri per strada. Varcai la soglia inseguito dalla sua voce aspra. - Vedrai! Io ti...
Ma non fece nemmeno un gesto per seguirmi e il suo urlare immediatamente cessò.
Mi avviai attraverso l'erba, e ogni passo faceva aumentare di un milione di chilometri la distanza che ci separava.
Mi sentii vuoto, ma non avevo fame; ero stanco, ma non volevo riposare.
Proseguii in mezzo alle erbacce, in direzione della strada.
[…]

Arrivai sulla strada. Senza rendermene conto avevo incominciato a sorridere, ma il sorriso mi si raggelò subito sulle labbra.
Fino a quel momento le erbacce mi avevano impedito di vedere la strada, e quindi non avrei saputo dire da quanto tempo la macchina era là. Non sapevo per quanto tempo Donna mi aveva aspettato. E nulla, nella sua espressione, mi permetteva di indovinare perché era venuta e perché mi aveva atteso. Per rompere definitivamente con me, forse. A meno che non fosse il contrario, e che fosse venuta per dirmi che tutto era dimenticato. Probabilmente non lo sapeva nemmeno lei. Era venuta perché doveva venire, come me, e, una volta là, non aveva saputo più che cosa fare, come me.
Mi venne lentamente incontro, con espressione impenetrabile, gli occhi fissi nei miei. In attesa, suppongo, che prendessi io l'iniziativa, che dicessi qualcosa. E io non potevo dirle nulla; non ancora, non così presto. L'unica idea che mi passava per la mente era di voltarmi e scappare.
Lei continuò ad avanzare e io incominciai a tremare. Sapevo che di lì a un attimo sarei scappato a gambe levate... Che cosa potevo salvare? Dannazione, come può un uomo salvare qualcosa, quando non a in grado di salvare se stesso? Ci fu un gran silenzio e udii una voce che mi gridava di fuggire e di continuare a fuggire fino alla fine dei miei giorni, che mi urlava di non fare un gesto, di non cercare di ricostruire.
"Rimarresti deluso, Tom. Sarebbe una delusione, uno spaventoso crollo. Credimi, non ne vale la pena. La gente non dimenticherà mai quel processo, ragazzo. Non vi permetteranno mai di dimenticarlo, ne a lei ne a te. Rideranno di voi. Oppure avranno pietà di voi, e sarà ancora peggio. E poi, tu sei un poveraccio, un ignorante, la tua salute è malferma e... Che cosa potresti fare, comunque? Con che cosa potresti ricominciare? Rifletti bene, Tommy. Rifletti su tutti gli ostacoli che si ergono sul tuo cammino. Convinciti che perderesti, anche vincendo. Vattene, vattene e nasconditi. Seppellisciti da qualche parte, e non uscirne più. Scappa..."
Tremavo talmente che nel nido gli ovetti si urtavano, e lei posò le sue mani sulle mie per impedire che tremassero. Ma non vedevo come avrebbe potuto impedire alle mie di tremare, visto che le sue tremavano quasi altrettanto. Ma era così. Evidentemente era come in algebra: "meno per meno uguale a più".
La voce smise di gridarmi di fuggire. Doveva aver capito che non lo avrei fatto, poiché si scoraggio di colpo e ci lasciò soli, faccia a faccia. E, dato che tutto ciò che avremmo potuto dirci sarebbe stato banale, goffo e falso come eravamo noi, tacemmo entrambi.
Rimanemmo la senza aprire bocca, sotto il sole di novembre, un po' impacciati, a pensare all'avvenire, ad abituarci progressivamente l'uno all'altra. Restammo là a guardare il nido, a chiederci, o meglio a decidere ciò che avremmo fatto di quella vita nuova che stringevamo fra le mani...

 

***

Una libertà molto condizionata

l'inizio…

[...] Peccato che Cosgrove fosse un individuo tanto simpatico. Ma sfortunatamente anche questo era stato necessario: scegliere un individuo simpatico. In modo da avere una ragione apparente per tirarlo fuori da Sandstone.
Sentì aprirsi la porta della camera di Lila, e si fermò a metà nel gesto di togliersi una scarpa. Lila si fermò nel corridoio, con la pelliccia sul braccio.
- Non riesci a dormire, eh? - chiese lui. - Scommetto che hai già un puntello, da qualche parte. E’ troppo tardi perché tu possa sperare di trovare qualcuno per la strada.
Lei abbozzò un sorriso, come per chiedere scusa. - Be', Doc, dopo tutto sono un essere umano.
- Interessante - fece lui, lasciando cadere la scarpa sul pavimento. - Interessante, come dichiarazione, anche se non del tutto corrispondente alla realtà.
- Ti... ti dispiace, se esco?
- Non me ne importa un accidenti di quello che fai. - Ho bisogno di soldi.
- Andrò a prenderli in banca domani mattina. - Mi accontenterei di un assegno...
- Tu - la interruppe lui - farai esattamente quello che ti si dice. Esattamente. Capito?
- Si, ho capito - rispose lei, piano. - Perfettamente.


1

Sono le cinque di mattina del secondo giorno che passo qui, e da ventiquattr'ore non chiudo occhio.
Eccitato e felice? Penso di si. Credo proprio che sotto questa maschera impassibile che mi serve da faccia, mi sento ancora scoppiare per la felicità e per l'incredulità. Ma l'essere umano può sopportare solo una certa dose di gioia, e poi il sonno arriva. Perché io non dormo, invece?
Non avrei dovuto bere niente, ieri, venendo qui. Sono sicuro... quasi sicuro... di non aver detto nulla che non avrei dovuto dire. Però... be', pero come faccio a esserne certo al cento per cento?
Quando lui ha detto che non beve mai, mentre guida, io ho fatto un cenno comprensivo, e poi gli ho espresso la mia gratitudine per la comprensione che dimostrava nei confronti del mio bisogno di "dimenticare". E mi sono messo a bere tranquillamente, prendendo tempo, assaporando il whisky, e quando la bottiglia si è vuotata di due terzi, sono cominciate le domande.
Perché avevo scelto proprio lui, per scrivere quella lettera? Risposta semplice. Gli unici periodici che ricevevamo al penitenziario erano delle rivistucole da quattro soldi, pubblicazioni a "distribuzione controllata", concepite allo scopo di spillare quattrini a individui e a ditte che facevano affari, o speravano di farli, con gli uomini politici già in possesso della poltrona. Avevo preso il suo indirizzo dal supplemento commerciale di una di queste rivista così come avevo preso tutti gli altri.
L'avevo capito perché mi aveva sottoposto a quella prova col direttore Fish? Non avevo nessuna intenzione di mettere in discussione le sue azioni (ed ero sincero), ma pensavo di averlo capito: lui esigeva la più assoluta lealtà da parte delle persone che lavoravano al suo fianco. Non avrebbe saputo che farsene di un individuo disposto a dimenticare la lealtà al solo scopo di cavarsela più facilmente.
Avevo parenti prossimi o amici intimi? No. Avevo solo una sorella sposata che mi mandava una cartolina per Natale e che non voleva che le rispondessi. L'unico legame che ci univa era del tutto casuale: la nascita.
Che cos'avevo letto, in vita mia? Tutti i volumi della biblioteca del penitenziario. Ma a quanto pareva i libri avevano smesso d'arrivare dal 1920. Comunque, avevo divorato tutto: Shakespeare, Dickens, Swift, Twain, Addison e Steele, Rabelais, Schopenhauer, Marx, Scott, Jules Verne, Wilde, Cervantes, Machiavelli, una serie di gialli, Lewis Carroll, la Bibbia e...
Mentre parlavo, ho spostato il deflettore dalla mia parte, finché non sono riuscito a vedere riflessa la faccia del dottor Luther nel piccolo vetro triangolare, incorniciato di metallo. Il dottor Luther mi è parso soddisfatto delle mie risposte, anche se non potevo esserne certo al cento per cento: ha i denti superiori leggermente sporgenti, e basta che i lineamenti siano rilassati per avere la sensazione che sorrida.
Il dottor Luther dev'essere sulla cinquantina, ma anche in questo caso non sono sicuro di non sbagliarmi. Ha i capelli radi e color sabbia, ed è eccessivamente grasso, anche per la sua altezza, che è poco meno della mia. Gli occhi sono sporgenti, dietro le lenti spesse.
A questo aggiungete una voce pacata, che passa bruscamente da una dizione precisa e cotta a una specie di gergo sgrammaticato e volgare... e avrete un uomo la cui età, come del resto lui stesso, non è certo facile da giudicare.
Ho continuato a parlare e a osservarlo, mentre i chilometri scivolavano via, rendendomi conto che la mia lingua cominciava a impastarsi e le parole a uscire confuse.
Rendendomene conto, ma senza darvi troppo peso...
Quando mi sono svegliato, molte ore più tardi, eravamo a solo una ventina di chilometri dalla city, e la macchina stava svoltando in un viottolo che portava a una locanda oltre la quale si stendeva un grande lago.
Un tempo il locale doveva essere stato piuttosto pretenzioso ed elegante, ma molti, molti anni prima. Ormai era in rovina. Il dottor Luther e io eravamo i soli avventori, e non c'era da meravigliarsene. Guardando attraverso una finestra mi sono accorto che quello che mi era parso un lago in realtà era una specie di fiume, un canale in cui scorreva un'acqua densa, melmosa, coperta di grosse macchie di grasso e piena di detriti. Doveva essere lo scarico dei campi di petrolio della città.
Quando siamo entrati nel locale deserto, in una vasta stanza semibuia, mi sono accorto che nonostante le finestre chiuse e il sistema di condizionamento dell'aria, l'atmosfera era impregnata di un pungente odore di zolfo.
- E’ il regalo delle compagnie del petrolio - ha detto il dottor Luther, scoppiando in una risata aspra. - Hanno tirato fuori un miliardo di dollari da questo campo, e continuano a tirarne fuori ogni giorno. Ma non spendono un centesimo per incanalare sotto terra lo scarico del Toro luridume!
Io non ho risposto, e lui ha riso di nuovo, la stessa risata aspra.
- Parlerò chiaro - ha detto alla fine. - Pat, ho intenzione di giocare a carte scoperte, con te. Di dirti tutto. Tanto, lo scopriresti ugualmente nel giro di ventiquattr'ore.
- Si, signore.
- Chiamami Doc. Mi chiamano tutti così. - D'accordo, Doc.
- Sono specializzato in psicologia, ma non esercito da anni. Non posso offrirti un lavoro nella clinica perché non è una vera clinica. A conti fatti, è più una pensione. Per persone sole. Ed è solo una copertura per il mio vero mestiere. E’ il mio vero mestiere, per dirla franca, è l'intrallazzo.
L’ho guardato negli occhi, direttamente. - Mi ha tirato fuori da Sandstone, Doc - ho detto poi. - Non ho bisogno di sapere altro di lei.
- Be'... Non è che voglia accampare delle scuse. Accidenti, non per niente hanno chiamato questo stato la "gabbia dei leoni" d'America. Quando un uomo ha una sola alternativa, mangiare o essere mangiato, secondo te cosa deve fare?
- Mangiare - ho risposto.
Ha emesso una risatina e ha finto di volermi colpire al mento col pugno chiuso.
- Sei in gamba, Pat. Staremo bene insieme. Be', in quanto al tuo lavoro, ho intenzione di trovarti un posto nell' amministrazione dello stato... Qualcosa che non richieda una preparazione particolare. Che ne dici? Ti va, come idea?
- Qualunque cosa mi proponga, sarò felice di accettare - ho risposto. - Ma...
- Si?
- Come potrò tornarle utile, se non lavorerò per lei?
- Perché dovresti tornarmi utile? - La sua voce era irritata, tesa. Sembrava quasi che abbaiasse, più che parlare. - Ti sembra proprio inconcepibile, che io possa desiderare di aiutarti senza chiedere niente in cambio? Che io voglia darti una mano in via del tutto amichevole?
- Non intendevo offenderla - ho risposto. - Speravo solo di poter fare qualcosa in cambio del favore che mi ha reso.
- Non ci pensare neanche - ha detto lui. - Ma sarà meglio che usciamo di qui, ora. Abbiamo fatto tardi. Non m'ero accorto che fosse già quest'ora...
Ha guidato lentamente, lanciando di tanto in tanto un'occhiata al fiume di fango e di detriti, che, se non fosse stato per l'odore, ora che scendeva l'oscurità poteva anche sembrare un lago ridente.

***


la fine…

28

Inghiottii a vuoto e mi sentii impallidire. Doc sorrise con comprensione. - Non stavi per dirmi che hai avvertito la polizia? Sei stato imprudente. Se ti prendono ti accusano dell'omicidio di Eggleston, e ti assicuro che prima di cavartene fuori...
- No - dissi. - Non sono andato dalla polizia. Stavo per dire solo che... che... Come può fare una cosa simile, Doc? Mi sta condannando a morte! La coscienza non le dice niente?
- Forse dovrebbe dirmi qualcosa, ma resta muta. In fondo, Pat, saresti morto a Sandstone se non ti avessi tirato fuori io. A questo modo, se non altro, te la sei spassata per un po' di giorni.
- Ma la macchina che mi ha regalato Lila non significa proprio niente? Non mi permetterà di usarla per scappare?
- Temo proprio di no, Pat. Non trovare il mio corpo è una cosa. Non trovare l'uomo che mi avrebbe ucciso è un'altra. Sarebbe pretendere troppo dalla credulità della polizia. Dovranno trovarti sul luogo in cui dovremmo aver litigato o nelle vicinanze.
- Ma non pensa che sia pericoloso se mi prendono?
- Intendi dire che parlerai? - Abbozzo un sorriso, estraendo un paio di calze da un sacchetto di carta. - Chi vuoi che creda a una storia così fantastica, quando tutti gli indizi punteranno verso un omicidio?
- Non funzionerà, Doc.
- Oh, altroché se funzionerà, Pat. - Sorrise. – E’ una storia plausibile. Nessuno penserà che sia stata architettata. E la prova migliore sei tu: hai avuto la soluzione sotto il naso per settimane, ma non hai capito qual era il vero motivo per cui ti ho tirato fuori da Sandstone.
- Non parlavo di questo - dissi. - Alludevo alle compagnie di assicurazione. Non pagheranno mai in un caso del genere.
- Di solito, è così. Non pagano se non hanno la prova inconfutabile della morte dell'intestatario. Se non hanno un cadavere, in altri termini. Ma quando gli indizi sono così incontrovertibili... Be'...
- Che cos'è che la rende così sicuro di lei stesso? - chiesi.
- Il nostro amico Hardesty, qui. - Doc chinò la testa. – E’ uno degli avvocati più geniali di questo stato, qualunque cosa tu possa pensare di lui in altri campi. Hardesty dice che pagheranno. E se lo dice lui...
Questo era vero, Hardesty doveva saperlo. Ma allora, perché aveva voluto che io...
D'improvviso capii. L'ultimo pezzo del mosaico criminale cadde al suo posto. E io risi.
Ero fregato. Non ne sarei uscito in nessun modo, qualunque cosa facessi. Ma non potei fare a meno di continuare a ridere.
Hardesty accavallò le gambe, spostandosi nervosamente sul divano. Infilò la mano destra in tasca e ve la lasciò.
- Doc - dissi. - Non è molto intelligente. Non per quanto riguarda certe cose. Ho sempre avuto la sensazione che si fosse immischiato in una cosa più grande di lei, ma non avrei mai pensato che fosse tanto sempliciotto.
- No? - Rise, ma le guance gli si coprirono di rossore. - Fino a che punto pensi che sia sempliciotto, Pat?
- Tanto da credere a un uomo che odia lei e ama sua moglie. Tanto da credere che quest'uomo si accontenterebbe di un terzo di quei duecentomila dollari, quando lui e lei possono arraffare tutto. Certo che lo sa che cosa possono e che cosa non possono fare le compagnie d'assicurazione. Ma c'è un bella differenza tra quello che sa e quello che è disposto a dirle!
- Ma... - Doc spostò lo sguardo da Hardesty a Madeleine, e poi lo posò su di me. - Non capisco...
- Non c’è niente da capire - tagliò corto Hardesty. - Non starlo a sentire, Doc. E...
- Ci ripensi, Doc - insistetti. - E mentre lei ci pensa Hardesty può farmi la sua offerta. Voglio che capisca perché sarà ucciso, ma deve pensare alla svelta. Non sarò capace di recitare la mia parte in questo squallido dramma, se la polizia mi metterà le mani addosso.
Doc mi fissò in silenzio, gli occhi che sbattevano dietro le spesse lenti. Feci un cenno a Hardesty.
- E va bene - dissi. - Come la mettiamo? Lo ammazzo io, e poi me la batto, oppure lo ammazza lei e mi fa beccare? - Pat! - urlò Madeleine. - Non...
Ma Hardesty aveva già tirato fuori la mano della tasca. - Lo ucciderai tu - disse, e gettò verso di me l'automatica a canna corta. - Ammazzalo e scompari.
Afferrai la pistola e la puntai.
- Va bene - dissi. - Alzatevi, tutti e tre. - Pat! - disse Hardesty. - Sei...
- In piedi! - ordinai, e lo tirai su con uno strattone.
Li misi in fila tutti e tre e li perquisii. Spinsi Madeleine da una parte, e fissai Doc e Hardesty.
- Ora - dissi - vado a chiamare la polizia.
- La polizia? - esclamarono tutti insieme.
- Lo so - ammisi. - Non mi crederanno. Con ogni probabilità non mi crederanno, ma tento lo stesso.
- Ma che cosa ne ricaverai? - La faccia di Hardesty era cadaverica. - Potresti tagliare la corda, Pat. Faremo in modo di rifornirti di denaro, anche...
- Non lo credo - dissi. - Un uomo non può fuggire da se stesso.
- Voi due state parlando per enigmi! - intervenne Doc. - Proprio adesso che ho sistemato il lato politico della faccenda e che lo scherzetto dell'assicurazione sta per dare i suoi frutti... Cerchiamo di raccoglierli.
- Certo - disse Hardesty. - Cerca di ragionare, Pat. Stasera siamo tutti coi nervi tesi, ma non è ancora troppo tardi per riprendere le fila giuste. Doc, perché non ci stringiamo tutti la mano e...
- Perché no? - disse Doc, allungando la mano di scatto.
E la mano di Doc si strinse attorno al mio polso, spingendolo con forza verso il basso, mentre Hardesty si avvicinava, facendo scattare il pugno. Risi di nuovo. Era troppo facile. Non riuscivano a farmi perdere veramente le staffe, tanto da infliggere loro l'unica punizione che meritavano.
Scansai l'assalto disordinato di Hardesty, facendo in modo che si stancasse, poi gli sferrai un gancio al mento. Parve sollevarsi da terra, prima di partire all'indietro per rimbalzare contro la parete.
Doc mi stringeva ancora la mano armata. All'improvviso l'abbandonai come se fosse morta, poi tirai uno strattone improvviso verso l'alto, e anche lui raggiunse Hardesty contro la parete.
Rimasero a fissarmi con occhi vitrei.
Guardai Madeleine, che mi sorrideva felice, piena di gioia. E prima che riuscissi a raccogliere le idee, a chiedermi se ci avevo visto giusto, se finalmente qualcosa mi sarebbe andata bene... la porta della camera da letto si spalancò.
Myrtle Briscoe entrò a passo deciso. Myrtle e due agenti. Myrtle si portò un fischietto alle labbra, soffiò, e altri due agenti fecero irruzione nella stanza dal soggiorno.
Myrtle puntò il dito, e gli agenti afferrarono Hardesty e Doc, trascinandoli con loro verso le scale. Accadde tutto in una frazione di secondo, tanto in fretta che Doc e Hardesty non fecero neppure in tempo a sorprendersi. Uscirono senza dire una parola, in mezzo agli agenti, e Myrtle battè una mano sulla spalla di Madeleine.
- La nostra amica ti ha preceduto, Rosso -sogghignò. - Ha avvertito la polizia prima di te. Hai passato un brutto quarto d'ora, vero?
- Altro che!
- Be', te lo sei meritato. E si che Madeleine ha tentato di convincerti a giocare a carte scoperte con me. Vero? Così come l'ho tentato io.
- Altro che!
- Be'... - Mi squadrò dalla testa ai piedi. - A quanto pare il piccolo scontro con quei due non ti ha lasciato segni. Avevo paura che partisse un colpo dalla rivoltella, se fossi intervenuta in quel momento. E non potevo permettere che ti mettessi a sparare prima di farti ottenere il condono definitivo.
- Capisco... Che cosa?'?!! - dissi.
Non potevo credere alle mie orecchie.
- Perché no? - disse Myrtle Briscoe. - Penso proprio che il governatore firmerà qualunque cosa gli metterà sotto il naso.
Uscì, si sbattè la porta alle spalle, e Madeleine mi fu tra le braccia.


29

Mi pare proprio che sia tutto.
Ho ottenuto il condono. Ho trovato lavoro come investigatore presso il tribunale minorile, Madeleine ha divorziato e ci siamo sposati.
Doc si è beccato novantanove anni per l'omicidio di Eggleston, più trent'anni per corruzione e tentativo di truffa. Hardesty quarant'anni in tutto.
Anche gli altri amici di Doc l'hanno pagata. Così, Doc non è solo, a Sandstone.
Lila...
Be', tutto considerato, Lila è un tipo che sa cavarsela. Ha venduto a una rivista la storia della sua vita. Scritta da un altro, naturalmente. E questo le ha fruttato un pozzo di quattrini e di pubblicità.
L'ultima volta che io e Madeleine l'abbiamo vista, stava firmando un contratto con quelli di Hollywood.
Madeleine mi ha chiesto, pensierosa: - Mi chiedo... Mi chiedo che cosa c’è stato, tra te e quella donna.
- Che cosa c’è stato? Non penserai mica... Ma signora Cosgrove!
- Ah, ah! Come dire che non ne saresti capace.
- Be', non so proprio come fare a convincerti.
- Non sai neanche come fare a distrarmi da questa idea? - Be', adesso che ci penso, credo proprio di si.
Non era un metodo molto nuovo, ma è risultato ottimo. Più che efficace per far dimenticare Lila a Madeleine. Proprio efficace.



 

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