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Jim Thompson, sceneggiatore
di Stanley Kubrick, maledetto tra i più maledetti scrittori
hard-boiled americani, leggenda degli appassionati del genere
noir, è il protagonista di questo romanzo asciutto e
implacabile.
Un produttore di second'ordine gli chiede
di scrivere il soggetto per un film sull'omicidio di un attricetta.
Thompson, senza più soldi nè fama, alcolizzato,
accetta, ma si accorge ben presto che sta scrivendo la trama
di un vero omicidio.
Ambientato nella Hollywood dei perdenti, dove individui spezzati
e sogni infranti vagano tra le penombre deli american-bar e
gli interminabili viali di palme, questo romanzo conferma la
crudele vitalità del genere noir, la capacità
unica che possiede di denunciare un mondo fondato su denaro
e falsi sogni.
***
l'inizio...
Quella fu la fine. L’ultima
trappola. La fregatura conclusiva. E per Jim Thompson quell’epilogo,
quel lungo inabissarsi nel dolce nulla, ebbe inizio il giorno
in cui conobbe Billy Miracle al Musso & Frank Grill, giù
a Hollywood Boulevard.
Era il 1971 e Thompson andava da Musso’s quasi tutti i
pomeriggi. Giallista, romanziere e sceneggiatore, era approdato
Hollywood quasi trent’anni prima. Ora di anni ne aveva
sessantaquattro; capelli bianchi fiammanti, occhi cupi abbassati.
Se ne stava chino sul bancone fra gli habituè del bar
e all’orecchio gli arrivavano sommessi bisbigli d’infinito.
Salivano dl bicchiere, o almeno così sembrava; ma la
voce era la sua.
Hai toccato il fondo, Jimmy. Non ti chiama nessuno, non ti si
incula più nemmeno tua moglie. Sento il fetore, stai
marcendo.
Thompson si diede un’occhiata intorno. Musso’s era
uno di quei locali pacchiani alla moda: pareti scure, separé
rossi e un’aria alcolica che odorava di fritto e sigarette.
La clientela era mista, gente di Holliywood appena uscita dagli
studios, gente del quartiere, ama anche autori e attori che
ci andavano con l’idea di svoltare qualcosa e continuavano
a tornare, una sera dopo l’altra. Prima o poi finivano
tutti al bancone.
Dietro il bancone uno specchio restituiva a ognuno il suo riflesso
e così pareva che tutti fossero sospesi contemporaneamente
in due mondi: il mondo oscuro, torbido, del presente e quell'altro
mondo accanto, scintillante nell'illusoria chiarezza dello specchio.
Era in quell'altro mondo che tentavano tutti di entrare con
i loto highball, i loro straight, le loro svolte e i loro piani.
Thompson stava guardando nello specchio, quando dalla folla
sgusciò fuori Billy Miracle. - Sono un tuo ammiratore
- si presentò. - I libri che hai scritto, cazzo, li ho
letti tutti quanti - .
Miracle scivolava ormai verso la cinquantina. Portava una giacca
sportiva bianca e una camicia nera. Fisicamente non era male,
scuro di carnagione, capelli corti bruni, occhi castani acquosi
con un certo luccichio dentro. Naso aquilino e sorriso pronto.
Era il tipo che la gente voleva trovare simpatico mentre ci
parlava, salvo poi chiedersi quale sarebbe stato il prezzo da
pagare.
- Dai - disse Miracle. Aveva una voce morbida come ovatta; l'alito
gli puzzava d'aglio. - Ti offro da bere - .
Thompson tentennò, ma neanche tanto. - D'accordo - rispose
infine. - Magnifico - .
*
Il vero nome di Miracle
era Abe Syncowitz. Correva voce che fosse ammanicato con la
mafia degli ebrei e che in qualche modo avesse sfruttato i suoi
agganci per entrare nel cinema. Aveva girato cinque o sei polizieschi
duri, quasi tutta roba da drive-in con titoli tipo Pallottola
nel cervello e Fino alla morte, dove i protagonisti erano delinquenti
di mezza tacca che si ritrovavano catapultati nell'affascinante
mondo dei ricchi. La storia finiva sempre in un bagno di sangue.
Anche se i film avevano incassato, Miracle non godeva di una
bella reputazione. Aveva la testa piena di neve. Concepiva piani
pazzeschi. Peggio ancora, era indebitato fino al collo con la
mafia di Vegas, che gli aveva finanziato l'ultima pellicola.
E il debito stava per arrivare a scadenza.
Fino a che punto fosse vero tutto ciò, Thompson non ne
aveva idea. Fin li aveva seguito Miracle da lontano. L'unica
cosa certa era che la sua casa di produzione aveva chiuso i
battenti e che in quelle ultime settimane Miracle era andato
e venuto da Musso's, nel tentativo di trovare nuovi sbocchi.
Pareva che nel frattempo avesse fatto comunella con una diva
ormai al tramonto di nome Michele Haze. La Haze era la ex di
Lombard e Lombard, come sapevano tutti, era l'uomo che dava
l'okay al cinquanta per cento dei film che si giravano a Hollywood.
I due avevano fatto coppia fissa per anni, ma adesso tra loro
era finita. A quel punto era entrato in scena Miracle. Ora stava
cercando di piazzare un certo copione che la vedeva nella parte
della protagonista.
- Un triangolo amoroso. Ambientato proprio qui a Los Angeles.
- Un triangolo? - .
- Esatto. E lo sai, no, come va a finire in questi casi... -
.
- No, come? - .
Il vecchio scrittore disfatto e il produttore avido e ambizioso
si guardarono nello specchio. Fra le ombre alle loro spalle,
nei separé rossi debolmente illuminati, la gente si muoveva
e si mischiava ad altra gente, parlando con voce languida, carica
di sottintesi.
- Se la prendono tutti in culo. Ad ogni modo, volevo farti una
proposta - .
- E sarebbe? - .
- Il copione... Secondo me si potrebbe vendere più facilmente
se facesse parte di un pacchetto - .
- Mah - .
- Un libro. A me serve qualcuno che scriva un romanzo ispirato
al copione. Perché poi, mi sono detto, se c’è
interesse per il libro, interesserà anche il film.. .-
.
Un piano delirante. Ma era rimasto poco tempo. Quel pomeriggio
Alberta, la moglie di Thompson, aveva preso appuntamento per
vedere una casa più alla loro portata, un oscuro appartamentino
sulla collina dietro il Grauman's Chinese Theater. Ma l'idea
di traslocare non le andava giù, e non andava giù
neanche a lui.
- Io sarei disposto - .
Miracle sembrò non sentire. Thompson, però, aveva
intuito la tattica. Getta l'esca. Tira la lenza. Aspetta che
il pesce si butti sull'amo. Thompson bevve un sorso e fece girare
il whiskey in bocca come per anestetizzarsi il labbro. Poi si
decise e abboccò.
- Il libro. Potrei farlo io - .
I due si guardarono di nuovo nello specchio. Adesso Miracle
aveva uno sguardo bellicoso. - Il libro e il film non devono
raccontare la stessa storia. Per capirci, l'azione principale
del film ruota intorno al triangolo qui a Los Angeles. Ma il
killer viene dal Texas e il film racconta anche la sua storia.
Si va avanti e indietro, una storia in Texas e una qui. Che
a un certo punto si incontrano - . Miracle si voltò verso
Thompson e lo guardò negli occhi. - E tuo libro deve
parlare del killer, del texano. Tu devi lavorare sul texano
- .
- Hai qualche soldo? Un anticipo? - .
- In quest'ambiente tocca essere figli di puttana. Basta guardare
per strada. Troie. Papponi. Ladri e rapinatori. Se ti scordi
com'è, finisci sul marciapiede. Così è
la vita.
Thompson conosceva la canzone. Era il solito discorso in cui
si lanciavano i produttori quando uno affrontava l'argomento
liquidi. Vista la mala parata, tacque.
Giro il whiskey nel bicchiere, poi lo buttò giù
d'un fiato e restò a guardare il ghiaccio.
Miracle proseguì. - Quella è gente spietata. Pronta
a tagliarti la gola. A fregarti il portafoglio. A farsi tua
madre - .
Schiaffò il bicchiere sul banco e fece cenno al barista
di servirne un altro a tutti e due.
- Prendi Lombard. Come credi che abbia fatto ad arrivare? Anche
a te t'ha mollato per strada, o no? - .
Thompson non disse nulla. Non voleva parlare di Lombard.
- Be', comunque non ha sbattuto la porta in faccia solo a te.
Da quando sta con quella nuova, con la Fidanzatina, avvicinarlo
è un'impresa impossibile. Quella ha messo lo zampino
dappertutto. Lo sai come succede, no? Lei gli tiene le palle
strette nella sottana - .
- Posso vedere il copione? Se il libro deve ispirarsi al film,
potrebbe essermi utile... - .
- Tu comincia a scrivere. E poi fammi vedere qualche pagina
- . Miracle gli diede una pacca sulla schiena. - Non ti preoccupare,
Jimbo. Tra noi due c’è feeling. Siamo d'un pelo
e d'una buccia - .
A Thompson quel patto non piaceva, ma non sapeva cos'altro fare.
Era sempre la stessa storia, la trappola del boia: sia che penzoli
a destra, sia che penzoli a sinistra, sempre condannato sei.
Il barista allungò a entrambi un altro whiskey. Sullo
specchio calò una nebbia piacevole; sembrava che tutti
si muovessero in una specie di fluido ambrato e caldo.
- Secondo te, cosa farebbe Lombard se le posizioni fossero invertite?
- .
- In che senso? - .
- Be', se l'attricetta... la Fidanzatina... gli stesse fra i
piedi. Se gli impedisse di arrivare alla gente che gli serve
- .
Thompson ci rifletté, ma la verità era che non
riusciva a immaginare Lombard in una posizione del genere. -
Allora, secondo te che farebbe? - .
La spedirebbe sottoterra - rispose Thompson alla fine.
Esatto. Dritta nella fossa - . Miracle rise. Era una risata
sgradevole, un tipo di risata che Thompson aveva già
sentito. Ai vecchi tempi, quando collaborava con la "Police
Gazette". Sul set di Getaway, quando aveva scritto i dialoghi
per Steve McQueen. Nelle redazioni di Lion Books e Random House.
Uomini adulti che ridevano di cadaveri, immaginari e non. Da
come ridevano, pareva che fossero assassini anche loro. Nella
maggior parte dei casi non era vero (o se era vero, lo tenevano
ben nascosto). Erano uomini tutti casa e famiglia. Avevano moglie.
Il giardinetto con lo steccato bianco. Una figlia che quando
paparino rincasava gli gettava le braccia al collo.
Thompson mandò giù un altro sorso e poco dopo
Miracle scivolò via, si confuse di nuovo tra la folla,
stringendo altre mani, cercando altri agganci. Thompson guardò
lo specchio e il riflesso di se stesso, seduto lì fra
tutta quella gente, per un attimo gli tornò chiaro. Allora
si domandò se stavolta sarebbe andata in maniera diversa.
Se al di là di quello specchio esisteva un altro mondo
e se lui sarebbe finalmente riuscito in qualche modo a passare
il confine. Poi tracannò l'ultimo sorso e uscì
per strada.
Fuori c'era lo stesso luridume di sempre. A sentire i racconti,
per un certo periodo Hollywood Boulevard era stata la via del
passeggio. La Grande Via Blanca inondata di luce, dove la gente
che se ne andava a spasso quasi sfolgorava. Poteva anche darsi.
Ma adesso, a parte i bar e i locali di strip-tease, non c'era
granché. Thompson passò accanto alle prostitute,
all'altezza di Whitley Avenue svoltò e si avviò
su per la salita, verso l'Ardmore. Nell'atrio con i globi di
luce gialla prese l'ascensore e appena entrato in casa cercò
Alberta per darle la notizia del libro.
La trovò in camera da letto, davanti all'armadio, con
la camicetta sbottonata. In gonna e reggiseno, guardava se stessa,
invecchiata, nello specchio della toletta. Anche se era vicina
ai sessanta, sua moglie si difendeva bene. Aveva ancora il fisico
di una volta. E quando lo fissava come lo stava fissando ora,
con quei suoi occhi verdi di ghiaccio e incandescenti, il suo
sguardo gli arrivava come un pugno in petto.
- Tesoro, gli hai chiesto quanto ti dà? Gliel'avrai chiesto,
no? - .
- Certo - .
- E allora, quanto? - .
- Stiamo ancora in trattative - .
- Cioè, te lo farai mettere in culo un'altra volta -
. Alberta si girò dall'altra parte, abbottonandosi la
camicetta, e lui si sentì il cuore -per un istante si
era sollevato, volava come un canarino- piombare giù
nelle viscere.
***
frammenti..
Capitolo
ottavo
Era
una trappola. La donna che mi aveva caricato per strada si chiamava
Belle Lanier. Mi portò a casa e mi mise nella stanza
degli ospiti, in casa di suo padre.
Io mi spogliai e mi infilai nudo a letto. Avevo conosciuto il
padre a cena e c'era anche la sorella minore. La sorella le
somigliava un po', ma aveva un'aria più sana, un paio
di occhialoni e un sorriso a trentadue denti. Mi toccai pensando
a tutte e due. E pensando che un giorno, se mi fossi giocato
bene le mie carte, sarei potuto diventare il braccio destro
del padre.
Dentro di me stava prendendo forma un piano.
Scordatelo, ragazzo. Tu sei solo un imbroglioncello da quattro
soldi.
Di nuovo la voce. Di nuovo Pa'. Lo psicologo del carcere mi
aveva detto di non badarci più, che Pa' non era vero,
no, era semplicemente una voce che mi ero inventato da piccolo
perché non avevo un padre mio. Solo tutti quegli uomini
che frequentava mia madre.
Bussarono alla porta. Un attimo dopo Belle entrò tranquilla
e si sedette sul letto. Portava una sottoveste di seta e un
fiore tra i capelli.
- Mio padre è un uomo ricco - mi disse.
Poi mi si mise a cavalcioni sulle gambe e io sentii la sua cosa
calda e brutta sulle ginocchia. Lei mi posò una mano
là e mi baciò forte sulla bocca. Cercai di liberarmi,
ma lei non mi lasciò. Pensai alla sorella, a quella sana,
e così fu come se con me ci fossero tutte e due. Belle
tenne la mano là finché non mi uscì tutto
quello che c'era dentro e feci un verso come di un animale che
si aggira nel buio grugnendo. Allora le sue labbra si arricciarono,
come se le avessi appena dimostrato una cosa che sapeva fin
dall'inizio. A quel punto se ne andò e io restai sdraiato
ad ascoltare i grilli, le cicale, i succiacapre e le cavallette
verdi, che tutti insieme facevano lo stesso rumore della notte
texana che entra sferzante dal deflettore, quando si corre sulla
strada con la paura di andare avanti, con la paura di fermarsi.
***
la fine...
[...] Forse quel libro
non l’avrebbe mai scritto. Non sarebbe campato abbastanza.
Già si sentiva diventare il personaggio di una storia
altrui, superare a poco a poco il confine. Se non l’okie,
l’avrebbe accoppato qualcos’altro. Un ictus. Un
infarto. Uno sconosciuto entrato dalla finestra nel cuore della
notte. stava arrivando in quell’altro mondo. Forse c’era
già arrivato. Forse giaceva sul suo letto di morte e
quell’istante, quel presente, era pura fantasia. Forse
era un personaggio di un sogno altrui. Ma non importava. Adesso
stava sopra e Alberta lo stringeva a sé. Adorava il momento
della discesa, era più forte di lui, non sapeva resistere,
né sapeva resistere sua moglie. Nell’aria c’era
furore. Bramosia. Desiderio. Il corpo di lei era scheletrico,
orribile, splendido nella sua bruttezza, amato e atroce. Lui
la assecondò, ma mentre lei lo tirava dentro si accorse
che il cuore gli batteva troppo forte, il sangue gli andava
alla testa, senonchè le sue labbra gli sussurrarono all’orecchio
parole incomprensibili, allettanti, così si lasciò
allettare, tuffandosi nel buio proibito. Poi ancora buio, sagome
che si muovevano, e da qualche parte un confine che una volta
superato non c’era più ritorno. Fra breve, lo sapeva,
sarebbe scivolato al di là di quel confine, dentro quel
nero, lasciando lo specchio oscuro della propria scrittura per
chi lo avrebbe seguito.
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